Tristi Rimembranze
I parchi del fascismo sono in decadenza ma bisognerebbe trasformarli da memorie di guerra a impegno di pace
Si parla e si riparla molto di verde e di verde urbano. Si è di nuovo scoperto che creare altri viali, parchi e giardini nei nuovi quartieri consente di migliorare anche la qualità dell’aria assorbendo un po’ di polveri sottili. Non è una soluzione radicale (quella riguarda il nostro primato, rispetto a Germania, Francia e Regno Unito, in materia di automobili/abitanti), però è un modo di abbellire utilmente certi quartieri decisamente poveri di alberi e di concorrere a mitigare il ristagno di smog. Purtroppo, contemporaneamente, si scopre che i nostri Comuni hanno sempre meno soldi per i servizi Giardini per cui la tutela attiva del verde viene affidata all’esterno ad imprese private le quali procedono sovente in modo molto sbrigativo, abbattendo e segando anziché potare e curare. O a cooperative di ex detenuti che poco o nulla sanno di manutenzione degli alberi, degli arbusti e delle siepi, per non parlare dei giardini, e che avrebbero bisogno di essere guidati da tecnici veri. Mentre ad esempio a Roma - dove il verde è per lo più storico nelle Ville e alla Passeggiata Archeologica piuttosto che a Testaccio - esse sono state sfruttate dai capi di “Mafia Capitale”. In tal modo una nobile tradizione di servizi municipali per il verde, nelle grandi come nelle medie e piccole città, si è andata indebolendo fin quasi a sparire.
Dentro a questa spirale negativa è finito anche un patrimonio di verde urbano risalente agli anni successivi alla prima guerra mondiale, quindi ormai secolare, preservato in taluni centri, del tutto abbandonato in altri. Parlo dei Parchi della Rimembranza creati in modo diffuso dal fascismo dopo la Marcia su Roma riprendendo però l’idea “democratica” di fissare nel verde la memoria dei caduti della prima guerra mondiale nata e sviluppata a Montreal in Canada e che in fondo risale alla ritualità pagana, classica, di dedicare un albero ad ogni valoroso caduto in battaglia. La promuove da noi un deputato e poi sottosegretario fascista, l’avvocato Dario Lupi (1876-1932) di San Giovanni Valdarno, interventista della prima ora. È uno dei tanti modi coi quali il mussolinismo utilizza a fondo l’eco lunga della guerra nella quale lo stesso duce si è mutato da neutralista a promotore attivo dell’intervento. Analogamente per il Milite Ignoto idea nata in Italia dal generale Giulio Douhet, casertano ma di origini savoiarde, teorico della guerra aerea, che, ironia della sorte, ha patito un anno di carcere militare per aver fortemente criticato la strategia bellica del generale Cadorna, responsabile di Caporetto, in una lettera ( intercettata) al riformista e anch’egli interventista Leonida Bissolati. Idea subito ripresa e realizzata nel 1920 in Francia con la tomba del Milite Ignoto nell’Arc de Triomphe a Parigi.
In Italia il progetto del generale Douhet viene attuato su larga scala in patria l’anno seguente, nel 1921, dall’ultimo governo Giolitti che chiama al Vittoriano seimila sindaci da tutto il Paese. La scelta del soldato da tumulare al Vittoriano fra undici salme di soldati irriconoscibili tocca alla triestina Maria Bergamas il cui figlio Antonio, eroe “esemplare”, ha disertato dall’esercito austro- ungarico per combattere per l’Italia. Il viaggio Il Faro della Vittoria Alata all’interno del parco della Rimembranza a Torino in un’immagine d’epoca del convoglio funebre da Aquieleia a Roma è lentissimo, solenne, un funerale interminabile. Lungo il percorso ferma in tutte le stazioni affollate di cittadini commossi molti dei quali hanno in famiglia uno dei 600mila caduti in guerra o qualche giovane fra le centinaia di migliaia di tornati dalle trincee mutilati o invalidi. E quasi subito questi ultimi divengono, insieme ai reduci, alle vedove, alle madri, ai fratelli di caduti, una delle forze sulle quali il regime mussoliniano fonda un sempre più vasto consenso, esibito in ogni manifestazione patriottica di massa, in ogni parata di regime.
