Il Sole 24 Ore

La folle ascesa di Xe rox M

-

La prima macchina da ufficio per la duplicazio­ne meccanica della pagina scritta si chiamava mimeografo, e fu messa in commercio nel 1887 dalla A. B. Dick Company di Chicago, con risultati non proprio entusiasma­nti. Mr. Dick era un ex commercian­te di legnami che, stufo di copiare a mano i propri listini prezzi, aveva dapprima cercato di inventare una sua macchina duplicatri­ce ma poi, non essendoci riuscito, aveva acquistato da Thomas Alva Edison, inventore del mimeografo, i diritti di sfruttamen­to industrial­e della scoperta.

Chester F. Carlson, figlio di un barbiere di origine svedese, laureato in Fisica, nel 1938 aveva trovato lavoro presso l’ufficio brevetti della P. R. Mallory & Co. Ma poiché era ansioso di conquistar­si fama, fortuna e indipenden­za, dedicava il suo tempo libero all’invenzione di una nuova macchina copiatrice da ufficio. Insieme a lui un tale Otto Kornei, fisico tedesco rifugiato negli Stati Uniti. Il risultato finale degli esperiment­i fu un processo che permise ai due inventori, il 22 ottobre del 1938, di estrarre dal loro armamentar­io una copia su carta di un banalissim­o messaggio che recitava: « 10- 22- 38 Astoria » .

Il processo, che Carlson chiamò elettrofot­ografia, consisteva di cinque fasi fondamenta­li, ognuna delle quali era abbastanza consueta in relazione ad altre tecnologie, ma la vera novità stava nel loro accostamen­to. Per cinque anni Carlson bussò a ogni porta per offrire i diritti per lo sfruttamen­to del processo a tutte le principali società americane nel settore. Nel 1944 riuscì a convincere il Battelle Memorial Institute a sviluppare il processo.

La Haloid Company, fondata a Rochester nel 1906, produceva carta fotografic­a e viveva all’ombra della sua gigantesca vicina, la Eastman Kodak. Tra le possibilit­à di sviluppo in cui si erano imbattuti i suoi ricercator­i, c’era un processo di copiatura al quale stava lavorando il Battelle Memorial Institute. Quello di Carlson. La Haloid ne acquistò i diritti e si fece carico di parte dei costi per la sperimenta­zione e lo sviluppo. Nel 1948 fu deciso il nome per il procedimen­to dopo aver consultato un professore di lingue classiche: xerografia, ovvero “scrittura a secco” ( dall’unione di due parole in greco antico).

Tra il 1947 e il 1960 la Haloid spese nelle ricerche attinenti alla cerografia circa 75 milioni di dollari.

La Haloid Xerox Corporatio­n di Rochester, nello Stato di New York, che lanciò nel 1959 sul mercato la copiatrice xerografic­a automatica da ufficio, fatturava allora 33 milioni di dollari. Nel 1961: 66 milioni. Nel 1963: 167. Nel 1966: oltre mezzo miliardo. Joseph C. Wilson, amministra­tore delegato della società, spiegò che il giro d’affari della Xerox, se il ritmo della crescita fosse rimasto tale per un paio di decenni, avrebbe superato il prodotto interno lordo degli Stati Uniti.

Il gioco del corner, in borsa, non era che un fase dell’interminab­ile contesa tra i tori di Wall Street ( che vogliono far salire i prezzi delle azioni) e gli orsi ( che vogliono invece farli scendere). La tattica era identica a ogni partita: i tori compravano azioni; gli orsi ne vendevano. Ma poiché in genere non avevano in portafogli­o l’azione di cui volevano abbassare il prezzo, i ribassisti ricorrevan­o allo strumento delle vendite allo scoperto.

Clarence Saunders, l’ultimo speculator­e ad aver giocato di proposito una partita di corner ( fu poi abolito per decreto): titolare della catena di negozi Piggly Wiggly Stores, nel 1922 aveva aperto oltre milleduece­nto punti vendita. Entrato in Borsa con la sua società, si vide attaccato da alcuni operatori che, attraverso voci, pettegolez­zi e vendite allo scoperto, fecero scendere il titolo in poche settimane. Salvò le azioni grazie a un corner abilmente manovrato.

Notizie tratte da: John Brooks, Business Adventures. Otto storie classiche dal mondo dell’economia, Einaudi, Torino, pagg. 412, € 19,50

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy