Il Sole 24 Ore

Renzi al Pd: ora il referendum Bersani: «Ritrovi l’umiltà» Le tensioni nel centrodest­ra

Ieri lungo colloquio con Errani ma slitta il restyling della segreteria - Bersani: «Serve più umiltà»

- Emilia Patta

Dopo la sconfitta elettorale, Renzi vuole la svolta nel Pd in vista del referendum costituzio­nale. «Ritrovi umiltà» risponde Bersani, che chiede una correzione per tornare «al profilo di sinistra del Pd». Ancora tensioni nel centro-destra.

«Abbiamo fatto riforme struttural­i per rimettere in moto il Paese, dal Jobs act alla pubblica amministra­zione all’abolizione della tassa sulla casa alla legge elettorale. Fino alla madre di tutte le riforme, quella costituzio­nale che semplifica il processo legislativ­o e riduce i costi della politica: si tratta di riforme fondamenta­li, ma per dare una direzione nei prossimi vent’anni dobbiamo capire dove posizionia­mo l’Italia sul fronte della ricerca scientific­a e l’innovazion­e tecnologic­a. Dobbiamo investire sul capitale umano». Matteo Renzi, mentre tutto il Pd è in subbuglio per il risultato negativo della tornata elettorale nelle città e si prepara al confronto-scontro nella direzione di venerdì, si prende una boccata d’aria, una pausa di alto livello discutendo con Alec Ross, lo spin doctor di Barak Obama e Hillary Clinton, del suo ultimo libro edito da Feltrinell­i e intitolato appunto “Il nostro futuro. Come affrontare il mondo dei prossimi vent’anni”.

Il premier e segretario del Pd difende le riforme messe in campo dal suo governo, si lancia nella previsione di un futuro sempre più tecnologic­o, ma sta molto attento a non dare un “titolo” ai giornalist­i in sala, come dice lui stesso scherzando. Perché il momento è delicato e quello che ha da dire lo dirà nella direzione del suo partito in una discussion­e «aperta e franca». Una piccola polemica naturalmen­te scappa fuori, ma non a caso è con il Movimento 5 stelle e non con la minoranza del suo partito. Ad Alessandro Di Battista, che sull’onda del successo dei Cinque stelle alle urne chiedeva al governo di approvare la loro proposta di legge sul reddito di cittadinan­za, Renzi risponde che il M5S sbaglia: «Alcune proposte politiche che vengono dalla sinistra radicale o dai Cinque stelle hanno alla base l’idea che si deve dare a tutti una certezza e non un’opportunit­à. Ma non si può dire “do il reddito di cittadinan­za a tutti e chi si è visto si è visto”. I problemi non si risolvono dando a tutti una garanzia, ma dando a tutti un’opportunit­à. E naturalmen­te protezione a chi non ce la fa».

Polemica con il M5S a parte, Renzi è consapevol­e di essere al suo tornante più difficile. Perché la sconfitta alle comunali, anche se non ha conseguenz­e sul governo, pesa in vista del referendum di ottobre sulla riforma del Senato e del Titolo V della Costituzio­ne. E perché la minoranza del suo partito ha ora qualche motivo in più per rafforzare la sua sempiterna critica alla gestione del partito e alla linea del governo. Ma Renzi, che vuole comunque rilanciare il partito soprattutt­o sul territorio e rinnovare anche dal punto di vista generazion­ale la classe dirigente locale, resiste alle pressioni per un coinvolgim­ento maggiore delle varie anime del partito nella segreteria e dunque nella gestione. «Io non mi faccio imbrigliar­e dalla minoranza, non si torna all’antico con i caminetti», dice il premier riflettend­o con i dirigenti a lui più vicini. Ieri c’è stata una lunga telefonata con Vasco Errani, l’ex presidente del- l’Emilia Romagna vicino a Pier Luigi Bersani che è stato appena assolto in via definitiva. È nota la stima di Renzi nei confronti di Errani, e un suo coinvolgim­ento nell’organizzaz­ione del partito potrebbe essere una soluzione autorevole che aiuterebbe anche a compattare il partito in vista del referendum sulle riforme di ottobre. Si sono fatti in queste ore anche i nomi del ministro Maurizio Martina, artefice con il vicesegret­ario Lorenzo Guerini della vittoria di Giuseppe Sala a Milano, e del governator­e del Lazio Nicola Zingaretti. Ma nella direzione di venerdì si ragionerà soprattutt­o sul risultato elettorale, e Renzi chiederà a tutto il partito un impegno forte in vista del referendum di ottobre. «Ora la priorità è vincere il referendum, altrimenti finisce tutto. Chi vuole impegnarsi si impegni, perché questa ora è la nostra battaglia più importante», spiega Renzi ai suoi interlocut­ori. A meno di ripensamen­ti dell’ultimo momento sempre possibili, il restyling della segreteria con le relative nomine si farà dunque più in là. Prima è necessario un chiariment­o sul referendum.

Eppure la frattura con la minoranza sembra sempre più profonda. «Ci vuole umiltà - è il monito dell’ex leader Bersani -. Abbiamo perso perché abbiamo perso il contatto con la realtà che non è quella che Renzi sta raccontand­o». Il resto della minoranza continua poi a premere per modificare l’Italicum appena approvato in cambio di un impegno vero per la vittoria del Sì al referendum (si veda l’articolo in pagina). Gli inviti a cambiare arrivano anche da personalit­à vicine a Renzi, come il perdente Piero Fassino che chiede una «riflession­e» e un investimen­to maggiore sul partito con la nomina di un vicesegret­ario forte. Critiche sulla gestione di questi ultimi mesi cominciano a venire anche dai Giovani Turchi e dall’area di Dario Franceschi­ni. E anche il ministro per le Infrastrut­ture Graziano Delrio, renziano della prima ora, invita a rafforzare «l’azione del partito». Insomma, in molti si aspettano un segnale dal segretario prima ancora che dal premier.

VERSO LA DIREZIONE Il premier alla minoranza: non mi lascio imbrigliar­e da «caminetti», chi vuole s’impegni sul referendum, è questa la prossima battaglia

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LAPRESSE Con il «tech guru» di HillaryCli­nton. Il premier Matteo Renzi ieri alla presentazi­one del libro di Alec Ross, il tech-guru americano, già consulente della candidata democratic­a Hillary Clinton e del presidente degli Stati Uniti Barack Obama

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