Shakespeare a Sarajevo
La memoria ha forse cancellato gli amanti simbolo della guerra nei Balcani: l ui serbo, lei islamica, freddati da un cecchino mentre tentavano la fuga, nel maggio 1993, dalla Bosnia insanguinata. Per otto giorni i loro corpi sono rimasti senza sepoltura, sul ponte di Vrbana. Da questa fine ha inizio il Romeo e Giulietta, atto unico, di Davide Bombana per lo Junior Balletto di Toscana. Sulla musica di Sergej Prokof’ev, registrata e tagliata con cura, sono infatti le madri delle vittime ad aprire le danze nel ricolmo Teatro Sociale di Como. Esse piangono i figli a distanza: non osano abbracciarli. La striscia di terra, tante volta riproposta come lungo lembo però di luce dal fondale al proscenio, su palco spoglio, censura contatti. Nega anche qualsiasi tipo di commistione tra i Serbi (o Montecchi), compunti in pantaloni, giacche scure e immersi in un movimento militaresco all’unisono, e i Bosniaci (o Capuleti) striscianti a terra, in costumi poveri, decisi almeno ad avvicinarsi ai loro territori. Invano: i Serbi blindano le zone conquistate con cartelli stradali inequivocabili: “divieto d’accesso”.
Una figuretta femminile senza velo, bella invenzione del coreografo, perché incarna il Fato e altro, si ritaglia un assolo inquieto, prima di diventare compagna di giochi per Giulietta, allorché la madre le porterà il velo per coprirsi la folta chioma e annunciare un pretendente già alle porte. Giulietta ha però appena incontrato, in un passo a quattro, il suo serbo Ro- meo. L’incanto dei due innamorati a prima vista è esaltato dall’immobilità, e poi in un avvinghiarsi in cui l’eroina accetta di farsi togliere il velo.
Galoppa poi la narrazione verso il tragico finale, con la lotta tra Romeo e un Tebaldo musulmano destinato, come da libretto originale, a uccidere Mercuzio, l’amico fraterno di Romeo, e ad esserne da questi freddato, in un incalzante corpo a corpo. Le scene imprescindibili: il passo a due del balcone, lo sposalizio, l’amore consumato in una stanza, permangono ma sono trasformate. L’ardore sopperisce a certi momenti in cui la pienezza musicale richiederebbe ben più di una ventina di interpreti e azioni collettive, qui, di necessità, schematizzate. Funziona, tuttavia, l’idea di stendere un gran lenzuolo bianco per consumare nozze consacrate dal solo Maometto, con la visione di Romeo e Giulietta nude-look, traboccanti di baci e intensa passione senza forme classiche. Funziona pure la fuga dei due amanti, lo sparo che sospende la musica e il confronto raggelante tra Serbi e Bosniaci: rigidi in file contrapposte, con i due giovani uccisi al centro. C’è poi il ritorno, - prassi circolare - al dolore delle madri. Con danza pulita, originale nei duetti, e ottimi interpreti, la fortunata pièce va ad aggiungersi alla lista ormai non piccola di consimili agganci tra Shakespeare e le nefandezze della cronaca, a esempio per Romei e Giuliette palestinesi e israeliani.
Romeo e Giulietta, Teatro Sociale di Como; Teatro Alighieri, Ravenna oggi e domani, poi sempre in tournée sino al 17 aprile