Romaine e Henriette dive a Pa lazzo Fortuny
La programmazione della casa-museo veneziana è tutta dedicata alle donne: Brooke, Fortuny, Moon e Barbarigo
Co n q u e l l a mole massiccia, quei mattoni corrosi e la facciata traforata dalle polifore gotiche, il gran palazzo veneziano di campo San Beneto che fu dei Pesaro, ma che da oltre un secolo è per tutti Palazzo Fortuny, si apre ai visitatori come un museo di se stesso, con i suoi saloni tenebrosi, ora “nudi”, ora parati di sete e velluti e fitti di mirabilia da Wunderkammer, lasciati dal pittore e scenografo Mariano Fortuny y Madrazo (1871-1949) e dalla compagna Henriette Nigrin (1877-1965), che lo abitarono dai primi anni del ‘900. È perciò una sfida ideare una programmazione espositiva in spazi così connotati; eppure da anni il suo direttore, Daniela Ferretti, fa del palazzo lo scenario di sempre nuove e inattese narrazioni, ritessendo nelle sue sale storie di vite affascinanti ma poco note, o dimenticate.
Per l’«Inverno a Palazzo Fortuny» tocca quest’anno a quattro donne, tutte di grande personalità, e la prima è proprio la compagna di Mariano Fortuny, Henriette: i due si incontrarono a Parigi nel 1902; lei era già sposata ma diventò subito la sua compagna di vita. «Quella donna sarà la rovina del mio povero figlio» ripeteva la madre di lui, grandi donne | Mariano Fortuny, «Henriette nel giardino dell’abitazione parigina di Boulevard Berthier» (1903-1904), Accanto, Romaine Brooks, «Autoritratto». A destra, Romaine Brooks, «La marchesa Casati» (1920) ma sbagliava di grosso, perché sebbene Mariano fosse già famoso quando la conobbe, la fama vera gli sarebbe derivata proprio dall’impresa creata con lei in Palazzo Fortuny, dove i due installarono un laboratorio di stampa a mano su seta, dal quale sarebbero usciti l’impalpabile stola Knossos, con i suoi motivi minoici, e la tunica Delphos, di diafana seta fittamente plissettata: una veste essenziale e sensualissima che scivolava sul corpo con la stessa perfetta eleganza del chitone dell’Auriga di Delfi. E che conquistò le trend setter del tempo, dalla marchesa Casati a Isadora Duncan, dalla baronessa Rothschild a Eleonora Duse, guadagnando alla coppia un successo mondiale.
L’aveva ideata Henriette e sempre lei, per decenni, avrebbe mandato avanti la fortunata attività (cento le lavoranti), sporcandosi le mani con i pigmenti con cui s’inchiostravano le matrici di stampa, mentre intratteneva i rapporti con le clienti più esigenti. Fu lei, poi, sposata da Mariano solo nel 1924, a lasciare nel 1965 il palazzo alla città. La mostra rende omaggio per la prima volta a questa donna geniale, che scelse di vivere nell’ombra del compagno, appagata dal ruolo di (amatissima) musa: lo fa esponendo le sue creazioni, i ritratti sensuali che lui le dedicò, gli strumenti di lavoro, i bozzetti e le matrici di stampa - frutto della loro ricchissima cultura visiva, accumulata in molti viaggi-, ma evidenziando anche le sue doti pionieristiche di fotografa, grazie a 200 fotografie inedite, tutte re- riattivare l’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte, e menzionare la relazione che scrissi in quel contesto. Con una sola aggiunta: nel 2001 la Francia ha creato il suo Institut National d’Histoire de l’Art, che naturalmente include l’archeologia (il suo primo direttore è stato un archeologo, Alain Schnapp), e che grazie a cospicui finanziamenti è in piena fioritura. Ed ecco qualche stralcio da quella mia relazione (19 ottobre 1993):
« Il quadro nazionale e internazionale. Rispetto al momento in cui l’Istituto fu creato, si registra un radicale mutamento del quadro nazionale e internazionale. Un Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte non puo oggi esser concepito se non come un Istituto di ricerca, le cui caratteristiche (funzione, dotazioni, personale, produzione) debbano corrispondere agli standard d’uso, per come fissati da analoghe esperienze in Italia e fuori, e anzi essere competitive con essi. Cio vale su almeno due piani:
a) per costituire nell’Istituto uno di quei “luoghi di eccellenza”, la cui creazione e/o promozione e - e sara sempre piu - favorita nel quadro della Comunita europea: un ruolo, questo, a cui l’Istituto, nei relativi settori disciplinari, è l’ovvio candidato;
b) per poterlo proporre come l’istituzione-guida, nel nostro Paese, per pro- staurate, che i due si scattavano reciprocamente, selezionate da Cristina Da Roit nel gigantesco archivio, insieme ai precoci filmati amatoriali di Mariano.
Accanto alla vicenda di Henriette si dipana la vita della pittrice Romaine Brooks, che torna in Palazzo Fortuny dopo la mostra-omaggio alla marchesa Casati, dov’era esposto il suo diabolico, allucinatorio ritratto della Divina Marchesa, 1920. Ora Romaine Brooks (1874-1970) rivive in una monografica ricca di opere inedite, che ri- getti di collaborazione internazionale, anche fuori d’Europa, con speciale riferimento agli Stati Uniti.
Per l’uno e per l’altro scopo, e essenziale che l’immagine e il funzionamento dell’Istituto corrispondano a quelli di analoghe istituzioni di ricerca nel campo dell’archeologia e della storia dell’arte. Si possono qui citare prestigiose istituzioni straniere che operano in Italia, come l’Istituto Archeologico Germanico (Roma), la Bibliotheca Hertziana (Roma), il Kunsthistorisches Institut (Firenze), l’École Française e l’Accademia Americana (Roma), la Biblioteca Berenson di Villa I Tatti (Firenze); ma anche le piu importanti istituzioni di ricerca che operano fuori d’Italia, come il Getty Research Institute, che abbraccia anch’esso archeologia e storia dell’arte.
Ipotesi di funzionamento. L’Istituto e esteso all’intero arco della storia dell’arte, dai Greci a noi, e pertanto potrebbed egnamente, se rivitalizzato, competere e collaborare con istituzioni consimili di analoga estensione e con analoghi compiti di ricerca. Perché possa farlo, occorre pero che esso sia messo in grado di trattare con tali istituzioni da pari a pari, adeguandosi agli standard internazionali. L’assetto delle analoghe istituzioni prevede la compresenza di tre caratteristiche: strumentazione di ricerca (biblioteca, fototeca, archivi), personale di ricerca, produzione scientifica. Senza entrare nel merito degli aspetti legislativi e normativi, vorrei suggerire le seguenti linee d’intervento, relative ai tre punti sopra menzionati: 1. Strumentazione di ricerca: e evidente che andra ricreata quell’unione funzionale fra l’Isti- na» per via della sua tavolozza grigio-argentea, alla Whistler, e c’è Natalie CliffordBarney, amatissima ma volubile compagna di Romaine. Ecco poi la duchessa di Clermont Tonnerre, rivale in amore di Romaine, e l’esangue Jean Cocteau. E Ida Rubinstein, la modella prediletta, per via di quelle membra così lunghe, sottili e aristocratiche: a lei, dopo averle scattato decine di languide fotografie, Brooks dedicherà i dipinti più ambiziosi, dalla Venere triste a Persefone-La Primavera.
Nel salone al secondo piano vanno invece in scena le bellissime immagini fotografiche di Sarah Moon (1941), dedicate alle pietre corrose di Palazzo Fortuny e al tema della piega: un’evocazione del Delphos, ma tradotto nella pietra dei panneggi di sculture trovate nel mondo. E al piano terreno, due cicli di dipinti di Ida Barbarigo (1920), discendente dei Cadorin, pittori a Venezia dal XVI secolo: le diafane Erme degli anni ’80 e i sanguigni, brutali Saturni del decennio successivo.
Inverno a Palazzo Fortuny, Venezia, Palazzo Fortuny, fino al 1 maggio. Cataloghi Fondazione Musei Civici Venezia
tuto e la Biblioteca che ancora ne prende il nome, e che pero ne e adesso totalmente staccata. Qui non si saprebbe raccomandare mai abbastanza la necessita di garantire in primissimo luogo il funzionamento e l’apertura della Biblioteca, con l’assegnarle una degna sede che ne assicuri, anche, lo sviluppo (a me personalmente appare che il Collegio Romano possa essere la soluzione, spostando gli uffici del Ministero nell’immenso fabbricato di San Michele). 2. Personale di ricerca , che dovrebbe essere in parte stabilmente legato all’istituzione, in parte mobile, per inviti o borse di studio. 3. Produzione scientifica e relative pubblicazioni, secondo linee di ricerca che dovrebbero essere la base per progetti di cooperazione nel quadro europeo e internazionale.
Proposte di organizzazione. Al di la di eventuali meccanismi temporanei che facilitino un processo di normalizzazione e rivitalizzazione dell’Istituto, occorre procedere nel senso della sua larga rappresentativita, anche nella nomina del Direttore e del Consiglio Scientifico. Come tradurre in azione, e in che tempi, quanto sopra si e detto non sta a me suggerire: questo puo essere un cammino con qualche ostacolo, ma non lo si intraprendera mai se non si avra in chiaro, fin dal principio, quale sia la meta che ci si propone».
Dopo Ronchey, questa e altre proposte hanno girato da un corridoio ministeriale all’altro, senza che nessuno muovesse un dito, condannando a morte certa quel che resta del glorioso Istituto fondato da Croce. Vorrà il ministro Franceschini rilanciarlo senza mutilarlo?