A spasso con Čechov e Puškin
atri e piazze, metropolitane e casermoni dell’ex regime, musei e biblioteche underground. Insomma, qui si fa « tutto il possibile per naufragare dentro il sogno russo » .
Dopo una visita al monumento di Griboedov o a quello di Brodskij, ci si può acclimatare in una delle tante dimore degli Antichi Maestri – Ejzenštejn, Majakovskij, Gor’kij, Cvetaeva, Esenin e Isadora Duncan... – oppure sfidare il gelo passeggiando per la Tverskaja, il corso della brulicante vita bohemien, con i suoi caffè per poeti e fucine di stampa alternativa o clandestina. I più pigri, invece, possono ristorarsi in un prestigioso salotto letterario, vedi la Dacia na Pokrovke, ritrovo à la page degli artisti di ieri e di oggi.
Per spostarsi, si può salire a bordo di un taxi clandestino o del mitico tram A, soprannominato «Annuška», manovrato negli anni Sessanta da quello che sarebbe poi diventato un Premio Nobel (Konstantin Pausto- vskij) e protagonista di numerosi feuilleton novecenteschi. Imperdibile è ovviamente il viaggio in treno, topos per eccellenza dell’immaginario russo, da Pasternak a Tolstoj: non a caso, Nabokov invitava i suoi studenti a studiare la disposizione delle cuccette della linea Mosca-Pietroburgo, altrimenti non avrebbero mai potuto capire Anna Karenina.
La vivacità intellettuale della Russia contemporanea è testimoniata pure da Facebook, su cui impazzano nuovi generi poetici come il pirožki (letteralmente «panzerotto » ) , e persino dai tarakan, gli scarafaggi di letteraria fama, che gironzolano per la città come ospiti privilegiati. Al lato creativo e solare si accompagna sempre quello saturnino e spettrale, testimoniato anche dalle scorribande indisturbate di giovani xenofobi e dall’immarcescibile censura.
L’anima russa è «tenebra, tenebra per molti » , sosteneva Dostoevskij: perciò è facile perdersi inseguendo chimere di carta e confondere realtà e finzione, urbanistica e romanzi. Nella libreria più chic e controcorrente, Falanster, non è raro imbattersi in sosia di famosi scrittori, mezzi pazzi, mezzi pagliacci, quasi sempre alcolizzati, oltre ai « personaggi involontari » che popolano con i loro simulacri il libro. Ad esempio, la chiesa della Dormizione della Vergine na Mogil’cach era frequentata dall’eroina di Guerra e pace e non è distante dall’appartamento del Maestro ( e Margherita).
Oltre che tenebrosa, l’anima moscovita è ancipite, paradossale, «rinascimentale e slava, russa e italiana», un crogiuolo di contraddizioni e assurdità, come la valigia di Louis Vuitton esposta senza pudore sulla Piazza Rossa, «alta quanto un palazzo di due piani e lunga come tre mausolei di Lenin». Alla fine, tocca ancora «chiedere al dottor Čechov altre parole per il nostro inverno, per le nostre malattie, per i nostri sogni mattutini».
Sparajurij, Viaggiatori nel freddo, Exorma, Roma, pagg. 238, € 15,90