A spasso con i maestri
Grandi Coreografi, al Teatro dell’Opera di Roma, non ha battuto il record assoluto dello Schiaccianoci. Era calcolato: l’exploit dei 900mila euro di incasso e 20mila clienti per lo spettacolo natalizio di Giuliano Peparini, non avrebbe potuto essere replicato da una sfida ai grandi maestri del balletto, nonostante la magnetica presenza di Eleonora Abbagnato. La leader della compagnia capitolina ha danzato nel duetto Closer , di Benjamin Millepied, il meno autorevole dei “grandi coreografi” certi, come George Balanchine ( Serenade) e William Forsythe ( The Vertiginous Thrill of Exactitude) e incerti, come Rudolf Nureyev ( Raymonda il terzo atto).
L’immagine iniziale di Serenade (1934), resta impressa per la bellezza dei corpi femminili lunghi, immobili, in tutù alle caviglie e magro corpino. Diviso in quattro parti, sulla Serenata per archi in do maggiore di Čajkovskij, il pezzo, tinto di un fondale azzurro, disegna piccoli gruppi in leggiadre armonie volanti. Una solista si espone; un’altra arriva in ritardo e si inserisce nel gruppo. Soprag- giunge un partner e l’invita ad allacciarsi a lui in un walzer non solitario, ma condiviso con tutto l’ ensemble, e gioiosamente. La felicità è però destinata a scemare. Una ballerina cade a terra e resta sola; un’altra accompagna un partner verso di lei, e costui l’aiuta a rialzarsi. I tre volteggeranno insieme, ma all’uomo toccherà fare una scelta. Ne esce vincitrice la seconda; la prima torna a svenire tra i suoi capelli sciolti; sarà portata in trionfo, e poi stesa come un feretro, dai colleghi incolonnati con le braccia aperte.
Il dramma inserito in Serenade è solo evocativo e non narrativo. Attiene, infatti, a vari incidenti occorsi a Balanchine, appena approdato negli States, durante le prove con allievi della School of American Ballet. Cadute e ritardi furono artatamente utilizzati, e in sintonia con la musica: sul podio, David Garforth e l’Orchestra del Teatro l’hanno resa dolce, aiutando i ballerini romani a superare l’impatto con lo stile allungatissimo di Mister B., ad esempio nel fluttuante movimento di mani, quasi un saluto, che avrebbe preteso braccia infinite. Neppure l’ombra dello swing tipico di William Forsythe, è apparsa invece, in The Vertiginous Thrill of Exactitude : il pezzo( 1996) per cinque interpreti, è famoso per i tutù larghi, a onda, di co- lor verde pisello e viola, e per l’essere ritagliato, con ambigua verve classica, sul tempo allegro della Sinfonia n° 9 di Schubert.
Se Forsythe è ancora inaccessibile, Rudolf Nureyev ha avvicinato il Balletto dell’Opera a uno stile noto. Al suo terzo atto, o divertissement all’ungherese, di Raymonda da Marius Petipa ( 1898), luminoso e ingioiellato di danze festose, ha messo mano soprattutto Patricia Ruanne, già molto vicina al compianto Rudy. La ripetitrice ha così cibato tutti gli interpreti: in primis Anjella Kouznetsova ( la Contessa , dalle spalle svettanti), Rebecca Bianchi e Michele Satriano, nel grand pas de deux, corretto e bilanciato. Tuttavia, il più atteso pas de duex, anche senza essere “grande”, è stato Closer ( 2006) con Abbagnato, l’aitante Florian Magnenet e una pianista in scena ( Enrica Ruggiero) per un Philip Glass del 1989 ( e non del 1979: come da programma di sala), già tentato da un minimalismo addolcito.
Nel via vai di abbracci, distacchi, corse, e viluppi leonini, il duetto fa vibrare i soliti sentimenti d’amour con un tocco di classe. Nel prossimo Le Parc di Angelin Preljocaj assisteremo, forse, a una pièce più adatta al Corpo di Ballo dell’Opera, così giovane e generoso, ma per certi maestri ancora “in allestimento”.
Grandi Coreografi, Balletto del Teatro dell’Opera di Roma; Le Parc, Angelin Preljocaj, 5- 11 maggio