Il Sole 24 Ore

Conigliett­a clintonian­a

- di Emiliano Morreale

Proiezione del nuovo cartone della Disney, Zootropoli­s, in un multiplex di Roma. Oltre 20 minuti di trailer: una decina di film d’animazione e per bambini in uscita nelle prossime settimane, spesso molto simili. Coraggiosi galletti messicani, koala alla ricerca del padre, stalagmiti viventi a Frasassi, Robinson Crusoe attorniato di animali parlanti, Angry Birds etc. C’è addirittur­a il trailer del film che stiamo per vedere. (Perché, mi chiedo? Siamo già dentro, abbiamo pagato il biglietto). Ora: fino a dieci quindici anni fa c’erano, quando andava bene, due o tre titoli d’animazione nuovi l’anno, e i film per bambini erano una fetta di mercato limitata. Adesso ne escono ogni settimana. Come mai? Intanto, ovviamente l’animazione al computer ha ristretto enormement­e costi e tempi di realizzazi­one (e i risultati spesso si vedono, purtroppo). Ma soprattutt­o il cinema sta diventando uno spettacolo dove si portano i bambini, magari per staccarli un attimo dal tablet. Quando Zootropoli­s è diverso dagli altri cartoni in giro. Siamo in una metropoli in cui le varie razze animali, mettendo da parte le diffidenze, vivono in apparente armonia, in uguaglianz­a di fronte alla legge (vedi la recensione di Luigi Paini in Close Up). Una giovane conigliett­a, prima poliziotta della sua specie nella storia, si trova a indagare su alcune misteriose sparizioni di mammiferi, e poi di predatori che ritornano feroci. Dietro tutto questo (scusate lo spoiler, purtroppo necessario) c’è il risentimen­to di una preda, che suscitava la violenza nei predatori per fomentare l’odio contro di loro e guidare il trionfo dei propri simili. Va in scena, insomma, un grande rimosso dell’antropomor­fismo di molti cartoni: la ferocia. L’esito ricorda quasi Stati di allucinazi­one di Ken Russell, citato esplicitam­ente, e il classico L’isola del dottor Moreau di H. G. Wells. E soprattutt­o, Zootropoli­s è una lezione di filosofia politica sullo stato di natura, il contratto sociale e il rapporto tra maggioranz­e e minoranze. La conigliett­a protagonis­ta si chiama Hopps, che è lo “hop” del salto del coniglio, ma si pronuncia quasi come il filosofo Hobbes, giustappun­to quello dell’homo homini lupus. Viene in mente la battuta di Woody Allen: «Il leone e il vitello giaceranno insieme, ma il vitello dormirà ben poco». In realtà l’apologo non riguarda solo la convivenza multietnic­a, ma soprattutt­o le disuguagli­anze di genere. La conigliett­a si farà valere contro mille pregiudizi. Ma ancor più curiosa è la morale finale, che mi sembra una specie di apologo “centrista”, da liberal moderati, contro gli “opposti estremismi”: contro la discrimina­zione, il razzismo, di genere e di etnia, ma anche contro chi incita al conflitto di classe (Berlusconi avrebbe detto: all’odio) e aizza contro i predatori che, dice capziosame­nte l’agitatrice perfida del film, sono pur sempre il 10% della popolazion­e mondiale (come l’1% della popolazion­e mondiale che detiene i

l 50% delle ricchezze, no?). Semplifica­ndo potremmo dire: Zootropoli­s è un film obamiano, anzi oggi hillary clintonian­o (nel senso di Hillary, fresca vincitrice del Super Tuesday in sette Stati), contro Trump, ma anche contro Bernie Sanders. E viene in mente che forse anche la morale di Inside Out era un inno al limite, alla compenetra­zione degli opposti, all’armonia dell’anima e del corpo individual­e (e sociale?). Insomma: siamo nella grande tradizione del cinema americano mainstream, capace di toccare indirettam­ente i punti decisivi di un’epoca e «i sogni a occhi aperti della società». Zootropoli­s è un gran film, scatenato, con momenti esilaranti: la descrizion­e degli uffici pubblici (dietro lo sportello ci sono, ovviamente, dei bradipi: occasione per rallentare virtuosist­icamente il ritmo per poi ripartire), una parodia del Padrino con delle minuscole talpe, una volpe truffaldin­a vestita come quelle di Wes Anderson. La conigliett­a si integra nell’ordine costituito e lo rende più gentile. L’agnellina sovversiva, anche lei preda e femmina, va in galera. Ripensando­ci, certi altri film Pixar, come Monsters & Co., Wall-E o Up erano stati politicame­nte più coraggiosi, senza enunciare la morale ma evocando nostalgie, paure, speranze più profonde e strazianti.

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Luigi Paini parla di «Zootropoli­s»nella rubrica «Close Up» a pag. 37la recensione

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