Nomination più vicina per Clinton e Trump
La vittor ia di New York è un passo avanti ma non dà ancora ai due sfidanti la certezza matematica di essere i candidati a novembre
Passato l’entusiasmo iniziale del Donald e di Hillary per il successo a New York, si torna alle proiezioni, alle statistiche per le primarie nei prossimi stati importanti e a certi ragionamenti di fondo, perché se il voto a New York ha risolto molto non ha certo risolto tutto.
Intanto vediamo il dettaglio. È vero, Hillary ha avuto il 57,6% del voto. Risultato strabiliante contro un Bernie Sanders all’attacco e reduce da otto vittorie su nove stati, dal viaggio a Roma in Vaticano e da una stretta di mano con Papa Francesco. Ma a ben guardare, la distribuzione geografica del voto a New York, vede una concetrazione assoluta per Hillary, dicia- mo con il colore blu, nella zone metropolitane. Se si vede la mappa dell’intero stato, il blu sul piano geografico è una minoranza assoluta, quasi tutto lo stato è verde con l’eccezione di poche macchie blu. È vero i voti finali contano. Ma guardando in avanti questo risultato geografico ci dice che forse Sanders potrebbe fare bene in Connecticut, piùvicinoacerte zone di upstate New York che a Manhattan. Non solo, Hillary potrà accu- mulare i suoi delegati solo in modo proporzionale e dunque Sanders, ormai in gara fino all’ultimo stato potrebbe comunque accumulare comunque una buona posizione.
Lo stesso vale per Donald Trump, e nel suo caso la curiosità è che John Kasich ha vinto a Manhattan e gli ha impedito così di fare il pieno dei delegati tenendosene tre su 94. Per Trump è lo stesso un risultato strabiliante, tanto più che nel suo caso la distribuzione geografica è tutta a suo favore, a differenza di Hillary, New York State è tutto rosso a parte un verdino minuscolo a Manhattan, rappresentativo di quell’establishment contro cui vota il resto del paese. Ma non è ancora vero che per lui la vittoria è matematica. Ci vorrà ancora molta strada per arrivare ai 1.273 delegati necessari per vincere una Convention che sarà comunque divisa.
Ed è questo, il senso di divisione di insoddisfazione da parte degli elettori che ci porta a un esame più di fondo del malessere degli americani in questa primavera del 2016. Un sondaggio della NBC/ Wall Street Journal di un paio di giorni fa ci dà uno spaccato poco incoraggiante: il 68% degli intervistati a livello nazionale non riesce a immaginare di poter votare per Donald Trump a novembre. Trump insomma è divertente, ma alla fine non dà fiducia come guida della superpotenza nucleare. Il problema repubblicano è che quando si parla di Cruz lo stesso parere negativo lo danno il 61% degli interpellati, un po’ meno ma pur sempre una condanna. E per Hillary? Anche per lei il voto è negativo, questa volta per il 58%. Il dato sconfortante dunque è che una vasta maggioranza di americani non vede gli attuali candidati in corsa come adatti a guidare il paese. Un problema di scollamento fra il paese e la leadership emersa finora da queste primarie che indubbiamente preoccupa.
Ma al di là dei ragionamenti di fondo ci sono i prossimi appuntamenti. E da ieri tutti i candidati sono di nuovo al lavoro. Trump, che ieri ha vinto 89 delegati su 94 grazie al premio di maggioranza repubblicano, sale a quota 844 contro i 533 di Ted Cruz. Gli mancano dunque 393 delegati per arrivare alla Convenzione di Cleveland con i 1.237 delegati necessari per aggiudicarsi la nomination in modo automatico. Con i 144 delegati che ha vinto ieri, Hillary va a quota 1.411 delegati sui 2.383 necessari. E questo al netto dei super delegati, per Bernie Sanders dunque sarà comunque difficile farcela davvero. Per Trump, mettere insieme i 393 delegati mancanti, vuol dire che dovrà vincere il 59% dei 674 delegati ancora in palio, cosa possibile perché in molte primarie chi vincerà prenderà come a New York la maggioranza dei delegati. 141 saranno già in palio il 26 aprile in Pennsylvania, Maryland e Delaware tre stati in cui valgono di nuovo le regole che favoriscono il vincitore con un forte premio di maggioranza e Trump è in vantaggio in tutti e tre gli stati. Idem per Hillary, in Pennsylvania e in Maryland la Clinton e molto al di sopra del 50%. La vittoria è non solo possibile, ma, dopo New York, certamente a portata di mano.
SONDAGGIO Il 68% degli intervistati a livello nazionale non riesce a immaginare di poter votare per il miliardario che fa paura anche al partito repubblicano