Forse le Borse sono davvero care, se lo dice anche la Fed
Supponiamo che i britannici dicano no alla Brexit, come sommessamente stanno sperando i mercati finanziari. In questo caso sarebbe lecito aspettarsi un rialzo delle borse, specie quelle europee, qualche vendita sui Bund e sui Treasury americani , oltre a un modesto accorciamento nello spread di Btp e Bonos sul titolo tedesco. È probabile che succeda un poco di tutto questo. Ma, mentre è facile immaginare un nuovo e più pesante tracollo dei mercati se la Gran Bretagna uscisse dall’Unione europea, non dovremmo aspettarci troppa euforia nel caso opposto: probabilmente solo dei rimbalzi, per qualche giorno, capaci tutt’al più di riportare i valori dei titoli di Stato ai livelli di due mesi fa, forse d’inizio anno; e solo una modesta crescita per le azioni europee. Infine, sperare che Wall Street possa trovare lo slancio per un nuovo massimo storico, implica una buona dose di fede: perchè l’S&P non pare aver sofferto il rischio Brexit e soprattutto perchè il continuo calo degli utili aziendali non consentirebbe scatti d'entusiasmo.
Se si crede a SocGen, Brexit o non Brexit, le cose non cambierebbero molto. I mercati sono sopravvalutati, sostiene Andrew Lapthorne, capo della ricerca azionaria: dalle borse, alle prese con profitti in calo e il crescente indebitamento delle aziende; ai bond, con i rendimenti negativi e la crescita delle insolvenze. Inoltre, il listino di Londra sarebbe caro e pressoché sui massimi storici se lo si misura con il metro dell’enterprise value (Ev/Ebitda) e senza precedenti per quanto riguarda il rapporto tra prezzo e utili (oltre 21). Si sa che la banca francese è poco incline all’ottimismo e, dunque, è lecito diffidare un poco.
Ma, se a dirci che le borse sono care è invece la Fed, qualche motivo di preoccupazione dovremmo porcelo. Ieri il presidente Janet Yellen ha detto cose che si conoscevano: infatti i mercati, specie i titoli di Stato, non hanno fatto una piega. Il discorso della Yellen (si veda l’articolo in pagina) ricalca punto per punto la più ampia analisi pubblicata sempre ieri dalla banca centrale ( Monetary Policy Report). Ma non tocca due punti affrontati nel Report. Il primo riguarda l’indebitamento delle società non finanziarie che «continua ad essere elevato secondo gli standard storici, e lascia le imprese a più basso rating potenzialmente vulnerabili alle avverse situazioni» e, tra queste, il rischio Brexit. Il secondo punto interessa Wall Street che esprime valutazioni «ben sopra la media degli ultimi tre decenni» in base al rapporto tra prezzo e utili prospettici. Per quanto le valutazioni azionarie «non appaiano ricche visti i rendimenti dei Treasury», possono comunque ridimensionarsi. Il messaggio della Fed è ancor più preoccupante se si pensa che gli «utili prospettici» del 2017 non sono credibili, come non si sono rivelati attendibili quelli degli ultimi due anni. Inoltre, inquietano le valutazioni misurate sui bond poiché, se c’è una bolla speculativa, questa riguarda proprio i titoli di Stato.