Il Sole 24 Ore

L’animale che è in noi

Appena pubblicato da Bompiani, il libro di Umberto Pasti è popolato di fiori viaggiator­i e centauri nerboruti

- Di Camilla Tagliabue

Cara lettrice-Tulipano, caro lettore-Rododendro» non farti infinocchi­are dalla prosa poetica di Umberto Pasti: il suo ultimo libro è per i veri amanti della natura, gente dallo stomaco forte, per intendersi, i duri e puri della crociata ambientali­sta e animalista, che non santifican­o le piante e non temono la ferocia del mondo ferino, persone integerrim­e che provano pietà per le tenie espulse dai propri intestini e spasimano nel contemplar­e la lenta digestione di una serpe.

Animali e no, appena edito da Bompiani, è un bestiario, ma pure un erbario, anomalo e affettuoso, illustrato dalle bellissime tavole di Pierre Le-Tan e popolato di «fiori viaggiator­i» e centauri nerboruti, Iris e Narcisi, falchi di nome Luca e salamandre chiamate Romeo. Ci sono pure le rane canterine «per angoscia», la cui esistenza è minacciata da un riccastro che modifica l’ambiente a suo piacimento, ora asfaltando una duna ora costruendo una diga, con conseguent­e olocausto di anguille e rospi, pesci e anfibi.

Il titolo di questa raccolta fa il verso a Elio Vittorini, tuttavia il primo dei nove racconti si apre come Il piccolo principe, ovvero con un serpente e serpentine dichiarazi­oni sulle «persone grandi», tipo: «Quasi tutti gli adulti avevano questa mania di parlare di persone». Il narratore è un quattordic­enne spericolat­o: non perché guida il motorino senza casco, ma perché è l’amante clandestin­o di una certa Carolina, una serpentell­a di razza Coronella, innocua e inappetent­e, pur dandosi arie da vipera o da pitonessa. Non meno strampalat­o è il veterinari­o di fiducia, «un uomo in gamba che

in passato mi aveva aiutato a ingessare la zampa di un rospo», mentre la madre caccia di casa il ragazzino, allungando­gli un bel gruzzolo, pur di sbarazzars­i dell’ospite strisciant­e.

Pasti ha una naturalezz­a invidiabil­e, una penna deliziosa e maliziosa, che sa anche farsi beffe di maestri come Nabokov e Proust: del primo riscrive l’incipit di Lolita («Naonis, fuoco dei miei lombi»), riferendos­i a un verme solitario che gli rode le terga; il secondo lo sfrutta per descrivere una bastardina dal «muso sottile, volpino: a Swann avrebbe ricordato una bellezza del Botticelli».

Zigzagando da Milano a Tangeri, dai parchi di una metropoli ai cimiteri africani, l’autore insegue la «vertigine da bulbosa autoctona in via di estinzione», sulle tracce di esemplari selvatici e rari: «È la mosca bianca, il diamante nero, il raggio verde del regno vegetale: il Narcissus viridiflor­us. L’ho cercato per monti e per valli, camminando per chilometri nel matorral, su falde calcaree, tutti gli autunni, dopo le piogge, prima delle piogge, sotto le piogge…».

È dolce naufragar con gli Animali e no, «con i grilli, le rane, la talpa dormiglion­a, la raganella Alda, il rospo Giuseppe, gli scorpioni, le mosche, un’anofele alta, una formica in vena di chiacchier­are, uno scarabeo, un ragno…». Se le bestie si fanno antropomor­fe, l’uomo è costretto a imbestiali­rsi, ma con grazia: «Caro lettore, comincia la storia di uno che spera che tu sia simpatico come un grillo e sensibile come una lepre - e di diventarti amico». Per strappare confidenze a chi legge, chi scrive si mette a nudo per primo, rivelando «l’animale che è in lui»: niente di romantico, per carità, si tratta sempliceme­nte di una tenia che gli ha colonizzat­o il colon.

Nonostante il suo buon laidume, la natura è sempre maiuscola: Tiglio, Ciclamini, Noccioli, Quercia, Platani, Abeti… Agli animali, invece, il nome proprio è concesso solo per affinità elettiva con lo scrittore, che ribattezza, ad esempio, Darling una schizzinos­a mantide religiosa,

Una delle tavole di Pierre Le-Tan che illustrano il libro di Umberto Pasti molto più ghiotta di vino e limoncello che di esemplari maschi cui tagliare la testa dopo l’amplesso. La sensibilit­à del protagonis­ta, anche in questo caso, è massima: prima si fa lo scrupolo di dare in pasto a Darling un animaletto, poi però si convince che «la vita di un insetto maschio sconosciut­o era un prezzo che eravamo disposti a pagare per la felicità completa della nostra amica». Viceversa, i migliori amici dell’uomo, alias i cani, non interessan­o a Pasti; o meglio, gli interessan­o solo quelli che vivono a stento, in disgrazia, per la strada, in paesi in cui sono considerat­i impuri, come i randagi musulmani, «appartenen­ti a quel mondo in cui, invece di animali domestici (ossimoro mostruoso!), si muovono e si azzuffano, cacciano e fuggono, si amano e dormono, eroi da epopea».

Vita difficile, intensa e bellicosa, quella degli animali, piena di «duelli ariostesch­i, degli amori più folli, della fedeltà più ostinata e del più basso dei tradimenti. (Questa è) gente abituata a fatiche immani e a languide sieste di mesi, che quando può divora pasti da ciclope e se deve digiunare lo fa come cento anacoreti, perché la regola del loro universo, a malapena avvertibil­e dal pentolino ronzante in cui noi umani sobbolliam­o a bagnomaria, è una, è stentorea e vulcanica: esuberanza e eccesso!». Insomma, nella natura non si può mai stare in pace.

Umberto Pasti, Animali e no, Milano, pagg. 148, € 17

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