La legittima calcola tutte le donazioni
Per il calcolo della quota di legittima spettante agli stretti congiunti di un defunto, si deve prendere in considerazione il valore del patrimonio appartenente al de cuius al momento della morte; a questo valore deve essere aggiunto quello dei beni donati dal defunto durante la propria vita; non è possibile, pertanto, distinguere tra donazioni anteriori o posteriori al sorgere del rapporto (di parentela o di coniugio) da cui deriva la qualità di erede legittimario. È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 4445 del 7 marzo. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte è stata messa in discussione la questione se, nel calcolo della quota di legittima spettante al coniuge superstite, debbano essere, o meno, considerate le donazioni con le quali il defunto abbia beneficiato il coniuge anteriormente al matrimonio. Più in generale la questione è la seguente: dato che i legittimari sono tali per avere avuto un rapporto di coniugio o di parentela (è il caso, ad esempio, dei figli) con il de cuius, quando si tratta di considerare, ai fini del calcolo della legittima, le donazioni ricevute dai legittimari durante la vita del de cuius, devono essere considerate anche quelle di data anteriore al momento in cui è sorto il rapporto dal quale origina la qualità di legittimario ? (nel caso del coniuge, pertanto, rilevano anche le donazioni anteriori al matrimonio?). La Cassazione ha dunque risposto affermativamente: l'equiparazione delle donazioni anteriori al sorgere del rapporto da cui deriva la qualità di legittimario a quelle posteriori «risponde alla ratio della riunione fittizia che ha lo scopo di determinare la quota della quale il defunto poteva disporre e, correlativamente, la quota di riserva spettante al legittimario». Infatti, così come il figlio sopravvenuto alle donazioni già effettuate dal padre prima della sua nascita può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compiute in vita dal padre (e quindi anche di quelle compiute prima della sua nascita in favore della madre o di altro coniuge ormai non più tale), allo stesso modo il coniuge sopravvenuto rispetto ai figli può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compite dal de cuius in favore dei figli, anche di quelle precedenti il matrimonio poste in essere in favore dei figli nati da altro coniuge o nati fuori dal matrimonio.
Non c'è, sul punto, disparità di trattamento tra la posizione del coniuge e quella dei figli. La qualità di legittimario del coniuge non vale per sempre, in quanto essa sorge col matrimonio e dura solo finché dura il matrimonio (non ha la qualità di legittimario il coniuge divorziato). Ma anche la qualità di legittimari dei figli ha un inizio e può avere una fine: i figli acquistano la qualità di legittimari con la nascita e la perdono con la morte; nel caso di premorienza rispetto al genitore, infatti, l'azione di riduzione e di reintegrazione nella legittima non può essere esercitata, a meno che i figli premorti abbiano dei discendenti. Nemmeno l'osservazione dell'istituto della revocazione delle donazioni per sopravvenienza di figli può condurre a di- versa conclusione sulla rilevanza delle donazioni anteriori al sorgere del rapporto tra de cuius e legittimario. Infatti, l'istituto della revocazione della donazione si fonda sulla idea secondo cui il donante (che, al momento della donazione non aveva o ignorava di avere figli o discendenti) non avrebbe posto in essere la donazione se avesse saputo della futura sopravvenienza o della scoperta di figli o discendenti. Quindi, la revocazione trova fondamento nel particolare legame che unisce il genitore ai figli: il genitore ha il dovere di mantenere i figli e di assicurarne l'istruzione e l'educazione per una futura vita consapevole e indipendente, ragioni queste che mancano nel matrimonio, fondato su un rapporto paritario tra i coniugi.