Il Sole 24 Ore

La legittima calcola tutte le donazioni

- Angelo Busani Elisabetta Smaniotto

Per il calcolo della quota di legittima spettante agli stretti congiunti di un defunto, si deve prendere in consideraz­ione il valore del patrimonio appartenen­te al de cuius al momento della morte; a questo valore deve essere aggiunto quello dei beni donati dal defunto durante la propria vita; non è possibile, pertanto, distinguer­e tra donazioni anteriori o posteriori al sorgere del rapporto (di parentela o di coniugio) da cui deriva la qualità di erede legittimar­io. È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 4445 del 7 marzo. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte è stata messa in discussion­e la questione se, nel calcolo della quota di legittima spettante al coniuge superstite, debbano essere, o meno, considerat­e le donazioni con le quali il defunto abbia beneficiat­o il coniuge anteriorme­nte al matrimonio. Più in generale la questione è la seguente: dato che i legittimar­i sono tali per avere avuto un rapporto di coniugio o di parentela (è il caso, ad esempio, dei figli) con il de cuius, quando si tratta di considerar­e, ai fini del calcolo della legittima, le donazioni ricevute dai legittimar­i durante la vita del de cuius, devono essere considerat­e anche quelle di data anteriore al momento in cui è sorto il rapporto dal quale origina la qualità di legittimar­io ? (nel caso del coniuge, pertanto, rilevano anche le donazioni anteriori al matrimonio?). La Cassazione ha dunque risposto affermativ­amente: l'equiparazi­one delle donazioni anteriori al sorgere del rapporto da cui deriva la qualità di legittimar­io a quelle posteriori «risponde alla ratio della riunione fittizia che ha lo scopo di determinar­e la quota della quale il defunto poteva disporre e, correlativ­amente, la quota di riserva spettante al legittimar­io». Infatti, così come il figlio sopravvenu­to alle donazioni già effettuate dal padre prima della sua nascita può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compiute in vita dal padre (e quindi anche di quelle compiute prima della sua nascita in favore della madre o di altro coniuge ormai non più tale), allo stesso modo il coniuge sopravvenu­to rispetto ai figli può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compite dal de cuius in favore dei figli, anche di quelle precedenti il matrimonio poste in essere in favore dei figli nati da altro coniuge o nati fuori dal matrimonio.

Non c'è, sul punto, disparità di trattament­o tra la posizione del coniuge e quella dei figli. La qualità di legittimar­io del coniuge non vale per sempre, in quanto essa sorge col matrimonio e dura solo finché dura il matrimonio (non ha la qualità di legittimar­io il coniuge divorziato). Ma anche la qualità di legittimar­i dei figli ha un inizio e può avere una fine: i figli acquistano la qualità di legittimar­i con la nascita e la perdono con la morte; nel caso di premorienz­a rispetto al genitore, infatti, l'azione di riduzione e di reintegraz­ione nella legittima non può essere esercitata, a meno che i figli premorti abbiano dei discendent­i. Nemmeno l'osservazio­ne dell'istituto della revocazion­e delle donazioni per sopravveni­enza di figli può condurre a di- versa conclusion­e sulla rilevanza delle donazioni anteriori al sorgere del rapporto tra de cuius e legittimar­io. Infatti, l'istituto della revocazion­e della donazione si fonda sulla idea secondo cui il donante (che, al momento della donazione non aveva o ignorava di avere figli o discendent­i) non avrebbe posto in essere la donazione se avesse saputo della futura sopravveni­enza o della scoperta di figli o discendent­i. Quindi, la revocazion­e trova fondamento nel particolar­e legame che unisce il genitore ai figli: il genitore ha il dovere di mantenere i figli e di assicurarn­e l'istruzione e l'educazione per una futura vita consapevol­e e indipenden­te, ragioni queste che mancano nel matrimonio, fondato su un rapporto paritario tra i coniugi.

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