Il Bel Paese s’industria
Il problema della bellezza è una ossessione per il capitalismo storico e contemporaneo. L’Ottocento e il Novecento delle fabbriche e degli uffici hanno, a lungo, stabilito una separazione fra produzione ed estetica che – di norma – ha relegato nel dimenticatoio la questione. Gradualmente, dagli anni Cinquanta e con maggiore intensità dagli anni Ottanta del secolo scorso, anche le imprese italiane più grezzamente manifatturiere e con specializzazioni ultra-materiche hanno iniziato – fra la corporate image e l’altrettanto anglicizzante responsabilità sociale di impresa – a riflettere su questo concetto e a farne una particella della loro alchimia industriale.
In questo caso, succede a Italcementi in un volume in italiano e in inglese curato da Walter Mariotti che si intitola, appunto, Bellezza. Il meccanismo approntato è una miscela di iconografia raffinata – in un richiamo metatemporale all’Umanesimo e al Rinascimento, agli anni Cinquanta degli architetti e degli industriali designer e a una attualità rappresentata dal Palazzo Italia dell’Expo di Milano 2015 – e di contributi raccolti – in forma di intervista – a intellettuali che abbiano una nozione chiara della dialettica fra economia e bellezza e a imprenditori che contemplino quest’ultima nel loro universo mentale e nella loro esperienza personale.
Per esempio Giorgio Armani, che ricorda la radice antropologica della bellezza italiana: «Gli italiani hanno, secondo me, una naturale educazione al bello, sanno essere sensuali e naturali, apprezzano e ricercano la qualità: questi caratteri distintivi contribuiscono a mio avviso in maniera decisiva a rendere così ammirata l’estetica italiana». Armani fissa con semplicità il collegamento fra bellezza ed economia: «In fin dei conti, la bellezza, così come la passione, è alla base del desiderio, e il deside- rio è il motore del consumo, a ogni livello». Interessante, nel dialogo intertestuale che si crea fra un contributo e una testimonianza, il senso di compiutezza che emerge dal libro. Che prende forma nei concetti di sedimentazione e di lungo periodo. Dice Paolo Bulgari: «Goethe aveva ragione, soprattutto quando parlava della tradizione e dei piccoli passi. Io ho imparato questo lavoro con esperienza, lentezza, passo dopo passo. È la sedimentazione dei gesti e delle parole a fare la differenza. Il mestiere si impara dal mestiere, ma va fatto. La bellezza è una vocazione e un’arte, ma ci vuole molta umiltà a perseguirla».
In una trasposizione sull’estetica delle virtù comunali e dei public goods regionali che tanto piacquero a Robert Putnam, all’Italia è riconosciuta una identificazione profonda fra la sua identità storica e una bellezza che si invera nel- la quotidianità. Spiega l’imprenditore del cachemire Brunello Cucinelli: «La bellezza italiana è eterna, immediatamente riconoscibile e vale in molti settori: l’abbigliamento, l’architettura, la meccanica, il cibo».
Nella trasposizione antropologica del tema della bellezza, il ragionamento diventa un ago che si impianta nel tema delle fattezze della cultura industriale italiana. E, qui, viene in soccorso l’economista di Harvard Gary Pisano, teorico della nuova politica industriale di Barack Obama. «Questo amore per la bellezza – dice Pisano – penso sia parte di come gli italiani pensano e agiscono. La bellezza è spesso apprezzata o creata attraverso un modo di pensare che non segue percorsi lineari. Gli italiani non sono pensatori lineari in generale. Questo è il motivo per cui credo che siano così bravi nel risolvere i problemi. Forse non saranno in gra- do di ingegnerizzare il prodotto più affidabile, ma di certo sanno creare quello più eccitante».
In questa costatazione – di natura culturologica – Pisano ravvisa dunque la radice della prevalenza italiana nelle nicchie economiche e nei segmenti sofisticati ma mai dai grandi numeri: «Una buona ingegneria oggi è una commodity, che si dà per scontata. Quello che manca, invece, quello che è raro, è la capacità di creare vera bellezza, nel design, nei prodotti, nel cibo, nelle esperienze. Il mondo vuole quello che l’Italia sa fare al meglio, insomma».
Bellezza, a cura di Walter Mariotti, pagg. 140, arcVision, Milano; si può chiedere una copia del volume scrivendo a: arcvision@italcementi.org