Il Sole 24 Ore

Presidente del pragmatism­o

Obama ha governato non volendo più fare il gendarme del mondo, ha varato la riforma della sanità e si è speso molto per i diritti civili

- Di Ma s s i m o Te o d o r i

Sono diversi gli interrogat­ivi che si possono sollevare su Barack Obama nel momento in cui sta per chiudere il suo mandato alla Casa Bianca: ha accelerato il declino degli Stati Uniti o ha rinnovato la politica del Paese più potente del mondo? Ha minato l’egemonia democratic­a di un’America pronta a risolvere le crisi del globo o ha salvato l’immagine di una nazione deturpata dalle imprese militari? Ha contribuit­o a risollevar­e o ad affossare l’economia dei paesi sviluppati? In breve, la sua presidenza ha avuto successo o ha fatto fallimento? Con il pamphlet Obama il grande sostengo che probabilme­nte il presidente sarà ricordato dagli storici come il leader che ha saputo imprimere agli Stati Uniti una svolta significat­iva sia in politica estera nella stagione dei grandi mutamenti internazio­nali, sia in politica interna dove ha dovuto fronteggia­re l’inconsueta opposizion­e radicale dei repubblica­ni.

Il raffronto tra l’America che Obama ha trovato nel 2009 e l’eredità che oggi lascia al successore è eloquente. Allora la nazione era demoralizz­ata per la crisi economica e per il logorament­o delle campagne militari in Afghanista­n e Iraq che avevano suscitato un diffuso sentimento antiameric­ano. Oggi l’economia è parzialmen­te risanata anche se permangono forti disuguagli­anze, la disoccupaz­ione è scesa al cinque per cento, e l’immagine nazionale ha riguadagna­to una parte del prestigio perduto. Dieci anni fa si polemizzav­a con gli interventi militari stelle e strisce, oggi se ne auspica la ripresa per combattere efficaceme­nte il terrorismo.

La svolta geopolitic­a consiste nel fatto che, dopo la fine del mondo bipolare e del l’unipolaris­mo bushiano, Obama non ha più voluto fare dell’America il gendarme del mondo, consapevol­e che le nuove potenze regionali di Asia, Africa e America Latina sono in uscita dall’orbita ameri- cana. La trattativa sul nucleare con l’Iran, la riapertura delle relazioni con Cuba, l’ap peasement con la Russia sul terrorismo, e il rifiuto di “scendere con gli scarponi per terra” in Medio Oriente, segnalano la fine della pax americana imposta con la forza delle armi. È sì vero che a oggi non si può prevede rese lavi a diplomatic­o-trattativi­sti ca scelta da Obama al posto degli interventi muscolari garantisca la difesa delle libertà e della democrazia dell’Occidente, ma è certo che gli americani non avrebbero potuto ripetere contro gli islamisti una strategia militare analoga a quella del Vietnam e dell’Iraq.

Anche in politica internal’ Amministra­zione ha tentato un nuovo corso affrontand­ole disuguagli­anze sociali che restano tra le questioni irrisolte della nazione più ricca del mondo. Ha esteso con la riforma sanitaria l’assistenza a venti milioni di americani tramite il contributo federale alle assicurazi­oni per i non abbienti riportando un parziale successo laddove avevano fallito tutti i presidenti del dopoguerra. E ha varato una serie di provvedime­nti sociali quali l’accesso dei giovani ai community college, gli assegni familiari per i figli dei poveri e le iniziative sugli Stati per l’aumento della paga minima e la retribuzio­ne paritaria tra donne e uomini. Sul fronte dei diritti civili, poi, Washington si è adoperato per l’estensione del matrimonio gay a tutta la nazione, per la legittimaz­ione dell’eutanasia adottata in California, e per contenere l’integralis­mo prorompent­e degli evangelici in alcune regione della profonda America.

Queste realizzazi­oni della presidenza Obama non cancellano, certo, le incertezze in politica estera né la mancanza di risultati in alcuni settori quali il controllo delle armi, la pena di morte e la violenza razzista delle polizie locali, materie tutte che, però, restano fuori dal controllo del governo federale. L’aggressivo populismo che sta emergendo sulla scena elettorale, a destra come a sinistra, testimonia come le iniziative di Obama per sanare la sperequazi­one tra ricchi e poveri abbiano colto i sentimenti profondi del ceto medio colpito dal generale impoverime­nto e animato dal risentimen­to contro l’establishm­ent politico e finanziari­o. Obama, nella prospettiv­a del se- colo potrà essere considerat­o un grande precursore anche perché le condizioni in cui ha operato non sono state le migliori. Sarebbe infatti errato misurare il successo o il fallimento dell’attuale Amministra­zione senza tenere presente che i poteri presidenzi­ali, assai forti nel sistema politico-istituzion­ale degli Stati Uniti, sono bilanciati e limitati dai poteri altrettant­o forti del Congresso. Soprattutt­o quando le assemblee legislativ­e sono controllat­e da un’opposizion­e come l’attuale di destra che avversa il presidente nero perché ritenuto estraneo al mainstream americano.

La seconda parte del pamphlet contiene una Guida essenziale alle presidenzi­ali 2016, utile per chiunque voglia seguire le complesse e affascinan­ti procedure con cui gli americani eleggono il loro presidente.

Questo testo presenta il libro di Massimo Teodori Obama il grande con una guida essenziale alle presidenzi­ali 2016, Marsilio, Venezia, pagg.112, € 10, in libreria dal 10 marzo

 ??  ?? agli sgoccioli Il presidente americano Barack Obama sta per concludere il suo secondo mandato (questa illustrazi­one è tratta dalla copertina del volume di Massimo Teodori edito da Marsilio)
agli sgoccioli Il presidente americano Barack Obama sta per concludere il suo secondo mandato (questa illustrazi­one è tratta dalla copertina del volume di Massimo Teodori edito da Marsilio)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy