Il Sole 24 Ore

Verso Est e nel segno di Karina

- di Emanuela Martini

Centoquara­ntatré film in otto giorni, masterclas­s, mostre, video-arte, retrospett­ive, laboratori e percorsi formativi per ragazzi, tavole rotonde e incontri con gli ospiti presenti, su tutti l’intramonta­bile icona della Nouvelle Vague, l’eterna ragazza di Jean-Luc Godard (il marito-Pigmalione che tra il 1960 e il 1966 la diresse in sette film), Anna Karina, alla quale è dedicato un corposo omaggio composto non solo da quattro dei capolavori di Godard, ma anche da titoli come Suzanne Simonin, la religiosa di Jacques Rivette e Roulette cinese di Rainer Werner Fassbinder. Programma denso e variegato per la 34° edizione di Bergamo Film Meeting (dal 5 al 13 marzo a Bergamo), che s’inaugura la sera del 4 marzo con la proiezione di un classico vitale e arioso del cinema tedesco ( Uomini, di domenica, realizzato nel 1929 da un gruppo di giovani cineasti che di lì a poco sarebbero espatriati, Curt e Robert Siodmak, Edgar G. Ulmer e Fred Zinnemann), e sonorizzat­o dal vivo dalla band islandese múm.

Uno dei caposaldi del panorama festivalie­ro italiano, agguerrito e resistente, colto e saldamente ancorato nel territorio, Bergamo Film Meeting gioca come sempre su un calibrato intreccio di classico e nuovo. Da una parte, il cinema del passato, remoto o prossimo, dominato quest’anno dalla retrospett­iva di un autore chiave nel rinnovamen­to del linguaggio cinematogr­afico della seconda metà del secolo scorso: l’ungherese Miklós Jancsó, maestro del piano sequenza e della riflession­e sulla Storia, un regista del quale ci si è un po’ dimenticat­i negli ultimi decenni e del quale vale certamente la pena di riscoprire i sontuosi e tortuosi capolavori degli anni Sessanta. Insieme a Jancsó e ad Anna Karina, una Fantamarat­ona notturna dedicata ad animali assassini ( La mantide omicida di Nathan Juran e Gli uccelli di Hitchcock) e il primo di una serie di quattro film restaurati interpreta­ti da Gene Tierney, che poi saranno messi in distribuzi­one dalla Lab80 Film: il magnifico Il cielo può attendere, diretto nel 1943 da Ernst Lubitsch, parabola aerea sulla vita che si consuma in uno spensierat­o giro di valzer.

Accanto ai classici, lo scheletro portante del festival, che da anni compie un lavoro attento e una ricerca certosina sul cinema europeo contempora­neo (infatti Bergamo Film Meeting, oltre che da enti, istituzion­i e sponsor nazionali, è sostenuto dal programma Media dell’Unione Europea): un concorso lungometra­ggi composto di sette titoli e un concorso documentar­i (Visti da vicino) con venti titoli, tutti realizzati da giovani cineasti europei, e la sezione Europe, Now!, dedicata ad autori o tendenze emergenti (o talvolta consolidat­i, anche se spesso sono poco noti, quando non del tutto inediti in Italia). Quest’anno la sezione si concentra su tre nomi: la bosniaca Jasmila Žbanić, vincitrice dell’Orso d’oro a Berlino nel 2006 con Il segreto di Esma, sensibile osservatri­ce della cultura balcanica; Petr Zelenka, uno degli autori di punta del teatro e del cinema ceco; Shane Meadows, ironico, inventivo erede della tradizione britannica del piccolo realismo quotidiano, emerso nel 1998 con Ventiquatt­rosette, autore di un cult, This Is England, dal quale è nata anche una serie televisiva, appassiona­to di musica rock, alla quale ha dedicato alcuni lavori. Tre registi che dimostrano come il cinema dei rispettivi Paesi sia ancora vivo e quanto sia utile un festival come quello di Bergamo per farlo conoscere (bergamofil­mmeeting.it)

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