I Parchi e i Viali della Rimembranza sono contemporanei a questo processo e servono a consolidare l’appropriazione mussoliniana del reducismo, come un paio di anni avanti è avvenuto coi Fasci di Combattimento nati a Bologna e in altre città quale espressione del combattentismo repubblicano ( Pietro Nenni, ad esempio) e anarchico-interventista e quasi subito divenuti creatura dello stesso Benito Mussolini. La Grande Guerra - sulla quale cento anni fa i socialisti si sono divisi e i popolari hanno mantenuto un atteggiamento freddo - diviene rapidamente memoria esclusiva dei fascisti e dei nazionalisti passati a collaborare con loro in modo organico.
Il sottosegretario alla Pubblica Istruzione, Dario Lupi, invia dunque una prima circolare ai Regi Provveditorati il 27 dicembre 1922 chiedendo che « le scolaresche d’Italia si facciano iniziatrici di una idea nobilissima e pietosa: quella di creare in ogni città, in ogni paese, in ogni borgata, la Strada o il Parco della Rimembranza. Per ogni caduto nella grande guerra, dovrà essere piantato un albero». In una successiva circolare il Ministero prescrive come debbano essere realizzati i Viali e i Parchi con essenze arboree appropriate. Già nel 1923 si contano 1.048 luoghi verdi della Rimembranza. Il riferimento alle scolaresche ha un chiaro significato politico, giovani e giovanissimi devono essere «educati alla santa emulazione degli eroi » . Nel 1926 la legge n. 559 dichiara questo luoghi « pubblici monumenti» dedicati non soltanto ai caduti della guerra 1915- 18 ma anche « alle vittime fasciste» del periodo 1919-22 (nel quale è noto che le vittime dello squadrismo fascista furono assai più numerose a partire dalle « notti di fuoco » di Firenze o di Torino).
Cosa rimane di quel mezzo milione e più di alberi piantati dopo il 1922? In alcune città quel patrimonio di verde urbano ha mantenuto un suo valore importante divenendo magari parco dell’Unità d’Italia, dal Risorgimento alla Resistenza, e perdendo quindi la funebre impronta fascista. A Roma il Parco di Villa Glori viene giustamente ricordato soprattutto quale memoria garibaldina della sfortunata spedizione del 1867. A Torino, ben tenuto, è situato sul Colle più alto della città, quello della Maddalena, con l’enorme statua della Vittoria alata commissionata dal senatore Giovanni Agnelli. A Napoli le terrazze di pini marittimi e di prati verdi del Parco della Rimembranza sono divenuti Parco Virgiliano finalmente chiuso alle auto e riqualificato alla fine degli anni ’90 del secolo scorso. All’opposto in altre città del Sud come Brindisi e Taranto i Parchi della Rimembranza versano da anni in condizioni penose, violentati dalla speculazione edilizia e abbandonati a se stessi fra rifiuti e siringhe. I Comuni, obbligati dalla legge n. 10 del 2013 a censire e a valorizzare il proprio verde, a cominciare da quello storico, dovrebbero riqualificare queste ormai secolari zone verdi interne alle città, come memoria delle guerre e, oggi, quali monumenti alla pace. Molti Comuni, e la stessa loro associazione, l’Anci, appaiono tuttavia decisamente riluttanti, come se il verde urbano non fosse un servizio essenziale ai cittadini, sanitario, ludico, estetico, sociale insomma. Ai lamenti per la spending review si può contrapporre un sano slogan: meno inutili passacarte in ufficio e più giardinieri veri in parchi e viali.