Nel segno di Bach e Karajan
Con Gustav Leonhardt incise tutte le Cantate. Interpretò con grande personalità anche Monteverdi, Mozart, Haydn, Brahms, Verdi
Con un giorno di ritardo, così come dopo l’esecuzione della Matthäus-Passion di Bach o della Nona Sinfonia di Bruckner il “Kapellmeister” indugia per alcuni interminabili secondi prima di deporre la bacchetta e di assumere una posizione distesa lasciando via libera agli applausi, è stato il regista e celebre illuminotecnico Philipp Harnoncourt (n. 1955) a comunicare la morte di suo padre, il conte Johann Nikolaus de la Fontaine und d’Harnoncourt-Unverzagt, all’età di 86 anni.
Neppure molti, soprattutto se si pensa che quell’uomo, nato a Berlino venerdì 6 dicembre 1929, agli ammiratori e forse ai nemici appariva non tanto un essere in carne ed ossa quanto un principio astratto, un’ipostasi, e, come tale, indistruttibile. Nella sua vita e più ancora nella morte, il sacerdote della musica che si era posto al di fuori e al di sopra delle contese (diventando, proprio per questo, punctum dolens di un’interminabile contesa stilistica) ha indicato un recinto, en- tro il quale è riconoscibile un rango, all’antica ma non antiquato. Anche le circostanze conclusive richiamano qualcosa dei film di Maximilian Oppenheimer (1902-1057) assai più noto come Max Ophüls, regista di film sublimi. Quell’uomo dal volto davvero “ophülsiano” è morto sabato 5 marzo in un luogo che è difficile definire “di villeggiatura”: il borgo austriaco di Sankt Georg nell’Attergau. È una zona del Salzkammergut, tra il Mondsee (“lago della luna”) e l’Attersee, il lago su una cui sponda, a Steinbach, Gustav Mahler compose la Seconda e la Terza Sinfonia. Strano accostamento, se si pensa che Harnoncourt evitò sempre le partiture mahleriane. L’aura viennese, tuttavia, si estende, nella vita di Harnoncourt. Nato berlinese, egli visse a Graz dove i genitori si trasferirono, e studiò a Vienna.
La famiglia d’origine apparteneva alla nobiltà austriaca, tedesca, boema e francese ugonotta: il ramo ugonotto era emigrato dalla Francia al tempo delle guerre di religione. Il predicato “Unverzagt” è eloquente: significa “intrepido”. Sua madre Ladislaja, contessa di Merano e baronessa von Brandhoven, era figlia di Franz von Meran e pronipote dell’arciduca Johann d’Absburgo-Lorena. Suo padre, Eberhard de la Fontaine, conte d’Harnoncourt-Unverzagt, aveva studiato ingegneria e lavorava a Berlino. Dal primo matrimonio del padre erano nati due figli, ma anche sua madre era già vedova al momento dell’unione dei due. Nel 1931 nacque il fratello Philipp Harnoncourt, prestigioso teologo cattolico. Divenuto violoncellista, Nikolaus fu ammesso, per volere di Herbert von Karajan, nell’Orchestra Sinfonica di Vienna, dove suonava anche sua moglie, Alice Hoffelner, con la quale Harnincourt fondò nel 1953 il Concentus Musicus Wien. Il gruppo si specializzò nelle esecuzioni di musica rinascimentale e barocca su strumenti dell’epoca, attraverso una lettura filologica finalizzata all’autenticità dell’originale.
Crediamo superfluo scendere nei dettagli dell’immenso merito acquisito da Harnoncourt e dai suoi musicisti collaboratori nell’interpretazione del lascito di Johann Sebastian Bach. Significativo è che nel 1967 egli abbia diretto il Concentus Musicus Wien nella colonna sonora del film Cronaca di Anna Magdalena Bach (1968) di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet. Là, Harnoncourt impersonò il principe Leopoldo di Anhalt-Köthen, mentre Bach fu interpretato dal clavicembalista e direttore d’orchestra Gustav Leonhardt. In proposito, ricordiamo che nel 1971 Harnoncourt iniziò un progetto congiunto con Le- onhardt, per i ncidere tutte l e cantate di Johann Sebastian Bach. Il progetto giunse a termine nel 1990. Ma inestimabile è il lavoro realizzato da Harnoncourt nella meditazione e nello scavo in altri autori: Monteverdi, Mozart, Haydn, ma anche Brahms, Verdi.
Harnoncourt ha suscitato, per decenni, fieri dissensi. La sua cultura di grado molto superiore alla media rispetto a ciò che è riconoscibile nel mondo della musica, e parliamo della cultura anche extra-musicale, ha suscitato fastidio: mai, però, dileggio, ironia velenosa, noncuranza. Forse, proprio l’obbligo di prenderlo sul serio come uomo di forte coscienza etica e come artista e portatore di una vera e propria scientia musicae, è la vera ragione che ha spinto alcuni a detestare le sue scelte di stile e di prassi esecutiva. Per molti, è stato motivo d’imbarazzo constatare come tutte le opzioni, solenni o bizzarre, provocatorie o consacrate all’altissima tradizione, siano state precedute da una lunga e tormentosa riflessione, da ricerche storiche, da analisi estetiche. La sua arte è stata , nelle premesse, una filosofia, e qui si affaccia una possibile affinità, anch’essa vincolante e piena d’imprevisti, con una personalità quale fu Wilhelm Furtwängler. Si diceva: oltre al talento e alla sapienza conquistata con lo studio, è anche questione di rango.