Croce e delizia a Holly wood
Darsi a una professione onesta, o continuare a lavorare per Hollywood? Deve scegliere, l’Eddie Mannix ( Josh Brolin) di Ave, Cesare! ( Hail, Caesar!, Usa e Gran Bretagna, 2016, 106’). Per il momento – siamo negli anni 50 del secolo scorso – risolve i problemi di una grande casa di produzione. In gergo, è un fixer, un aggiustatore. In sostanza, sbroglia situazioni imbarazzanti: attricette che posano per foto porno, divi inclini all’alcol, dive gravide per quanto nubili... I suoi metodi sono spicci, e per questo efficaci. Non è solo disonesta, la sua professione, è anche faticosa. Non passa ora del giorno o della notte senza che qualcuno dei suoi protetti non combini un guaio. È il caso di cambiar vita? L’occasione ci sarebbe. Una compagnia aerea cerca uomini come lui. Non gli toccherebbe più di correre per Los Angeles e dintorni, inseguendo i capricci di star irresponsabili e stupide. Se ne starebbe comodo nella sua poltrona, a vigilare sul buon nome di un’onesta intrapresa commerciale. La quale intrapresa si sta organizzando per trasportare attraverso il pacifico, giusto fin sopra l’atollo di Bikini, decine di onestissime Bombe ( con la maiuscola, per dirla in sintonia con il dottor Stranamore di Stanley Kubrick).
Come già in Barton Fink (1991), ma ora in forma di comme-dia, Ethan e Joel Coen mettono in scena la fabbrica del cinema nella sua versione classica hollywoodiana. Da questa fabbrica al pubblico arriva il prodotto finito: i film, e insieme con i film – prima ancora dei singoli film – l’immaginario diffuso che induce il pubblico a prenderne per buoni i sogni. Tutto il ciclo produttivo, se si vuole tutta la catena di montaggio si regge su questa nostra felice disponibilità a essere ingannati. Il primo inganno sta nel racconto di storie palesemente false, eppure accolte da chi sta in platea come se fossero vere. Senza questo “come se” non ci sarebbe il cinema. C’è poi un altro inganno, anch’esso un racconto: che i volti e i corpi proiettati sullo schermo appartengano a dee e dèi, ben alti nella luce di un Olimpo che rischiara le nostre vite.
Eddie si prende cura di questo Olimpo – e della effimera credibilità dei suoi abitanti –, passando di divo in divo, di set in set. E i Coen ne approfittano per girare come si faceva negli anni 50, reinventando melodrammi, western, musical, peplum. Di un peplum in versione evangelica è protagonista Baird Whitlock ( George Clooney). Whitlock è un romano pagano e perfido che, come da contratto, finisce per convertirsi sotto la croce del Messia. Il tutto avviene con il beneplacito di quattro teologi – un ebreo, un cattolico, un ortodosso e un islamico –, che la produzione consulta per non aver sorprese al botteghino.
Questo è talvolta, o spesso, il cinema: una macchina dei so- gni attenta a non sbattere contro gli spigoli della realtà. Ma è anche una macchina in cui si muovono idee, addirittura ideali. In Ave, Cesare! a questo provvede un gruppo di sceneggiatori “marxisti” – loro maestro è Herbert Marcuse ( John Bluthal) –, tanto certi d’esser dalla parte della Storia, da decidere di farla trionfare anche a Hollywood con un sequestro di persona. Se non fosse che Eddie...
Raccontano, i fratelli Coen, raccontano come solo il grande cinema sa fare. Nel racconto gettano sarcasmo a piene mani, com’è loro abitudine. Ma lo amano, il disonestissimo mondo che raccontano. Per loro come per Eddie, l’alternativa sarebbe darsi a un altro mestiere, meno disonesto ma più banale. Ammesso che portare Bombe sopra Bikini lo sia.
P. S. Alla fine di Ave, Cesare! , Whitlock si impegna nel pi- stolotto che chiude il suo film sulla Passione. Lo si direbbe emozionato, come se credesse a quel che dice, o almeno lo capisse. Ma basta una sua esitazione, una stolidissima esitazione, per far crollare ogni entusiasmo. Il gioco è smascherato. Si tratta di illusione, di finzione, di racconto. Whitlock è troppo stupido per sapere di che cosa stia parlando. La sua fortuna, come quella degli spettatori, è che in platea nessuno se ne accorgerà. %%%% %