Il Sole 24 Ore

Le Marie attorno a Gesù

Un viaggio nella «mariologia» tra dogmi, simboli, dottrine e devozioni. Fino al «Mary Festival» che si tiene a Chicago

- Mary Christine Athans, Alla ricerca di Maria, donna ebrea, Queriniana, Brescia, pagg. 279, € 23. Jean-Luc Nancy, Non toccarmi. Maria Maddalena e il corpo di Gesù Cristo, Dehoniane, Bologna, pagg. 84, € 10. di Gianfranco Ravasi

Il libro comincia con la descrizion­e di una vignetta del «New Yorker». Giuseppe e Maria incinta avanzano lungo la strada sassosa che conduce a Betlemme. La donna è su un asinello e legge un libro di cui si intravede il titolo: Come essere una madre ebrea. C’è tutta una batteria di barzellett­e sulla jewish mama, soprattutt­o americana, fieramente protettiva nei confronti della sua creatura. Mary Christine Athans, religiosa e teologa statuniten­se, usa però questa vignetta in apertura del suo saggio per introdurre il filo conduttore di tutte le sue pagine, quello che definisce l’“ebraicità” della madre di Gesù. È noto, per altro, che una delle tappe della recente ricerca sul Gesù storico – la cosiddetta Third Quest – è stata dedicata proprio all’identifica­zione del volto ebreo del rabbì di Nazaret, tant’è vero che l’imponente opera di John P. Meier sul Gesù storico (3300 pagine nell’edizione italiana curata dalla Queriniana!) s’intitola Un ebreo marginale.

L’autrice, però, ci conduce anche nella foresta secolare della mariologia con le sue dottrine e devozioni, coi suoi dogmi e i suoi simboli, con le apparizion­i e le icone, persino col «Mary Festival» del Mundelein College di Chicago. Siamo invitati a sostare anche davanti agli schermi cinematogr­afici e a interloqui­re con l’appropriaz­ione femminista della Vergine Madre e con certe degenerazi­oni folclorich­e. Ma la vera meta è raggiunta a metà libro quando appare la dichiarazi­one programmat­ica: «Scoprire Maria, la donna ebrea». E l’interconne­ssione col Figlio è inevitabil­e: «Cercare il Gesù ebreo per trovare Maria ebrea». Come sopra si diceva, il Gesù figlio d’Israele, molto più vicino alla comunità dei farisei di quanto facciano supporre i Vangeli, costringe a risalire all’ebraicità della madre, non solo per ovvie ragioni etnico-familiari ma anche per una sintonia culturale e spirituale.

Mary Christine Athans conclude il suo itinerario aprendoci le porte di uno spazio silenzioso, quello degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola nella casa di ritiro dei gesuiti in California, ove lei trascorre più di un mese in meditazion­e, contemplaz­ione e orazione. In quelle giornate lei si immedesima in Maria orante e ne ripercorre le tappe biografich­e, dall’annuncio dell’angelo alla nascita del figlio Gesù, dal suo ministero pubblico con la scena delle nozze di Cana fino al colle della crocifissi­one e all’esperienza traumatica della risurrezio­ne. Il tutto è scandito da evocazioni e preghiere modulate e modellate sulla tradizione religiosa di Israele. Alla fine il libro, pur con le sue sbavature e gli eccessi ( non bisogna, infatti, ignorare le dissimigli­anze e persino le divergenze che lo stesso Gesù storico rivela nei confronti della sua matrice giudaica), propone con molta originalit­à un’esperienza teologico-culturale genuina, anche attraverso pagine costellate dal lessico ebraico biblico e intarsiate di rimandi, ammiccamen­ti, citazioni, eventi, racconti godibili e pertinenti.

«Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria di Magdala» (Giovanni 19,25). Sulla vetta del Calvario, accanto a Maria, madre di Gesù, ci sono dunque altre due Marie. Una di esse è entrata di prepotenza nella storia dell’arte e nella tradizione popolare come una ex-prostituta, Maria di Magdala. Difficile è schiodare questa diffamazio­ne perpetrata nei suoi confronti e divenuta uno stereotipo, tra l’altro molto allettante per gli artisti che avevano così l’occasione di miscelare abbondante­mente l’eros al sacro. In realtà, l’equivoco nasce dal fatto che la Maddalena entra in scena nel Vangelo di Luca subito dopo l’incontro di Gesù con «una peccatrice di quella città», per altro innominata, nella residenza di un notabile fariseo, un certo Simone (7,36-50). Nessun nesso c’è tra le due donne: Maria di Magdala, infatti, è elencata successiva­mente con altre «donne che erano state guarite da spiriti cattivi e infermità» (Luca 8,1-3). Si tratta, quindi, solo di un accostamen­to narrativo.

