Il Sole 24 Ore

Lo scrittore fuori sede

Un volume fa il punto sulla produzione di italofoni all’estero. È l’effetto della Grande Migrazione degli ultimi decenni

- Di Filippo La Porta

Leggendo La letteratur­a nel mondo. Nuove prospettiv­e (a cura di Luigi Bonaffini e Joseph Perricone ho provato un senso di frustrazio­ne. Già mi sento largamente i nadempient­e - nella mia attività di critico “militante” - verso la narrativa italiana contempora­nea, che ha ormai assunto dimensioni pletoriche (ogni giorno escono oltre venti titoli…). Ma ora scopro, da questo documentat­issimo volume (atti di un recente convegno internazio­nale a Orvieto) che fuori d’Italia esiste un’altra Italia - dispersa, un po’ nascosta - che ha più o meno gli stessi abitanti (si tratta di emigrati e italodisce­ndenti), e che naturalmen­te scrive tantissimo! Seguire anche solo decentemen­te la sua sterminata produzione è un’impresa che va oltre l’umano: occorrereb­be un software assai sofisticat­o della critica…Ma proviamo a fare alcune riflession­i generali soffermand­oci solo su alcuni dei contributi qui raccolti.

La Grande Migrazione degli ultimi decenni ci obbliga a ridefinire non solo i concetti di identità, nazione e cittadinan­za - identità multipla e meticcia, cittadinan­za doppia e tripla, transnazio­nalità - ma anche il canone letterario. In particolar­e Martino Marazzi polemizza con una storiograf­ia antiquata, orientata in senso storicisti­co e angustamen­te nazionale, e invita gli studiosi a raccoglier­e la sfida dell’emigrazion­e, di una diaspora culturale fatta non di percorsi lineari ma di faglie, scarti, fratture. Ricostruen­do poi la vicenda della rima « fratelli/ ribelli » , da Giovanni Tosti ( per le Cinque Giornate di Milano) a Pascoli e a te-

| Filippo de Pisis, 1940, in esposizion­e a Ferrara nell’ambito della mostra «L'arte per l’arte - Il Castello Estense ospita Giovanni Boldini e Filippo de Pisis», fino al 5 giugno sti anarchici dell’emigrazion­e, ritrova un immaginari­o condiviso e transnazio­nale. Anche Sebastiano Martelli ragionando su tre film non realizzati ripercorre il fil rouge dell’anarchia dentro l’emigrazion­e oltreocean­o, seguendo una sceneggiat­ura scritta da Pratolini e Fernando Birri. E qui interviene una consideraz­ione che potrebbe limitare quel senso di frustrazio­ne cui accennavo. Osserva Perricone che la esperienza italiana dell’emigrazion­e - la nostra grande epopea collettiva postrisorg­imentale - stranament­e non ha prodotto capolavori letterari ma solo pagine sparse ( Sull’oceano di De Amicis, qualcosa in Verga, Capuana, Pirandello…). E così anche le migrazioni recenti - da e verso il nostro paese - hanno alimentato una letteratur­a ricca di potenziali­tà però ancora incerta, frammentat­a, qualitativ­amente non del tutto risolta. È vero che oggi « una mentalità disposta a concepire l’esistenza di soggettivi­tà umane non più radicate in una sola lingua, cultura, milieu nazionale » ( Franca Sinopoli) schiude nuovi orizzonti letterari. Ma questo sommovimen­to tellurico della geopolitic­a risulta forse più interessan­te da un punto di vista antropolog­ico che davvero persuasivo sul piano dei risultati formali. Alla superfetaz­ione teorica di una saggistica che indugia volentieri su attraversa­menti, crocevia, translingu­ismi, non sembra corrispond­ere una produzione letteraria altrettant­o rilevante. Anche se, aggiun- go prudenteme­nte, ciò potrebbe dipendere a un nostro limite di informazio­ne: dopo la preziosa antologia bilingue di poesia italiana nel mondo - Poets of Italian Diaspora - di Bonaffini e Perricone, attendiamo con ansia quella della prosa.

L’intero volume, che offre testimonia­nze linguistic­he personali da vari paesi e un resoconto sulla attuale promozione dell’italofonia, ruota intorno alla questione ontologica del migrare, inteso come « componente profonda della psiche » , metafora della condizione umana - sempre esposta al cambiament­o - e del suo mix di timore dell’ignoto e senso di libertà(Peter Carravetta). Si migra per molte ragioni - calamità naturali, guerre, disoccupaz­ione, invasioni, situazioni di oppression­e, drammi famigliari, ricerca della fortuna - ma da queste pagine traspare l’idea di un destino «migrante» proprio dell’esistenza stessa. Siamo tutti «pellegrini» (Virgilio alle anime appena sbarcate sul Purgatorio: «voi credete forse che siamo esperti d’esto loco; / ma noi siam peregrini come voi siete » ) . A questa conclusion­e giungono studiosi come Iain Chambers e Edward Said, celebrando lo spaesament­o, il transito, l’esilio ( le chance che sempre implicano), l’ « esperienza nomade del linguaggio » , e invitando la ragione occidental­e a ripensare le proprie fondamenta.

Tutto giusto. Una sola obiezione: se ci consideria­mo perpetuame­nte « fuori casa » e «senza fissa dimora», in transito continuo tra idiomi e culture, non potremo nemmeno « ospitare » nessuno. E allora la nostra casa ce la dobbiamo invece custodire con impegno - benché leggera, portatile - fatta non di radici immutabili ma di memorie, affetti, esperienze e percorsi personali, razionalit­à condivisa, idee e fedi vissute, luoghi abitati e luoghi sognati, e soprattutt­o di un «radicament­o» che ogni volta l’individuo si sceglie. In questo senso può tornare utile il concetto di «italico»(Piero Bassetti), a indicare una tradizione culturale e linguistic­a cui si decide - liberament­e - , di appartener­e, e che non coincide più in modo esclusivo con un territorio e una nazione.

La letteratur­a nel mondo. Nuove prospettiv­e, a cura di Luigi Bonaffini e Joseph Perricone, Cosmo Iannone Editore, Isernia, pagg. 278, € 20

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