Bce e Fed «pronte ad agire» su Brexit
Il presidente della Fed: «Pronti a gestire qualunque situazione» - Le Borse frenano il rally ma restano positive
Mario Draghi e Janet Yellen parlavano a migliaia di chilometri di distanza. Ma le loro dichiarazioni sembravano concordate: i due banchieri centrali guardano con apprensione al refe- rendum britannico di giovedì e sono pronti a gestire qualunque situazione perché «qualunque sia il risultato ci saranno conseguenze economiche».
Anche la diplomazia ha la sua importanza: Janet Yellen ha detto ieri che non può prendere «una posizione a favore o contro Brexit» ma ha chiarito in dichiarazioni successive che, secondo lei, un'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea avrà conseguenze a breve negative e potenzialmente molto preoccupanti sui mercati. Dunque, ha detto, ci si preparara: «Non voglio dare l'impressione di esagerare, ma siamo pronti a seguire l'esito del voto con grande attenzione e a gestire qualunque situazione perchè qualunque sarà il risultato ci saranno delle conseguenze economiche». Sembra una dichiarazione concordata con quelle di Mario Draghi, sempre di ieri e sempre allarmiste. Attenzione nell’un caso e nell’altro non si tratta solo di un gioco psicologico per spaventare l’elettorato inglese o di un atteggiamento scaramantico.
Il pericolo di un’uscita è concreto e dunque le preoccupazioni per le reazioni degli investitori sono reali. Si dà per scontato infatti che una instabilità finanziaria dovuta a Brexit, come ha riferito sempre la Yellen parlando davanti alla Commissione Finanza del Senato, potrebbe scatenare un'ondata di vendite, una fuga verso investimenti di qualità ( tipo Bund tedeschi) con conseguenze dirette sui rapporti valutari internazionali e sulla tenuta di economie come quella cinese che «soffre ancora di squilibri». C'è insomma una componente «globale» nell'impatto di un'uscita del Regno Unito dalla Ue: «Se la Gran Bretagna uscirà dall’Unione Europea i mercati punteranno a minimizzare il rischio. Si potranno vedere fughe verso la qualità che potrebbero rafforzare il dollaro e altre valute cosiddette solide...comunque non mi aspetto che un risultato negativo su Brexit possa indurre nel medio termine una recessione in America». L’economia americana resta tuttavia debole; si aggiunga che il multilateralismo sarà ancora di più sotto attacco, perché una cosa è la protesta generalizzata che produce, anche in America, un personaggio come Trump, un'altra è una presa di distanza formale, con un voto che potrebbe sancire una storica uscita. Il tutto inoltre, come dicevamo, avviene in un momento delicato per l'economia americana, con una crescita in fase di rallentamento, con i tassi di produttività in crisi e con un dato sulla formazione di nuovi salariati dipendenti preoccupante: solo 38.000 nel mese di maggio contro gli oltre 160.000 attesi. Numeri che potrebbero tradursi in un ulteriore slittamento dell’annunciata stretta sui tassi.
Mario Draghi e Janet Yellen hanno dato un chiaro avvertimento sui possibili rischi legati al Brexit. Sui mercati tuttavia continua a prevalere un certo ottimismo a riguardo. Dopo il rally di lunedì (+3,3% la performance media degli indici europei) chi si aspettava un fisiologico passo indietro legato alle prese di profitto ha dovuto ricredersi visto che in Europa i principali indici di Borsa hanno archiviato la giornata in positivo con Milano in rialzo dello 0,45%, Parigi dello 0,61%, Francoforte dell0 0,54%, Madrid dello 0,23% e Londra dello 0,36 per cento. Se la scorsa settimana era stata soprattutto l’avversione al rischio a prevalere tra gli investitori oggi il clima è ben diverso. Il cambio di passo si è visto dopo l’assassinio della parlamentare Labour e leader del fronte «Remain» Jo Cox di giovedì scorso. Un fatto drammatico su cui i mercati hanno cinicamente scommesso nella convinzione che questo evento possa rafforzare le possibilità di vittoria del «Leave». I capitali in fuga dal Regno Unito (la scorsa settimana i fondi azionari Uk hanno registrato secondo maggior deflusso settimanale di tutti i tempi: 1,1 miliardi di dollari) sembrano essere tornati a giudicare dalla performance della sterlina che, dai minimi toccati il giorno dell’assassinio (1,4149 dollari) ai massimi di giornata toccati ieri (oltre quota 1,47 sui massimi da sei mesi) ha guadagnato oltre il 5 per cento. Tantissimo per il mercato valutario. Si vedrà giovedì se è stata una scommessa giusta oppure no.
All’orizzonte intanto si profila un altro test elettorale, in questi giorni messo in ombra dal tema «Brexit», ma dalle implicazioni comunque rilevanti: le elezioni politiche in Spagna di domenica 26. «Con il dibattito sulla permanenza del Regno Unito nella Ue che ha già messo abbastanza in discussione il progetto dell’integrazione europea non si sente il bisogno di nuovi elementi di incertezza politica» scrive in una nota Jan von Gerich, chief strategist di Nordea, riferendosi al rischio di un’affermazione di Podemos, formazione anti-sistema guidata da Pablo Iglesias.
L’IMPATTO «Siamo pronti a seguire il voto con grande attenzione: qualunque sarà il risultato, ci saranno conseguenze economiche»