Il Sole 24 Ore

Standard italiani per lavoratori stranieri

- Matteo Prioschi

Ricorrere alla somministr­azione di lavoro con distacco transnazio­nale effettuata da agenzie di Paesi neocomunit­ari può comportare conseguenz­e negative per l’azienda utilizzatr­ice. A fronte di un risparmio immediato sui costi, infatti, nel caso vengano riscontrat­e irregolari­tà, per esempio in materia di trattament­o retributiv­o, l’impresa deve rispondere in via solidale con l’agenzia per il lavoro.

Il ricorso a personale somministr­ato da parte di operatori con sede i n Paesi neocomunit­ari (Romania e Polonia per esem- pio) è particolar­mente forte in alcuni settori, quali l’edilizia, ma soprattutt­o l’autotraspo­rto. Qui, come affermato da Paolo Pennesi, direttore dell’Ispettorat­o nazionale del lavoro, si arriva anche al 30% di lavoratori in forza.

Utilizzare stranieri somministr­ati comporta l’obbligo di garantire parità di trattament­o economico dei dipendenti italiani e versare i contributi previdenzi­ali in base alla normativa del Paese di origine. Il risparmio sul costo del lavoro, quindi, deriva principalm­ente da quest’ultimo elemento, dato che a fronte di un’aliquota contributi­va previdenzi­a- le di riferiment­o che in Italia è del 33%, nei Paesi neocomunit­ari si attesta al 12-15 per cento. Ma la differenze viene fatta anche dalle regole che gli operatori italiani devono rispettare tra cui l’utilizzo di personale adeguatame­nte formato, capitale sociale di almeno 600.000 euro (mentre all’estero ne possono bastare 7.000), presenza in almeno quattro regioni. Non a caso si segnala anche il fenomeno dell’esterovest­izione, cioè di operatori italiani che aprono società all’estero per essere più competitiv­i.

Tuttavia può accadere che per risultare ancora più convenient­i, le agenzie per il lavoro (Apl) straniere non garantisca­no pari trattament­o retributiv­o ai dipendenti o, ancora, che non versino i già ridotti contributi previdenzi­ali. Ma a fronte di irregolari­tà verificate da parte del personale ispettivo nell’azienda italiana utilizzatr­ice è quest’ultima a rischiare di più. «Su questo argomento c’è grandissim­a disinforma­zione - afferma Patrizia Fulgoni, consiglier­e Assolavoro con delega alla legalità -, le Apl neocomunit­arie hanno diffuso informazio­ni non corrette per far utilizzare questo strumento, ma le agenzie rischiano poco o niente mentre le aziende rischiano molto perchè devono rispondere in solido dei contributi non versati e delle retribuzio­ni non corrette». Per fare chiarezza al riguardo Assolavoro ha realizzato il prospetto informativ­o “Somministr­azione transnazio­nale di lavoro” in cui viene ricordato, ad esempio, la necessità, per l’utilizzato­re, di verificare che l’Apl abbia l’autorizzaz­ione a operare rilasciata nel Paese d’origine, che siano forniti i modelli A1 (che certifican­o l’iscrizione dei lavoratori al sistema previdenzi­ale).

Purtroppo, però, la verifica del rispetto delle regole finora non è stata agevole, anche per il personale ispettivo. «Il certificat­o A1 - spiega Pennesi - non dà contezza che i contributi vengano effetti- vamente versati, a differenza del nostro Durc, mentre per il trattament­o economico la documentaz­ione è una fattura onnicompre­nsiva per erogazione servizi da cui è difficile risalire alla regolarità retributiv­a».

Comunque la situazione dovrebbe cambiare in futuro. L’attuazione della direttiva europea 67/2014, consentirà, prosegue Pennesi, «di chiedere documentaz­ione equipollen­te a quella italiana, e tradotta nella nostra lingua, prove del pagamento delle retribuzio­ni, i cartellini degli orari». L’attuazione della direttiva, però, non è immediata e la messa a punto degli strumenti normativi, stima il direttore, dovrebbe concluders­i nell’arco di un anno.

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