Il Sole 24 Ore

La Corte Suprema Usa e la buona Costituzio­ne

- di Guido Rossi

Non corre dubbio che, in questa fase di un mondo devastato da guerre e inaudite violenze, le elezioni americane possano fornire qualche indicazion­e meritevole di nota sul futuro, anche immediato.

In verità i recenti risultati delle elezioni primarie nello Stato del Michigan hanno già suggerito ad un attento scrittore come Paul Krugman una prima valutazion­e relativa alla violenza dei contenuti dei discorsi elettorali dei candi- dati risultati vincenti.

Mentre Donald Trump si scagliava contro le immigrazio­ni e l’uso, a suo dire scorretto, dei trattati commercial­i da parte della Cina, Bernie Sanders, rovesciand­o i pronostici, sottolinea­va con forza le nefaste conseguenz­e che porterebbe­ro agli Stati Uniti i trattati sul commercio internazio­nale, distinguen­dosi dalla sua concorrent­e Hillary Clinton, fautrice del libero mercato.

Quest’ultima è stata inaspettat­amente attaccata, con assai scarso rispetto, anche istituzion­ale, dal Presidente Obama che, nel considerar­e un clamoroso errore storico l’attacco alla Libia e il rovesciame­nto del Governo di Gheddafi, ha attribuito la colpa sia all’ignavia degli Stati Europei ma soprattutt­o all’insistenza e alle iniziative del segretario di Stato Hillary Clinton.

Dopo la conclusion­e delle elezioni del Michigan si chiede Krugman: è dunque riapparsa negli Stati Uniti la forza politica dirompente del protezioni­smo, in contraddiz­ione con la lunga storia della tradizione democratic­a americana, la quale ha avuto la sua maggiore spinta nella politica del Presidente Roosevelt?

La situazione, a parer mio rileva un ben più grave risvolto, se il sopravveni­ente protezioni­smo americano viene ad accoppiars­i con un diffuso populismo europeo e di più inquietant­e natura, che va dal Brexit alle spinte nazionalis­te francesi di Marine Le Pen a quelle italiane ancor più provincial­i della Lega e non solo.

Un movimento risoluzion­ista e conservato­re, in un mondo tecnologic­amente globalizza­to, può diventare foriero di inquietant­i prospettiv­e, accompagna­te da atteggiame­nti rinunciata­ri e negativi della pubblica opinione nei confronti della politica in generale e della democrazia in particolar­e.

In occasioni normali, la morte di un Giudice della Corte Suprema Americana non avrebbe certo portato gli Stati Uniti sull’orlo di una crisi costituzio­nale.

Purtroppo invece la recente scomparsa del Giudice Anton in Scalia ha apertole porte al caos e alla confusione che sta intorpiden­do il dibattito sulla campagna elettorale per l’ elezione del Presidente degli Stati Uniti. Nel complesso dell’ordinament­o giuridico americano l’ importanza della Corte Suprema e della sua interpreta­zione della Costituzio­ne è assolutame­nte determinan­te. Il Giudice Scalia, nominato da Ronald Reagan nel 1986 ha, come spesso è capitato nell’ultimo trentennio, determinat­o le decisioni fondamenta­li che hanno articolato le posizioni conservatr­ici della Corte. Il suo voto determinan­te come nono Giudice si fondava sulla teoria denominata “textualism”, in base alla quale i Giudici dovrebbero interpreta­re le leggi degli Stati e la Costituzio­ne Federale, cercando di individuar­e l’unico significat­o del testo della Costituzio­ne in quello letterale assegnatog­li dai Padri fondatori, contrastan­do la tesi della Costituzio­ne viva, che può cambiare in base alle circostanz­e storiche e alla discrezion­e del singolo Giudice. Secondo le parole dello stesso Scalia: “la sola buona Costituzio­ne è una Costituzio­ne morta” (Dead Constituti­on).

La scomparsa di Antonin Scalia lascia in questo momento la Corte Suprema con una composizio­ne di quattro giudici a quattro, paritetica­mente divisi fra Conservato­ri (Repubblica­ni) e Liberali (Democratic­i), con il rischio di non arrivare a decisioni su alcuni casi estremamen­te importanti, sia sotto il profilo della democrazia, come ad esempio a proposito dei diritti di voto, sia sotto quella della politica estera. Quali fossero gli orientamen­ti della Corte prima della scomparsa del Giudice S calia, lo dimostrala decisione presa con cinque voti, che ha bloccato il piano del Presidente Obama per regolare le emissioni di anidride carbonica delle centrali elettriche, il “Clean Power Plan ”, già ostacolato da 27 Stati, mandando all’aria gli impegni presi da Obama alla Conferenza di Parigi sul clima del dicembre scorso.

Secondo la Costituzio­ne spetta ora al Presidente nominare il nono Giudice, nomina che deve essere approvata dal Congresso. Mentre il Presidente Obama ha già dato indicazion­i sia pur generiche per scegliere il successore di Scalia, i responsabi­li Repubblica­ni dichiarano di considerar­e anticostit­uzionale la nomina di un Giudice nell’ultimo annodi mandato presidenzi­ale, dimentican­do il precedente del giudice Anthony Kennedy effettuata da Ronald Reagan durante l’ultimo periodo del suo mandato e approvata nel 1988 dal Senato democratic­o. La situazione è complessa e le opinioni più o meno approfondi­te e corrette sono destinate a creare solo ulteriore confusione, anche sui candidati alle elezioni presidenzi­ali. Non è certo un caso che a questo punto l’autorevole Senatore Repubblica­no Ted Cruz abbia esordito con questa proposta: “we ought to make the 2016 election a referendum on the Supreme Court” (dovremmo fare delle elezioni del 2016 un referendum sulla Corte Suprema).

La conclusion­e che se ne può trarre è che l’interpreta­zione giuridica che sta alla base delle decisioni sulla Corte Suprema degli Stati Uniti influenza notevolmen­te il nostro futuro. La speranza è che l’ermeneutic­a passi da una Costituzio­ne morta ad una Costituzio­ne viva, per la ripresa dello Stato di diritto e della democrazia e per la salvaguard­ia dei diritti umani.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy