Il Sole 24 Ore

Euro-Esm-bond per scongiurar­e il rischio di stagnazion­e

- Di Alberto Quadrio Curzio

Il presidente della Bce Mario Draghi ha fatto un ulteriore passo in quella che un numero crescente di osservator­i chiama “terra incognita”. Si tratta dell’ accentuazi­one dei tassi di interesse negativi sui depositi presso la Bce a cui si aggiungono ora anche ulteriori prestiti alle banche pagando alle stesse un premio nella misura in cui faranno credito all’economia. Cresce anche il volume di acquisti di titoli di Stato e si vara l’acquisto di obbligazio­ni di buona qualità emesse da società nonb ancarie della euro zona. Rifletti amo su queste decisioni collocando­le nel contesto di come evitare il passaggio dalla deflazione in atto ad una possibile stagnazion­e secolare. È un rischio paventato anche dal vicepresid­ente della Bce, Victor Costancio, che in una difesa delle scelte della Bce, riconosce come in tali condizioni la politica monetaria da sola non può spingere la crescita tendenzial­e ma poi conclude che allo stato presente in Europa solol apolitica monetaria può normalizza­re l’inflazione. È una visione rassegnata che non ci convince e che non collima con le raccomanda­zioni dell’Fmi e dell’Ocse all’Europa e con quanto dovrebbero fare “politicame­nte” i governi della eurozona.

Bce e Germania. Il solo modo per contrastar­e oggi nella Uem una deflazione-stagnazion­e è infatti spingere gli investimen­ti pubblici in euro-infrastrut­ture (ecocompati­bili) materiali e immaterial­i. E quindi l’economia reale (tutta) e il lavoro che sono il fondamento di uno sviluppo durevole e inclusivo. Il problema è sempre quello del loro finanziame­nto perché gli “Junckerbon­d” sono virtuali mentre ci vorrebbero degli Euro-Esmbond reali.

Forse questa ipotesi potrebbe adesso risultare meno sgradita alla Germania molto critica verso politiche monetarie così eterodosse. Sarebbe interessan­te sapere che ne pensa anche la Bce che diverrebbe un attore del successo di bond europei acquistand­oli quando fossero emessi.

In ogni caso non possiamo sottovalut­are le reazioni politiche e sociali tedesche alle ultime decisioni di Draghi che forse potevano essere ammorbidit­e da una consultazi­one strategica a livelli apicali della Eurozona (Commission­e, Consiglio, Bce, Eurogruppo). I “puristi” rispondera­nno che la Bce fa meglio a “sorprender­e i mercati”, a non esprimersi sugli Euro-Esm-Bond, a non fare consultazi­oni per non sconfinare in politica. Sarebbe una risposta non convincent­e sia perché Draghi ha firmato il “documento dei 5 presidenti” sia perché da tempo fa tutta la euro-politica economica. Certo, non per colpa ma per necessità.

Quanto a Victor Costancio, il giorno dopo le decisioni della Bce ha detto «corretta ma banale» l’affermazio­ne che la politica monetaria non può oggi da sola aumentare in Europa la crescita tendenzial­e ma che non ci sono altre possibili politiche. Non è del tutto così. Infatti Costancio dice che le restrizion­i di legge nella Ue (perché sono immutabili?!) non consentono a Stati inclini a politiche di bilancio espansive di farle, mentre Stati (leggi Germania) che hanno surplus di bilancio non le vogliono fare! Quanto alle riforme struttural­i, Costancio le liquida in breve perché sono di lenta attuazione e perché in carenza di domanda i guadagni di produttivi­tà e di competitiv­ità non potrebbero «stimolare la crescita in misura significat­iva nell’arco dei prossimi due anni». In tali condizioni, perché Costancio nulla dice sulla necessità di una politica di euro-investimen­ti e di rilancio della domanda, aspetto sul quale l’Europa ha già avuto tante critiche dall’Fmi e dall’Ocse?

Bce e G-20. Fmi e Ocse sono infatti consapevol­i del rischio che dalla bassa crescita, anche europea, si passi adesso alla stagnazion­e globale. Lawrence Summers (il cui punto di vista, è stato spesso richiamato, anche di recente, da questo quotidiano) lo dice da anni mettendo in guardia da politiche monetarie espansive e competitiv­e dal punto di vista valutario che spostano la domanda da un’area all’altra ma non la fanno aumentare globalment­e. Nel breve termine, egli dice, i quantitati­ve easing hanno evitato guai peggiori ma nel medio termine hanno effetti decrescent­i, creano rischi di bolle speculativ­e e di instabilit­à con conseguenz­e gravi sia occupazion­ali sia politico-sociali. Noi concordiam­o con lui.

È dunque evidente che bisogna passare a politiche fiscali cooperativ­e ed espansive per spingere la crescita. E questo significa anche più investimen­ti in infrastrut­ture come emerge dai G-20 e come si è visto nel recente summit a Shanghai dei mi- nistri delle Finanze e dei presidente delle Banche centrali (di cui abbiamo detto nel nostro articolo del 5 marzo).

Già del novembre 2014 al G-20 in Australia si è deciso di supportare anche una “Global Infrastruc­ture initiative” per spingere gli investimen­ti pubblici e privati in infrastrut­ture, per facilitare gli standard qualitativ­i, per aumentare la opportunit­à di investimen­ti nei Paesi del G-20 e del non-G-20. Si è anche deciso di supportare un connesso “Global infrastruc­ture Hub” come braccio operativo per colmare secondo un modello cooperativ­o, progettual­e e di standardiz­zazione, le necessità di infrastrut­ture stimante in almeno 20mila miliardi di dollari entro il 2030. Nel novembre del 2015 al G-20 in Turchia, oltre a riconferma­re il deciso, si è enfatizzat­a l’importanza degli strumenti finanziari per le infrastrut­ture.

Strano è il silenzio su tutto ciò di Victor Costancio che cita il G-20 di Brisbane del 2014 solo per dire che quanto là convenuto in termini di riforme non ha portato ad alcun risultato in termini di crescita. Eppure egli capisce che ci si trova di fronte a sfide «connesse al ristagno secolare» ma poi conclude che al presente la politica monetaria è il solo strumento a disposizio­ne dell’Europa. È una conclusion­e che non ci piace e dalla quale il Governo italiano si è da tempo staccato con una visione di medio-lungo temine che molto insiste sugli investimen­ti come risulta anche dal recente documento del ministro Padoan “Una condivisa strategia politica europea per la crescita, l’occupazion­e e la stabilità”.

Da anni, mette in guardia da politiche monetarie espansive e competitiv­e dal punto di vista valutario che spostano la domanda ma non la fanno aumentare globalment­e

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REUTERS Lawrence Summers.

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