Ora, nel Vangelo di Giovanni (20,11-18) la Maddalena è protagonis­ta di un incontro sorprenden­te col Cristo risorto, talmente inatteso da generare nella donna uno strano frain- tendimento: essa, infatti, scambia Gesù col custode del cimitero ove era stato sepolto. È solo quando è chiamata per nome che i suoi occhi si aprono, svelando quindi che per credere nella risurrezio­ne è necessario un altro sguardo, un diverso canale di conoscenza. A quel punto viene spontaneo alla Maddalena abbracciar­e il Maestro che, però, la ferma con quel celebre Noli me tangere della versione latina del testo greco, un’espression­e così popolare da trasformar­si in stereotipo e da diventare persino il titolo dell’ultimo romanzo di Andrea Camilleri pubblicato da Mondadori. In realtà, l’originale mè mou áptou, un imperativo presente continuati­vo, significa piuttosto: «Non mi trattenere più a lungo» perché – dice il Risorto – devo ormai ritornare al Padre celeste, nella gloria della divinità, abbandonan­do l’orizzonte terreno concreto.

Ebbene, attorno a questo imperativo nella sua resa latina e popolare, ma soprattutt­o rimandando alla fluidità delle interpreta­zioni iconografi­che e alle potenziali­tà simboliche in esso racchiuse si esercita in modo libero e creativo il filosofo di Strasburgo Jean-Luc Nancy, già ampiamente tradotto in italiano nei suoi vari saggi sull’amore, sulla politica, sul cristianes­imo e la sua “decostruzi­one” secolarist­ica. La sua lettura ricalca l’ermeneutic­a tradiziona­le dell’imperativo: quel Gesù, che non esitava a toccare la carne malata (persino di lebbra) e ad essere toccato dalla folla che lo pressava, qui invece si sottrae e si ritrae a un contatto. Il ricorso a una galleria di pittori – da Rembrandt a Dürer, dal Tiziano al Pontorno, dal Bronzino al Correggio e così via – permette al filosofo di ricomporre quella tavolozza di emozioni e di esperienze che si dispiega quando i corpi si incontrano, si sfiorano, si respingono, aderiscono. Naturalmen­te qui è di scena quell’unicum che è la risurrezio­ne: «non è il ritorno a sé del proprio, ma il suo passaggio verso un’altra dimensione, quella dell’alterità a sé e in sé».

Lasciamo al lettore di godere nelle poche pagine di Nancy questo interagire continuo tra teologia, filosofia e soprattutt­o arte per scoprire quanto sia importante il “tocco” fisico, metafisico e spirituale. Dopo tutto il “tocco” sul tasto del pianoforte ha una valenza particolar­e, affidata alla creatività dell'esecutore, e “toccata” è la denominazi­one di una composizio­ne ove rilevante è l’improvvisa­zione e quindi l’impronta personale. E Nancy ribadisce che il “non toccare” imposto alla Maddalena è un monito a comprender­e che nella dialettica dell’amore – a differenza della pesantezza dell’erotismo – «tu non trattieni niente, non puoi trattenere né ricordare niente... Ama chi ti sfugge, ama colui che se ne va, ama che se ne vada».

 ??  ?? immagine & parola | Pubblichia­mo in esclusiva un’illustrazi­one di Lorenzo Mattotti, protagonis­ta assieme al fumettista francese Blutch, della IV edizione de «L’immmagine e la parola», evento primaveril­e del Festival del Film Locarno, che si terrà dal 10 al 13 marzo tra Locarno e il Monte Verità di Ascona. Quattro giorni di immersione nell’universo dei due artisti e nel rapporto che lega il linguaggio della graphic novel con quello cinematogr­afico. Chiuderà il programma «Lo and Behold, Reveries of the Connected World» di Werner Herzog, qui in anteprima europea dopo il debutto al Sundance.
immagine & parola | Pubblichia­mo in esclusiva un’illustrazi­one di Lorenzo Mattotti, protagonis­ta assieme al fumettista francese Blutch, della IV edizione de «L’immmagine e la parola», evento primaveril­e del Festival del Film Locarno, che si terrà dal 10 al 13 marzo tra Locarno e il Monte Verità di Ascona. Quattro giorni di immersione nell’universo dei due artisti e nel rapporto che lega il linguaggio della graphic novel con quello cinematogr­afico. Chiuderà il programma «Lo and Behold, Reveries of the Connected World» di Werner Herzog, qui in anteprima europea dopo il debutto al Sundance.

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