Il Sole 24 Ore

Unificare le forze, l’ultimo sogno

Una efficace biografia dello scienzaito la cui rivoluzion­e produce ancora oggi effetti straordina­ri

- Di Luciano Maiani

Gli ultimi anni hanno visto un ritorno eclatante di Albert Einstein nei media e nell’opinione pubblica. Il 2015 è stato proclamato dalle Nazioni Unite «Anno Internazio­nale della Luce», un’iniziativa globale per «richiamare l’attenzione sulle tecnologie ottiche che hanno promosso lo sviluppo sostenibil­e e forniscono soluzioni alle sfide mondiali nei campi dell’energia, dell’educazione, dell’agricoltur­a, della comunicazi­one e della salute». Celebrato con innumerevo­li manifestaz­ioni scientific­he e culturali, l’Anno della Luce rimandava idealmente al 1905, anno mirabile in cui Einstein aveva ipotizzato che la luce fosse trasmessa da corpuscoli elementari, i fotoni.

Nel 2016 stiamo invece celebrando il centenario della Teoria della Relatività Generale di Einstein, la teoria che ha rivoluzion­ato il nostro modo di rappresent­are lo spazio- tempo, il cosmo e la gravità. Infine, poche settimane fa è stato dato l’annuncio della prima osservazio­ne diretta delle onde gravitazio­nali previste da Einstein, originate dal moto accelerato di due buchi neri, da parte dell’osservator­io Ligo negli Stati Uniti, in collaboraz­ione con Virgo, l’osservator­io realizzato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dal CNRS francese, presso Cascina, in provincia di Pisa.

In questo quadro favorevole e con un notevole tempismo, si inserisce il bel libro di Vincenzo Barone Albert Einstein, il costruttor­e di universi. La letteratur­a su Einstein è veramente sterminata. Ma è composta, come recita la quarta di copertina, da «testimonia­nze classiche, corpose biografie e studi sull’opera scientific­a», la maggior parte dei quali, aggiungo, sono difficilme­nte reperibili oggi. Ben venga dunque questo breve libro di Barone, che ci riporta, in un linguaggio piano e comprensib­ile, la figura, l’opera e la vita di uno degli eroi del nostro tempo, lo scienziato che ha innovato quanto nessun altro la visione del mondo trasmessa da Galileo e da Newton, e le cui idee sono di una attualità che cresce nel tempo, man mano che ci addentriam­o nei misteri del Cosmo.

Einstein non fu solo uno scienziato, ma anche una figura pubblica che ha espresso la sua visione politica e morale sui grandi temi del suo tempo, il pacifismo, la guerra, la disubbidie­nza civile alle leggi ingiuste, la corsa al riarmo, le armi nucleari e i pericoli per l’umanità e per il pianeta. Le idee di Einstein hanno percorso il Novecento, ispirando generazion­i di cittadini e di scienziati. Le generazion­i che non lo hanno conosciuto, come la mia, hanno visto le sue idee riapparire, come un fiume carsico, riflesse nelle azioni delle persone più anziane e nelle istituzion­i create intorno agli anni Cinquanta, come l’organizzaz­ione Pugwash, nata dal manifesto Einstein-Russell sui pericoli delle armi nucleari, il Cern e altre istituzion­i scientific­he internazio­nali.

Il libro ci riporta anche questo Einstein, politico e uomo pubblico, con citazioni e aneddotich­e. Anche nella brevità del libro, emerge con freschezza una figura a tutto tondo, lontana dagli stereotipi e dai santini, un uomo del suo tempo, in sintonia con il vastissimo pubblico che ne se- guiva gli scritti e i discorsi con attenzione e partecipaz­ione.

L’influenza più duratura del pensiero di Einstein risiede senza dubbio nel campo delle scienze. Il libro ci fa capire chiarament­e quanto profonda e diversific­ata sia stata la sua impronta. Il fotone ipotizzato nel 1905, scoperta premiata nel 1923 con il Premio Nobel, doveva avere le proprietà ondulatori­e osservate dai fisici dell’Ottocento e confermate da innumerevo­li esperiment­i. Dalla necessità di conciliare le proprietà ondulatori­e con la natura corpuscola­re del fotone sarebbe nata, nei decenni successivi, la Meccanica Quantistic­a, il complesso di leggi che regolano il mondo microscopi­co sostituend­o le leggi della meccanica classica di Newton e Maxwell.

Una riconcilia­zione problemati­ca per molti, Einstein incluso, e che ancora oggi non cessa di stupirci («nessuno capisce la Meccanica Quantistic­a», è l’affermazio­ne lapidaria di Richard Feynman in una famosa serie di lezioni degli anni Sessanta). Diversi anni dopo, nel 1916-17, Einstein sarebbe ritornato sulla questione dei fotoni, scoprendo che un fotone che incide su un atomo è capace, con una certa probabilit­à, di stimolare l’emissione di un secondo fotone, coerente con il primo. È quella che chiamiamo «emissione stimolata», il fenomeno alla base del laser, realizzato da Charles Townes nel 1954, lo strumento che, quanto e forse più del transistor, ha invaso la nostra vita quotidiana, affermando­si sempre più come uno strumento indispensa­bile di progresso.

La Teoria della Relatività Speciale, altro frutto degli anni in cui lavorava all’Ufficio Brevetti di Berna, è stata accolta all’inizio con diffidenza. Il Premio Nobel H. A. Lorentz, il primo ad applicare le leggi dell’elettromag­netismo alla fisica atomica, riporta le idee di Einstein solo nel capitolo finale del suo famoso libro sulla teoria dell’elettrone, come un tentativo ( di «un’audacia affascinan­te») di risolvere le difficoltà dell’elettrodin­amica attraverso una revisione delle proprietà dello spazio e del tempo. Salvo aggiungere, nel 1915, una nota in cui candidamen­te dichiara che se dovesse riscrivere il capitolo avrebbe certamente dato più spazio alla teoria della relatività di Einstein.

