Modello Samantha
Il nome che Samantha Cristoferetti ha scelto per l’account Twitter, @ astroSamantha, ha rappresentato un importante canale di comunicazione tra l’astronauta, impegnata in una missione di lunga durata a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, ed il pubblico a casa. In effetti, durante la permanenza in orbita da novembre 2014 a giugno 2015, Samantha, benchè irraggiungibile, è stata molto presente nell’immaginario collettivo. La vedevamo partecipare, più o meno in tempo reale, a trasmissioni televisive, a eventi ufficiali, a incontri con studenti di scuole di ogni ordine e grado. Il sorriso, il tono pacato della voce, la disponibilità che ha sempre dimostrato l’hanno resa un’icona. Quando, a maggio, 2015 Samantha è stata l’ospite d’onore nell’evento conclusivo del Premio Galileo, a Padova, ho visto l’entusiasmo che ha suscitato nel folto pubblico di studenti.
Paradossalmente, adesso che Samantha è tornata ad essere il capitano Cristoforetti, ed è impegnata a tirare le fila della sua lunga missione con tutti gli esperimenti ai quali ha collaborato, la vediamo molto meno. In questi giorni, il vuoto mediatico è stato riempito dal film documentario Astrosamantha, dedicato non tanto all’avventura spaziale della nostra astronauta, ma alla lunga e complessa preparazione che ha portato la prima astronauta italiana sulla Stazione Spaziale Internazionale. Peccato che il documentario sia stato in programmazione solo 1-2 marzo. Avrebbe avuto più eco mediatica se si fossero state scelte date a cavallo della festa della donna. Festeggiare l’8 marzo con Astrosamantha sarebbe stato perfetto. Dopo tutto, parliamo di un bellissimo modello femminile, un esempio di donna che insegue i suoi sogni e, pur continuando a sorridere, riesce a imporsi in un ambiente tutto maschile.
L’avventura inizia nel 2009 quando Samantha, insieme ad altri cinque aspiranti astronauti, viene selezionata tra 8500 candidati. Per lei, la vita cambia ed inizia un periodo di apprendimento sul funzionamento della Stazione Spaziale. Ha dovuto imparare un po’ di tutto, dall’idraulica all’elettronica, per sapere dove intervenire in caso di guasto ma, soprattutto, per sopravvivere durante un’emergenza. Cosa bisogna fare in caso di incendio a bordo, di depressurizzazione, di perdita di ammoniaca? Gli astronauti non devono avere esitazioni, dalla rapidità di risposta dipende la loro salvezza. Per questo, le situazioni di emergenza vengono simulate nella fedele ricostruzione della stazione spaziale disponibile nel centro di addestramento degli astronauti a Houston. Qui vengono memorizzati i movimenti da fare, i portelloni da chiudere. A parte la gravità, è tutto come in orbita.
In effetti, la Stazione Spaziale è ricostruita anche in una mega piscina dove gli astronauti si addestrano sott’acqua, cioè nell’ambiente che, sulla terra, meglio simula la mancanza di gravità. L’addestramento non è solo tecnologico: gli astronauti devono anche fare dei corsi di sopravvivenza perchè devono potersela cavare in caso l’atterraggio non vada benissimo e la loro navicella finisca in una foresta.
Dal momento che gli astronauti raggiungono la ISS con la Soyuz russa, tutti devono passare un periodo di addestramento alla Città delle Stelle, non lontano da Mosca. L’ambiente è diverso dal centro di Houston, ma Samantha non fa una piega, inforca la bicicletta e si muove con grande naturalezza tra le betulle russe. Ha chiaramente imparato il russo perché, come ingegnere di bordo della Soyuz, parlerà con il centro di controllo. Si sottopone di buon grado al cerimoniale dei cosmonauti che, prima di partire, portano garofani rossi sulla tomba di Gagarin, il primo cosmonauta, e di Sergei Koraliov, il grande progettista dell’avventura spaziale russa. A Baikonur saluta i genitori, comprensibilmente commossi, e riceve la benedizione del Pope, un particolare che non avevo mai visto prima. Poi via, verso la leggerezza.