Il Sole 24 Ore

Nazista, naturalmen­te

Non c’è quasi nulla di «elevato» nel pensiero di Martin Heidegger. E l’antisemiti­smo metafisico è un’idiozia

- Di Roberta De Monticelli

Prosegue, con il secondo volume, la traduzione italiana dei Quaderni neri di Heidegger, nell’attenta traduzione di Alessandra Iadicicco (1938/1939). Dell’antisemiti­smo “metafisico” di Heidegger si parla dall’uscita del libro di Donatella Di Cesare Heidegger e gli Ebrei (Bollati Boringhier­i 2014, edizione riveduta 2016). Tra sconcerti e sdrammatiz­zazioni, una cosa colpisce: che quasi non ci siano eccezioni all’imperturba­ta ammirazion­e che si continua a tributare a questo sofista, alla sua idea della “macchinazi­one” universale, che ha colpa di tutto, e ha nome Modernità. E più genericame­nte questa potenza oscura è descritta più siamo tranquilli noi – amici dell’Essere che contemplan­o l’Essenza del Nichilismo, il Destino dell’Occidente, la Tecnica, il Capitalism­o, la Finanza – t u t t i i v o l t i d e l l a M e t a f i s i c a i n - somma, e qualcuno ce ne sfugge: il Neoliberis­mo, forse. In questa ammirazion­e c’è tutta la storia dell’irresponsa­bilità intellettu­ale e morale di una vastissima parte del pensiero europeo e italiano, dal dopoguerra a oggi. La riflession­e che vi propongo si basa sui volumi dei Quaderni neri che usciranno in versione italiana: sono testi che risalgono agli anni dell’impegno nazista di Heidegger.

Cos’è l’antisemiti­smo metafisico? È l’accusa a «quella specie di umanità che, essendo per eccellenza svincolata, potrà fare dello sradicamen­to di ogni ente dall’Essere il proprio “compito” nella storia del mondo». Così «il mio attacco a Husserl è diretto non solo contro di lui – il che lo renderebbe inessenzia­le – l’attacco è diretto contro l’omissione della questione dell’Essere, cioè contro l’essenza della metafisica come tale, sulla cui base la macchinazi­one dell’ente riesce a dominare la storia». Così scrive Heidegger nel Quaderno nero intitolato Riflession­i XIV, all’indomani dell’offensiva tedesca a Est, annunciata da Hitler il 22 giugno 1941. Ora, Heidegger ha ragione: Husserl è proprio uno sradicator­e. Prendiamo un suo testo di quasi vent’anni prima, L’idea d’Europa, sull’universali­tà dei giudizi veri e ben fondati – anche quelli di semplice esperienza – che costituisc­ono acquisizio­ni per tutti: «quello che vedo io può vederlo chiunque... da qualsiasi cerchia culturale provenga, amico o nemico, greco o barbaro, figlio del popolo di Dio o Dio dei popoli nemici». Ecco qui all’opera l’ebreo errante che sradica. Di più: Husserl insiste sullo sradicamen­to, non solo in relazione all’evidenza universale dei giudizi di fatto, ma anche e soprattutt­o in relazione alla ricerca di evidenza per i giudizi di valore: «così profondame­nte radicate nella personalit­à che già il loro metterle in

Martin Heidegger (1889-1976) dubbio minaccia di “sradicare” la personalit­à stessa, la quale ritiene di non poter rinunciare a loro senza rinunciare a se stessa – cosa che può portare a violente reazioni d’animo». Cioè: sapere aude. Con l’aggiunta di una nuova e sofferta consapevol­ezza di quanto sia difficile il passaggio alla maggiore età: dalle care certezze della comunità d’appartenen­za all’autonomia del pensiero adulto. Husserl insiste, spietato: «E non importa che piaccia o meno a me o ai miei compagni, che ci colpisca tutti “alla ra- dice”: la radice non serve».

Donatella Di Cesare riassumeva così il risultato della sua esplorazio­ne dei Quaderni neri: «Il pensiero più elevato si è prestato all’orrore più abissale». La mia domanda è: ma che cosa ci sarà di “elevato”? Come si può considerar­e “elevata” l’idiozia etno-metafisica dell’ebraismo sradicator­e? Come risulta bene dal passaggio di Husserl, Heidegger imputa a questo “sradicator­e” quella che è per Husserl la gloria di Socrate: la vita esaminata, il vaglio critico delle tradizioni e culture d’appartenen­za. Ma non sembra molto più elevata l’idea di incolpare l’Ebreo Metafisico di essere l’agente della modernità, bersaglio di tutto il linguaggio heideggeri­ano: e modernità – in filosofia - vuol dire l’Illuminism­o, il principio kantiano di autonomia morale della persona, l’universali­smo morale, il cosmopolit­ismo politico, la scienza e la democrazia.

Purtroppo è proprio questa l’idea di mo- dernità ereditata da una grande ala della filosofia italiana contempora­nea. Che sembra confondere nel “destino dell’Occidente” la ragion pratica e Auschwitz, l’Illuminism­o e il nazismo. Sulle tracce di AdornoHork­heimer, e della loro oscura Dialettica dell’Illuminism­o. E che cosa insegna questo pensiero ai nostri figli? A proposito della macchinazi­one di cui non siamo mai noi ad aver colpa: sarà un caso se il livello di discrimina­zione concettual­e e di discernime­nto morale, oltre che di intelligen­za politica del male che affligge la democrazia, resta, anche fra molti dei filosofi più in vista, pari a quella di un adolescent­e narciso alle prese col lato oscuro della forza?

Martin Heidegger, Quaderni neri 193839. Riflession­i VII- XI, traduzione di Alessandra Iadicicco, Bompiani, Milano, pagg. XII, 596 € 28

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