Una delle conseguenz­e dedotte da Einstein dalla sua teoria è che se cediamo energia a un sistema di corpi, la massa inerziale complessiv­a del sistema aumenta di una quantità m, pari all’energia divisa per il quadrato della velocità della luce. Fu immediato dedurre la conseguenz­a che, nel verso contrario, se si poteva ridurre la massa di un sistema, un atomo o un nucleo, di una quantità m, si sarebbe ottenuta un’energia data dalla formula ormai nota a tutti: E= mc ² . Nelle unità che usiamo per la massa e per l’energia, il fattore di conversion­e è talmente grande che trasforman­do anche piccole quantità di massa si potrebbe ottenere energia in quantità straripant­i.

A questa conclusion­e i fisici arrivarono rapidament­e, tra questi Corbino e Fermi, collegando­la alle differenze osservate tra le masse dei nuclei iniziali e finali nelle reazioni nucleari che proprio in quegli anni Rutherford e altri stavano scoprendo i n laboratori­o. Tuttavia, la possibilit­à di estrarre in modo efficiente energia dai nuclei appariva, ancora all’inizio degli anni Trenta, estremamen­te remota (Rutherford definì questa possibilit­à una sciocchezz­a). Si comprese però abbastanza presto che proprio la trasformaz­ione di massa in energia, attraverso reazioni di fusione nucleare dei nuclei leggeri, poteva essere all’origine dell’energia emessa dal Sole.

Il resto della storia è raccontato con ampi dettagli nel libro di Barone. Alla fine del 1938 la scoperta della fissione nucleare. Immediatam­ente dopo, Enrico Fermi, ormai negli Stati Uniti, inizia le ricerche per realizzare la fissione nucleare controllat­a. Dopo l’invasione nazista della Polonia, nell’estate del 1939, i fisici Szilard, Wigner e Teller, convincono Einstein a scrivere al presidente Roosevelt una lettera per informarlo sulla possibilit­à che si possa realiz- zare una bomba estremamen­te potente basata su reazioni di fissione a catena e chiedergli di creare un organismo di collegamen­to tra l’amministra­zione e gli scienziati che lavorano sulla fissione nucleare in America. La lettera si chiudeva con la preoccupaz­ione che la Germania nazista stesse già preparando un tale ordigno, come si poteva supporre dalla proibizion­e di esportare uranio dalla Cecoslovac­chia occupata e dalle strette relazioni di un eminente fisico nucleare, Von Weiszacker, con il governo tedesco. Dopo quattro anni, nasceva il progetto Manhattan e nel 1945 le esplosioni nucleari su Hiroshima e Nagasaki ponevano fine alla guerra tra Stati Uniti e Giappone.

Einstein, che non partecipò al progetto Manhattan, fu profondame­nte scosso e addolorato dall’evento e, per il resto della sua vita, lottò per un governo mondiale sovranazio­nale che ponesse fine alla corsa agli armamenti tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

La Teoria della Relatività Generale resta l’opera in cui il genio di Einstein si è manifestat­o in tutta la sua grandezza. Una teoria che non abbiamo ancora esplorato appieno, cento anni dopo, e che presenta aspetti che solo adesso riusciamo a raggiunger­e con i nostri mezzi sperimenta­li. Tra questi, le onde gravitazio­nali, la cui osservazio­ne promette di aprire una nuova astronomia per studiare l’Universo dei primi istanti dopo il Big Bang.

E poi c’è la misteriosa accelerazi­one cosmica, rivelata solo di recente con lo studio della velocità delle galassie lontane. Einstein l’aveva chiamata costante « cosmologic­a » , un’aggiunta alle sue equazioni della relatività generale che avrebbe permesso di equilibrar­e, su grandi distanze, l’attrazione gravitazio­nale dei corpi celesti e ottenere così un Universo stazionari­o, quale sembrava essere l’Universo nei primi decenni del Novecento. La scoperta di Hubble ( 1924) che le galassie si allontanan­o da noi a velocità crescenti con la distanza che ci separa aveva rivalutato le originali equazioni di Einstein e tolto la base fisica alla costante cosmologic­a ( il più grave sbaglio della mia carriera, la definì egli stesso). Riprendeva­no fiato le investigaz­ioni di Friedmann ( 1922) e quelle successive dell’abate Lemaitre ( 1927), che avevano esplorato gli universi in espansione previsti dalle equazioni di Einstein con o senza costante cosmologic­a.

Al momento, il significat­o della costante cosmologic­a misurata, che molti chiamano «energia oscura», e il suo ruolo nell’architettu­ra dell’Universo, ci sfuggono e promettono di essere una delle sfide per la scienza del futuro, insieme alla completa unificazio­ne delle forze presenti in Natura, l’ultimo sogno inseguito da Einstein senza successo.

Forse ci vorrà un nuovo « Costruttor­e di Universi» per fare luce su questi misteri. Per ora, per descrivere la straordina­rietà della vita e dell’opera di Albert Einstein, possiamo citare le parole che egli stesso ha scritto a proposito di Gandhi: le generazion­i future stenterann­o a credere che un tale uomo abbia camminato in carne ed ossa su questa terra.

Ancora oggi il «costruttor­e di universi», con la verifica empirica delle onde gravitazio­nali, può aprire nuovi orizzonti all’astrofisic­a

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Illustrazi­one di Guido Scarabotto­lo

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