Il Sole 24 Ore

Christo cammina sulle acque

Una mostra nei Musei di Santa Giulia sui progetti «acquatici» dell’artista e della moglie Jeanne-Claude. Me ntre una colossale installazi­one sta per sorgere sul Lago d’Iseo

- Di Angela Vettese

Erano quarant’anni che Christo non era presente in Italia, se si esclude la partecipaz­ione al festival Lo schermo dell’arte con il film sui vent’anni di lavoro per la copertura del Rechstag a Berlino. Le sue opere sono fatte così, hanno una fase embrionale di decenni e non si fermano davanti a nessun ostacolo, partono da un desiderio che diventa tenacia immarcesci­bile e arrivano a una realizzazi­one – di solito l’impacchett­amento di un luogo – che dura per pochi giorni. Un tempo l’artista viaggiava sempre con la sua rossa Jeanne-Claude: erano nati lo stesso giorno del 1936 e si erano incontrati mentre lei aspettava un figlio, ma nulla li poté più dividere se non la sua recente scomparsa.

Così adesso l’artista bulgaro è solo, ma Jeanne-Claude non può non firmare ancora progetti che erano stati lungamente pensati insieme. Funzionava così, come descrisse Calvin Tomkins in una biografia deliziosa: partivano da una visione e da un disegno di lui; a lei andava la parte di messa a punto, mediazione, ricerca sponsor, organizzaz­ione logistica; poi di nuovo era lui a realizzarn­e i bozzetti, con quella mano favolosa che lo aveva fatto esordire come ritrattist­a per mantenersi (e incontrare per questo la madre di Jeanne-Claude, come mezza borghesia parigina). I disegni e i collage servivano sia per avere permessi e denaro, sia per mettere a punto la versione finale delle opere.

Ora Christo sta lavorando a un’installazi­one ambientale sul Lago d’Iseo, visibile dal 18 giugno e appena entrata nella sua fase cruciale. Come tutte le sue operazioni sul territorio è una metafora della vita stessa, nella fatica che ci chiede per risultati anche minimi: l’opera resterà visibile solo fino al 3 luglio. Questa volta camminerem­o sull’acqua (ironia sul suo stesso nome?) e sulle rive del lago per circa tre chilometri, sopra un tessuto arancione che copre dei pontili galleggian­ti a moduli successivi. Un ponte fatto con duecentomi­la metri cubi di polietilen­e e con settantami­la metri quadrati di stoffa arancione. Per chi conosce quel lago, il pellegrina­ggio a cui il visitatore è invitato passa da Sulzano all’Isola di San Paolo fino a Monte Isola. È già il caso di andare a sbirciare.

L’opera si inquadra nel modo di operare che è stato abbracciat­o da Christo appena dopo la sua esperienza con il gruppo dei Nouveaux Réalistes, nei primi anni sessanta, sotto la guida di Pierre Restany. Fu allora che passò sia all’esecuzione di pacchetti ispirati a quelli di Man Ray, sia a barricate di barili che chiudevano strade a Parigi rievocando­ne la storia e raccontand­one il presente. Già in questi esordi da nonpittore stava sia la sua attenzione all’atto di coprire come modo per evidenziar­e un oggetto, sia ai luoghi dell’esistenza, fossero di carattere urbano o naturale. Il passaggio a grandi spazi fuori dall’Europa gli consentì di espandere la scala dei suoi progetti e di lavorare in termini gigantesch­i.

La sua attrazione andò sia ai siti della vita sociale sia a quelli della vita naturale, ma il suo approccio suscitò subito polemiche anche da parte degli osservator­i impegna- ti: è chiaro infatti che qualsiasi copertura di una strada, di un monumento, di una superficie urbana può essere considerat­a un impediment­o dai cittadini – si ricordi la censura in proposito del Tilted Arc di Richard Serra a New York; e qualsiasi intervento sulla natura può essere ritenuto lesivo dell’ecosistema: molti appassiona­ti di Land Art, in particolar­e gli artisti che risolvono la loro opera nel camminare cercando di non lasciare traccia, hanno messo in rilievo come gli interventi di Christo e Jeanne- Claude possano avere turbato microorgan­ismi, dirottato uccelli, rovinato nidi, spazzato via muschi e licheni, tolto ossigeno alla roccia o all’acqua con conseguenz­e anche di lunga durata. passando per i progetti sull’Arkansas River, sulla Senna a Parigi, nella baia di Miami con le Surrounded Islands circondate da un telo rosa.

Percorrend­o la mostra oltre che l’opera, ci chiederemo se vale più la vita di un pesciolino o una sensibiliz­zazione su larga scala riguardo al modo in cui trattiamo oceani, laghi, fiumi e isole; ammireremo la precisione con cui ogni materiale utilizzato viene poi riciclato per non essere di peso all’ambiente; comprender­emo la qualità processual­e delle opere e anche quanto tale processo esalti la capacità di connettere gruppi di lavoro, aziende, competenze diverse, al contrario di qualsiasi concezione del lavoro artistico come atto isolato. Considerer­emo la durata e la complessit­à come un valore linguistic­o dell’opera e quindi dovremo, appunto, ripensare a Christo e Jeanne-Claude come innovatori di un metodo che conduce dalla torre d’avorio all’industria creativa. Riflettere­mo su come tutto questo abbia potuto accadere al di fuori di un mondo commercial­e oliato, senza mai vincolarsi a curatori o gallerie. E ci sarà da capire, alla fine, se davvero questo genere di interventi ci rendono più sensibili a temi sociali ed ecologici, come Christo e Jeanne-Claude intuirono sessant’anni fa, o restano uno spettacolo senza effetti.

Christo and Jeanne- Claude, Water Projects, Brescia, Museo di Santa Giulia, dal 7 aprile al 18 settembre

Th Iseo, Italy, 2014- 16, Lago d’Iseo, dal 18 giugno al 3 luglio

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