Le donne sono meno corrompibili?
Cosa ne è dell’ipotesi che andava di moda agli inizi del decennio scorso tra economisti e politologi, suggerita anche da uno studio della World Bank sullo sviluppo umano mondiale, circa gli effetti della presenza delle donne in posizioni di potere, in particolare nel ridurre la corruzione? È una domanda che interessa anche noi italiani, giacché Transparency International classificava nel 2014 l’Italia al primo posto in Europa per l’indice di corruzione percepita, mentre nel 2015 siamo penultimi, superati in peggio solo dalla Bulgaria. L’attuale governo aveva fatto della lotta alla corruzione una bandiera, ma si è presto adattato alle logiche di opacità del potere e all’insofferenza per la concorrenza, tipiche da sempre del nostro moralmente arretrato paese.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi studi di sintesi sulla corruttibilità delle donne al potere, e sul loro ruolo nel ridurre la corruzione. Si sa che ci sono differenze fra maschi e femmine sotto il profilo della psicologia morale, della predisposizione a commettere crimini e del comportamento di voto. Per quel che ri- guarda il comportamento economico, la ricerca empirica dimostra che le donne sono più avverse al rischio degli uomini quando devono decidere di investire (tranne le donne manager), che le donne sono più infastidite dalla diseguaglianza e che nel gioco del dittatore offrono ai partner molto di più degli uomini. In breve, come inclinazione generale le donne sarebbero più altruiste e cooperative degli uomini.
Poiché accettare tangenti è l’opposto dell’altruismo, è parso coerente scoprire che nei paesi con una più alta percentuale di donne occupate, in parlamento e nel governo vi fosse meno corruzione. Uno studio più ravvicinato mostrava anche che le imprese di proprietà di donne e guidate da manager di genere femminile sono meno disposte a offrire tangenti, o a condonare attività di corruzione al loro interno. Tuttavia altri studi mostravano che se per esempio le donne australiane sono meno tolleranti verso la corruzione, nei paesi asiatici non c’era alcuna differenza di genere per questo comportamento. A Singapore, in India o Indonesia uomini e donne sono portati allo stesso modo alla corruzione. Forse perché in Australia c’è una cultura protestante?
Ulteriori ricerche, effettuate su contesti più circoscritti, hanno indotto a concludere che le donne non sono moralmente migliori degli uomini quando c’è in gioco una famiglia da sfamare o del denaro da guadagnare. Allora come si spiega la correlazione negativa tra la percentuale di donne occupate e presenti nelle istituzioni rappresentative, e l’indice di corruzione percepito in un paese? Alcuni studiosi ritengono che questo effetto sia una conseguenza della qualità democratica del sistema, nel senso che è una conseguenza del contesto politico-culturale, che già si oppone alla corruzione, l’aumento del peso sociale, economico e politico delle donne. Così la pensa ad esempio, il massimo studioso del problema, Justin Esarey della Rice University.
Una ricerca effettuata su più di 125 paesi ha ulteriormente mostrato che le donne non sono meno corruttibili degli uomini quando partecipano alle attività economiche, e che sarebbe la loro pre- senza nella politica, cioè come rappresentanti eletti e decisori, che riduce la corruzione. Perché? Gli autori dello studio ritengono che ciò sia dovuto alle politiche messe in atto dalle donne, le quali da un lato tendono a contrastare l’uso improprio del denaro investito per attuare i loro programmi politici (più trasparenza) e dall’altro spendono più soldi in istruzione e salute, che migliorano la qualità morale e fisica del capitale umano, i mpattando negativamente sulla corruzione.
Si tratta di un’ipotesi plausibile, che è in accordo con altri studi dei quali si è già parlato su queste pagine. Quantomeno con il fatto che la corruzione è più elevata dove i livelli di prestazione intellettuale sono più bassi, a causa dell’inefficienza dei sistemi di istruzione, ricerca e innovazione. Dunque si sa cosa sarebbe utile fare anche nella valorizzazione delle donne, per migliorare, non da oggi a domani ma sicuramente sul medio periodo, il funzionamento di una società democratica. Anche dell’Italia. E chi prende decisioni dovrebbe ascoltare il sempre valido consiglio di Luigi Einaudi, cioè di usare le conoscenze e non l’improvvisazione per deliberare.
di
Gilberto Corbellini Non sono moralmente migliori degli uomini ma più il sistema è democraticamente evoluto e sono valorizzate, maggiore sarà il loro impatto positivo