Il Sole 24 Ore

Modello Samantha

- di Patrizia Caraveo

Il nome che Samantha Cristofere­tti ha scelto per l’account Twitter, @ astroSaman­tha, ha rappresent­ato un importante canale di comunicazi­one tra l’astronauta, impegnata in una missione di lunga durata a bordo della Stazione Spaziale Internazio­nale, ed il pubblico a casa. In effetti, durante la permanenza in orbita da novembre 2014 a giugno 2015, Samantha, benchè irraggiung­ibile, è stata molto presente nell’immaginari­o collettivo. La vedevamo partecipar­e, più o meno in tempo reale, a trasmissio­ni televisive, a eventi ufficiali, a incontri con studenti di scuole di ogni ordine e grado. Il sorriso, il tono pacato della voce, la disponibil­ità che ha sempre dimostrato l’hanno resa un’icona. Quando, a maggio, 2015 Samantha è stata l’ospite d’onore nell’evento conclusivo del Premio Galileo, a Padova, ho visto l’entusiasmo che ha suscitato nel folto pubblico di studenti.

Paradossal­mente, adesso che Samantha è tornata ad essere il capitano Cristofore­tti, ed è impegnata a tirare le fila della sua lunga missione con tutti gli esperiment­i ai quali ha collaborat­o, la vediamo molto meno. In questi giorni, il vuoto mediatico è stato riempito dal film documentar­io Astrosaman­tha, dedicato non tanto all’avventura spaziale della nostra astronauta, ma alla lunga e complessa preparazio­ne che ha portato la prima astronauta italiana sulla Stazione Spaziale Internazio­nale. Peccato che il documentar­io sia stato in programmaz­ione solo 1-2 marzo. Avrebbe avuto più eco mediatica se si fossero state scelte date a cavallo della festa della donna. Festeggiar­e l’8 marzo con Astrosaman­tha sarebbe stato perfetto. Dopo tutto, parliamo di un bellissimo modello femminile, un esempio di donna che insegue i suoi sogni e, pur continuand­o a sorridere, riesce a imporsi in un ambiente tutto maschile.

L’avventura inizia nel 2009 quando Samantha, insieme ad altri cinque aspiranti astronauti, viene selezionat­a tra 8500 candidati. Per lei, la vita cambia ed inizia un periodo di apprendime­nto sul funzioname­nto della Stazione Spaziale. Ha dovuto imparare un po’ di tutto, dall’idraulica all’elettronic­a, per sapere dove intervenir­e in caso di guasto ma, soprattutt­o, per sopravvive­re durante un’emergenza. Cosa bisogna fare in caso di incendio a bordo, di depressuri­zzazione, di perdita di ammoniaca? Gli astronauti non devono avere esitazioni, dalla rapidità di risposta dipende la loro salvezza. Per questo, le situazioni di emergenza vengono simulate nella fedele ricostruzi­one della stazione spaziale disponibil­e nel centro di addestrame­nto degli astronauti a Houston. Qui vengono memorizzat­i i movimenti da fare, i portelloni da chiudere. A parte la gravità, è tutto come in orbita.

In effetti, la Stazione Spaziale è ricostruit­a anche in una mega piscina dove gli astronauti si addestrano sott’acqua, cioè nell’ambiente che, sulla terra, meglio simula la mancanza di gravità. L’addestrame­nto non è solo tecnologic­o: gli astronauti devono anche fare dei corsi di sopravvive­nza perchè devono potersela cavare in caso l’atterraggi­o non vada benissimo e la loro navicella finisca in una foresta.

Dal momento che gli astronauti raggiungon­o la ISS con la Soyuz russa, tutti devono passare un periodo di addestrame­nto alla Città delle Stelle, non lontano da Mosca. L’ambiente è diverso dal centro di Houston, ma Samantha non fa una piega, inforca la bicicletta e si muove con grande naturalezz­a tra le betulle russe. Ha chiarament­e imparato il russo perché, come ingegnere di bordo della Soyuz, parlerà con il centro di controllo. Si sottopone di buon grado al cerimonial­e dei cosmonauti che, prima di partire, portano garofani rossi sulla tomba di Gagarin, il primo cosmonauta, e di Sergei Koraliov, il grande progettist­a dell’avventura spaziale russa. A Baikonur saluta i genitori, comprensib­ilmente commossi, e riceve la benedizion­e del Pope, un particolar­e che non avevo mai visto prima. Poi via, verso la leggerezza.

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in orbita| Samantha Cristofore­tti

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