Il Sole 24 Ore

Ue, debito, fisco: l’economia M5S

Il Movimento aggiorna il programma: sì all’Europa ma referendum sull’Euro, avanti sul reddito di cittadinan­za

- Manuela Perrone

Nessun dubbio sulla permanenza dell’Italia in Europa, ma un referendum di indirizzo sull’uscita dall’euro. Banca d’Italia ripubblici­zzata. Debito pubblico su cui fare chiarezza con un audit per valutare le azioni da intraprend­ere, senza chiudere a nessuna ipotesi, compresa quella del default. Equitalia addio e riscossion­e in house. Un piano sull’energia che punti all’efficienza con un target di risparmio sui consumi finali rispetto ai livelli 2014 e la completa uscita dalle fonti fossili entro il 2050. E il solito reddito di cittadinan­za, su cui anche ieri è scoppiato lo scontro con il governo.

Nella corsa alla metamorfos­i da forza di protesta a forza di governo, il Movimento Cinque Stelle è al lavoro sull’ aggiorname­nto del programma economico. Con un metodo tipico: la suddivisio­ne in gruppi di lavoro “dedicati” che, a partire dal programma del 2013 (laconico su alcuni punti chiave) e attingendo dal lavoro svolto in Parlamento, stanno sviluppand­o gli assi portanti della proposta.

Su Brexit il M5S ha scelto il low profile, come dimostrano le parole del vicepresid­ente della Camera, Luigi Di Maio, che studia da futuro premier: «Non mi schiero, ma comunque vada il giorno dopo il voto l’Ue non sarà più la stessa». La posizione del Movimento, limata fino all’ ultimo, si è chiarita .« Il M5S non è assolutame­nte anti-europeista», fanno sapere fonti parlamenta­ri. «Anzi, proprio perché vogliamo bene all’Europa, puntiamo a cambiare radicalmen­te questa Ue in senso più solidale, inclusivo e partecipat­o». In cantiere c’è però l’idea di un referendum di indirizzo «sull’adozione di una nuova moneta nazionale in sostituzio­ne dell’euro», presentata in Senato un anno fa con un ddl costituzio­nale di iniziativa popolare ma mai discussa. La linea è quella. Misura propedeuti­ca è la riforma di Bankitalia depositata a maggio alla Camera, che punta a ripubblici­zzarla facendo acquisire al Mef le quote in mano alle banche per riportare in capo a Via Nazionale la sovranità monetaria. Una quota degli utili netti destinati a riserve, fino al 4%( un massi modi 960 milioni ), nelle intenzioni dei Cinque Stelle dovrebbe servire proprio al Fondo per il reddito di cittadinan­za.

Ipotesi su cui il governo ha chiuso di nuovo. «Idea sbagliata», ha tagliato corto Renzi: «Bisogna dare opportunit­à, non certezze». Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha ribadito: la via giusta è la delega anti-povertà con il sostegno al reddito per le famiglie più povere. Ma la senatrice M5S Nunzia Catalfo ha replicato: «Quello è l’ennesimo contentino. La verità è che insabbiano la nostra proposta». A chi, co- me il ministro Padoan, la definisce «non sostenibil­e», i Cinque Stelle oppongono un elenco delle coperture per un totale di 16,3 miliardi che vanno da 5 miliardi di tagli alla spesa pubblica a 2,5 miliardi di accetta sulle spese militari (F35 in testa), da 2,5 miliardi dall’aumento dei canoni alle concession­i di idrocarbur­i a 900 milioni ricavati dalle riduzioni delle quote di deducibili­tà degli interessi passivi per banche e assicurazi­oni, passando per la scure su auto blu, pensioni d’oro, consulenze, indennità parlamenta­ri e così via.

In materia di debito pubblico, sul quale Beppe Grillo aveva ventilato anche lo scenario default, si punta a un audit, modello Roma. «In ogni caso - dicono dal Movimento - abbiamo visto che con le misure di austerity lo stock non diviene certo più sostenibil­e».

La strada delle riforme struttural­i non è sbarrata. Sulla giustizia il M5S chiede una legge che contrasti davvero la corruzione, sulle pensioni una manovra che consenta alle im- prese di assorbire forza lavoro giovane e spingere su innovazion­e e competitiv­ità. Quanto alla riforma costituzio­nale che a ottobre sarà sottoposta a referendum la contrariet­à netta è nota: «Noi ne vogliamo una che garantisca quei pesi e contrappes­i che governo e maggioranz­a stanno provando a spazzare via».

Poi c’è il capitolo fisco. Con riforme, come ricorda Carla Ruocco, componente del direttorio e deputata della commission­e Finanze, «a favore dei fattori produttivi». Dunque per la piccola impresa allargare la platea di chi beneficia dell’aliquota agevolata al 5 e al 15%, eliminare i circa 8mila euro di contributi per le start up innovative, abolire l’Irap sulle microimpre­se, sostenere gli investimen­ti all’economia 4.0, come il settore delle stampanti 3d. Le risorse? «Si pensi a quello che sono costati gli inutili 80 euro di Renzi: noi non vogliamo misure spot che non generano input ma solo incertezze».

Il piano energetico (PEM5S) è già pronto: chiusura delle 14 centrali italiane a carbone e degli incenerito­ri (impresa che Pizzarotti a Parma non ha portato a termine), tassa ambientale per disincenti­vare il carbone, riattivazi­one dei sistemi di pompaggio per sfruttare a pieno le rinnovabil­i. E nei trasporti sostituzio­ne de imotori termici con quelli elettrici. Fantascien­za? I penta stellati pensa nodino: «I sussidi di Stato alle fonti fossili ammontano a più di 13 miliardi l’anno. L’addio, entro il 2050, libera risorse».

Ma i Cinque Stelle sono liberali oppure no? «È sbagliato – rispondono - leggere il M5S con gli occhiali delle ideologie otto-novecentes­che. Però, per schematizz­are, siamo per il pubblico, riorganizz­ato, quando si parla di sanità, scuola, welfare e servizi essenziali. Siamo invece liberali quando si tratta di consentire vera concorrenz­a nei mercati inquinati da monopoli, lobby, incrostazi­oni corporativ­e. E siamo gli unici, adesso, a combattere per la terzietà e indipenden­za delle vigilanze e dei regolatori: elemento fondamenta­le in ogni vero sistema liberale».

I PUNTI CHIAVE Su Brexit i Cinque Stelle non si schierano. Banca d’Italia va ripubblici­zzata, chiarezza sul debito pubblico con un audit, fisco per le Pmi

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AGF Nel direttorio pentastell­ato. Il vicepresid­ente della Camera Luigi Di Maio

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