Non violenza alla Tolstoj R
ipensare ora alle riflessioni che guidarono l’azione politica di Gandhi si incontra certo con una temperie culturale - e proprio nel momento di massima esplosione di una traboccante innovazione tecnologica - che tende al rifiuto del progresso dovuto alla “civiltà delle macchine”; si schiera per un ambientalismo consacrato a un ritorno idealizzato alla natura; si spinge a rifiutare le conquiste della scienza, anche in quel campo della salute dell’uomo, che pure ha portato nell’ultimo secolo a stupefacenti risultati positivi in termini di benessere e di allungamento della vita.
E bene fa, dunque, un profondo conosci- tore del pensiero gandhiano, qual è Gianni Sofri, a riproporre e ad arricchire suoi precedenti studi, inserendoli al meglio in originali valutazioni della complessa vicenda storica indiana tra ’ 800 e ’ 900 ( portandola magari fino ai giorni nostri), per evitare in tal modo che perduri quella sorta di vuoto, di mancanza di approfondimenti conoscitivi tra la vita del Mahatma e la realtà in cui fu chiamato ad operare.
Non meno aderente, comunque, alle pulsioni dominanti l’attuale prospettiva di un mondo globalizzato percorso da continui intrecci tra le più diverse e lontane culture, pure la formazione della sua personalità. Che, a partire dalla permanenza universitaria londinese, appare singolarmente debitrice, per la piena acquisizione di una propria identità induista, del filtro derivato dalla conoscenza delle opere di intellettuali “occidentali”, a loro volta sensibili a tendenze di svariate provenienze ed espressione di una controcultura influenzata proprio dall’Oriente, come vegetariani, pacifisti, teosofisti, animalisti, salutisti e altro ancora.
Troviamo, quindi, forte sudilu il’ influenza antimodernista eantindus trialista di John Ruskin, come pure il socialismo naturalista di Edward Carpenter, non meno dell’esaltazione della vita a contatto con la natura di Henry Thoreau, fino al debito in grado di segnarne per sempre le convinzioni e i comportamenti nei confronti di Tolstoj. Non del grande romanziere di Guerra e pace e di Anna Karenina; bensì dell’ appassionato teorico della nonviolenza, del pacifismo, della vita frugale, del lavoro manuale e campestre; quello che Gandhi incontrò nel 1894 leggendo per la prima volta Il Regno di Dio è dentro di voi, dove trovò sancito - annota l’autore - «l’invito a non opporsi al male con la violenza, [ come pure] l’amore del prossimo e il pacifismo » .
Il credo cui si consacrò per il resto della sua vita e che lo guidò nelle future battaglie di liberazione del suo popolo, aiutandolo, tra l’altro, in un’accettazione rivisitata della tradizione religiosa induista che valorizzasse l’importanza e la dignità del lavoro manuale e rifiutasse il distacco mistico dell’individuo dal mondo favorendo, al contrario, l’azione svolta in modo disinteressato e con il cuore puro per una lotta contro l’oppressione e l’ingiustizia conseguibili attraverso l’indipendenza del suo Paese dalla dominazione inglese.
Una battaglia - e qui sta il suo esplicito e ripetuto richiamo a Mazzini - non circoscrivibile solo alla partenza dello “straniero”, ma da accompagnarsi con una profonda rigenerazione culturale della società.
Opportuna, quindi, la ripresa, da parte di Sofri, della pubblicazione con i necessari aggiornamenti storiografici, del carteggio tra Gandhi e Tolstoj avvenuto tra 1909 e 1910: gli anni del più netto rifiuto da parte del Mahatma della civiltà moderna dominante l’Occidente, con il suo privilegiare il benessere del corpo senza occuparsi dello spirito e fondata sulla violenza utilizzata - affermava - per sradicare, in India come altrove, le tradizionali strutture sociali e la vera moralità. Contro di essa - affermava - «la resistenza passiva è la forza dell’anima esercitata contro la forza fisica. In altre parole l’amore che sconfigge l’odio».
Un radicalismo utopico che avrebbe poi fatto i conti con le esigenze mediatrici della politica; ma che fissò i definitivi punti di riferimento di una scelta ben decisa a far ripartire l’India dalla riscoperta delle sue antiche tradizioni e della sua coscienza nazionale, unica solida arma da opporsi alle fughe in avanti della violenza ribellistica, non meno che all’inerzia di un moderatismo succube della “modernità” espressa dall’Inghilterra.
Gianni Sofri, Gandhi tra Oriente e Occidente, Sellerio, Palermo, pagg. 294, € 16