Il Sole 24 Ore

Eugenio e la sua professore­ssa «in cammino»

- di Roberto Napoletano

Genti le direttore, insegno Lettere in un Liceo Scientific­o di provincia (San Benedetto del Tronto, AP) da 23 anni. Quando ho iniziato, non avevo assolutame­nte idea di cosa volesse dire “insegnare” e sono stata sottoposta a durissima prova dagli studenti che, con la loro genuinità, mi hanno messo con le spalle al muro, anzi mi mettono costanteme­nte con le spalle al muro, perché io possa fare meglio il mio lavoro, perché io possa riflettere sul mio ruolo e assumere la posizione etica che esso richiede, senza sconti o pietismi, senza rabbia o rivendicaz­ioni. Talvolta riesco a rispondere alla loro “richiesta” etica, molte volte scivolo, ma sono in cammino. Nella verifica scritta di una 5ª classe, ho assegnato la redazione di un saggio breve sull’argomento: “L’uomo di fronte al male e alla sofferenza: Manzoni e Leopardi possono insegnare qualcosa ai giovani d’oggi?”, fornendo alcuni brevi testi come materiale da utilizzare per la loro argomentaz­ione, come la tipologia testuale del saggio richiede. Eugenio De Luca ha elaborato un testo illuminant­e. A mio giudizio lo studente fa capire con chiarezza a noi insegnanti come si possa e si debba lavorare con i testi del passato remoto o recente. L’allievo ha superato il maestro? Certo, niente di più bello può accadere nella scuola! Ho pensato di inviare a lei il saggio perché penso lo possa apprezzare. Leggo ogni domenica la sua rubrica e ciò che mi colpisce è la capacità di cogliere nell’altro originalit­à e profondità di pensiero. Eugenio, al quale ho proposto l’idea di inviare il testo a lei, è d’accordo e mi ha chiesto di “introdurre” il suo lavoro. Ho eseguito con piacere il compito affidatomi.

– Adriana Paoletti Pubblichia­mo di seguito il testo elaborato dallo studente Eugenio De Luca

La comprensio­ne è sempre stata fondamenta­le per l’uomo, ma nell’epoca dello sviluppo, della tecnologia e delle ricerche acquisisce un’importanza vitale. I ragazzi che entrano all’Università sono spinti a concludere gli studi con il massimo dei voti, l’unico obiettivo deve essere la perfezione; comprender­e ha un’enorme importanza, è l’unica arma a disposizio­ne che consente loro di non essere lasciati indietro nella corsa sfrenata del mondo. Sarebbe interessan­te chiedersi se letterati del passato come Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni, non influenzat­i dalla tecnologia e dai vizi della società moderna, possano in qualche modo aiutare i ragazzi di oggi. Se si studiano con attenzione le loro opere, risulta evidente che la risposta a questa domanda è affermativ­a: possono aiutarci perché riuscivano a comprender­e e visualizza­re gli eventi in modo differente dal nostro, in una maniera che noi ormai abbiamo dimenticat­o. Sia Leopardi che Manzoni prima di studiare qualcosa la osservavan­o, poiché avevano compreso che sia gli oggetti materiali che le idee, nonostante possano sembrare entità coese, presentano tante sfaccettat­ure. Ognuno di noi, quando è chiamato a descrivere o a parlare di qualcosa, sceglie una di queste “sfaccettat­ure” a seconda dell’educazione che ha ricevuto da bambino, del suo umore o addirittur­a a seconda del tempo meteorolog­ico. È chiaro che ogni nostra decisione è condiziona­ta da un grande numero di fattori; la “sfaccettat­ura” che viene scelta la definiremo il punto di vista rispetto a quell’argomento.

Ma perché il punto di vista è così importante? Ammettiamo di avere un gigantesco dado, di essere in sei e che ad ognuno di noi sia permesso di guardare una sola faccia (diversa per ognuno) di quel dado. Quando ci confronter­emo tutti e sei, emergerà che ognuno di noi ha visto un numero differente da quello degli altri stampato su di una faccia quadrata. Ragio- nando insieme, potremmo dedurre che, essendo tutte le facce quadrate ed essendo queste facce sei, abbiamo avuto a che fare con un cubo. Dopo un ulteriore ragionamen­to ci accorgerem­o che questo cubo era nello specifico un dado. Con questo cosa voglio dire? I punti di vista sono fondamenta­li per comprender­e la vera essenza di qualcosa; abbiamo appena reso evidente che l’integrazio­ne e il confronto tra punti di vista identifica la vera essenza di quel qualcosa che stiamo studiando. Ovviamente è impossibil­e prendere in consideraz­ione tutte le “sfaccettat­ure” possibili, è quindi irrealizza­bile la conoscenza totale di qualcosa. Manzoni e Leopardi questo lo sapevano bene, ed è per questo che possono aiutarci anche nel 2016.

Prendiamo ad esempio il giardino della sofferenza di Leopardi e la descrizion­e della vigna di Renzo del Manzoni: hanno entrambi come soggetto la vegetazion­e, ma già ad una prima lettura notiamo una profonda differenza tra i due testi. Nel XXXIII capitolo dei Promessi Sposi Manzoni descrive infatti la natura focalizzan­do l’attenzione sui temi dell’abbandono e della natura dell’uomo; infatti le piante lasciate libere di crescere hanno cominciato a sovrappors­i l’una all’altra per sopravvive­re, e secondo Manzoni è quello che farebbe l’uomo senza Governo o Leggi. Leopardi invece descrive la natura concentran­dosi sulla sofferenza celata dietro alla bellezza. Nonostante comunque il soggetto sia lo stesso, Manzoni e Leopardi hanno due punti di vista completame­nte differenti: evidenzian­o temi diversi partendo dallo stesso argomento. Non sono comunque gli unici a poterci aiutare ad affrontare la vita quotidiana. Basti pensare che nemmeno cent’anni fa Pirandello scriveva un vero e proprio “trattato” su questo argomento: Uno, nessuno e centomila. Nell’Adelc hi Manzoni afferma che «Gran segreto è la vita, e nol comprende che l’ora estrema». In questa frase è evidente un punto di vista plasmato e distorto dalla situazione estrema e dalla condizione psicologic­a. Sarà proprio grazie a questa “angolazion­e” che Adelchi riuscirà a descrivere meraviglio­samente la vita e il mondo.

Il punto di vista è un’“arma” per comprender­e, ma non dimentichi­amo che è spesso una delle prime cause d’incomprens­ione. A proposito di questo ci parla Leopardi nella lettera al filologo svizzero De Sinner. Il poeta recanatese ci tiene infatti a chiarire che la sua filosofia nasce dall’“intelletto” e non dai suoi mali fisici, come la maggiore parte delle persone pensava. Qui un punto di vista sbagliato rischia di sminuire e privare di valore un intero “sistema filosofico”. Leopardi spiega che fossilizza­rsi su un unico modo di vedere le cose non è un buon comportame­nto, bisognereb­be invece cercare di essere originali ed elastici mentalment­e. Il poeta tra le righe suggerisce al lettore di ragionare. Anche nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia il pastore- poeta soppesa con attenzione due punti di vista: il suo e quello della Luna, la « giovinetta immortal » . Immagina infatti che la Luna, essendo in una posizione più alta rispetto alle cose terrene, comprenda meglio il senso della vita. Per spiegarlo con un esempio: è più facile trovare la via d’uscita da un labirinto guardandol­o dall’alto, non camminando­ci dentro.

I letterati che ho trattato detengono, come altri indubbiame­nte, la chiave del conoscere, una chiave che probabilme­nte è precipitat­a negli abissi del tempo. Leopardi ci trasmette la forza di combattere e di resistere contro le ingiustizi­e del mondo. La sua vita e le sue cosiddette “canzoni del suicidio” ci incitano a combattere e a non arrenderci. Lo stesso poeta recanatese nella lettera a De Sinner desidera che i lettori confutino le sue teorie, perché lui è la prima persona sulla quale pesano queste idee. Non solo penso che Leopardi e Manzoni possano insegnare qualcosa ai giovani, io sono fermamente convinto che siano fonda- mentali per sviluppare la forma mentis dei ragazzi e, perché no, anche degli adulti.

Tuttomolto­b ello evero. Carlo Os solami assicura che i riferiment­i letterari sono a posto e mi segnala solo una parziale inavverten­za del nostro studente: il Leopardi non può ovviamente conoscere la società digitalizz­ata di oggi, ma è sempre stato molto informato del progresso e della tecnologia della sua epoca, proprio per poterli spesso criticare era informatis­simo. Ho deciso di pubblicare il saggio breve di Eugenio e la lettera di accompagna­mento della sua «professore­ssa in cammino» per tante ragioni. Mi intriga il ragionamen­to di tipo filosofico-speculativ­o sulle molte «sfaccettat­ure» di oggetti e idee e sulla irrealizza­bilità della «conoscenza totale» di qualcosa. Mi colpiscono la voglia di cercare la chiave del conoscere precipitat­a negli abissi del tempo e la riscoperta di quella «giovinetta immortal» che aiuta a ragionare e capire, guida preziosa dal cielo per uscire dal labirinto terreno di ognuno di noi. Mi piace che sia Eugenio a spiegare alla sua professore­ssa la straordina­ria attualità della lezione di Leopardi e di Manzoni e a indicare, a modo suo, come si debba lavorare sui testi del passato, remoto e recente. Trovo strepitoso che tutto questo avvenga in un liceo scientific­o di San Benedetto del Tronto con la “gioia” di immergersi nel giardino della sofferenza del poeta recanatese e nella vigna di Renzo del capolavoro manzoniano per imparare a osservare e toccare le cose di questa terra oggi, allargare la forma mentis e cominciare ad afferrare il senso profondo della vita in un mondo globalizza­to, scandito dai tempi della tecnologia. Miracoli della scuola italiana.

roberto. napoletano@ ilsole24or­e. com

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