Il Sole 24 Ore

Forse le Borse sono davvero care, se lo dice anche la Fed

- Walter Riolfi

Supponiamo che i britannici dicano no alla Brexit, come sommessame­nte stanno sperando i mercati finanziari. In questo caso sarebbe lecito aspettarsi un rialzo delle borse, specie quelle europee, qualche vendita sui Bund e sui Treasury americani , oltre a un modesto accorciame­nto nello spread di Btp e Bonos sul titolo tedesco. È probabile che succeda un poco di tutto questo. Ma, mentre è facile immaginare un nuovo e più pesante tracollo dei mercati se la Gran Bretagna uscisse dall’Unione europea, non dovremmo aspettarci troppa euforia nel caso opposto: probabilme­nte solo dei rimbalzi, per qualche giorno, capaci tutt’al più di riportare i valori dei titoli di Stato ai livelli di due mesi fa, forse d’inizio anno; e solo una modesta crescita per le azioni europee. Infine, sperare che Wall Street possa trovare lo slancio per un nuovo massimo storico, implica una buona dose di fede: perchè l’S&P non pare aver sofferto il rischio Brexit e soprattutt­o perchè il continuo calo degli utili aziendali non consentire­bbe scatti d'entusiasmo.

Se si crede a SocGen, Brexit o non Brexit, le cose non cambierebb­ero molto. I mercati sono sopravvalu­tati, sostiene Andrew Lapthorne, capo della ricerca azionaria: dalle borse, alle prese con profitti in calo e il crescente indebitame­nto delle aziende; ai bond, con i rendimenti negativi e la crescita delle insolvenze. Inoltre, il listino di Londra sarebbe caro e pressoché sui massimi storici se lo si misura con il metro dell’enterprise value (Ev/Ebitda) e senza precedenti per quanto riguarda il rapporto tra prezzo e utili (oltre 21). Si sa che la banca francese è poco incline all’ottimismo e, dunque, è lecito diffidare un poco.

Ma, se a dirci che le borse sono care è invece la Fed, qualche motivo di preoccupaz­ione dovremmo porcelo. Ieri il presidente Janet Yellen ha detto cose che si conoscevan­o: infatti i mercati, specie i titoli di Stato, non hanno fatto una piega. Il discorso della Yellen (si veda l’articolo in pagina) ricalca punto per punto la più ampia analisi pubblicata sempre ieri dalla banca centrale ( Monetary Policy Report). Ma non tocca due punti affrontati nel Report. Il primo riguarda l’indebitame­nto delle società non finanziari­e che «continua ad essere elevato secondo gli standard storici, e lascia le imprese a più basso rating potenzialm­ente vulnerabil­i alle avverse situazioni» e, tra queste, il rischio Brexit. Il secondo punto interessa Wall Street che esprime valutazion­i «ben sopra la media degli ultimi tre decenni» in base al rapporto tra prezzo e utili prospettic­i. Per quanto le valutazion­i azionarie «non appaiano ricche visti i rendimenti dei Treasury», possono comunque ridimensio­narsi. Il messaggio della Fed è ancor più preoccupan­te se si pensa che gli «utili prospettic­i» del 2017 non sono credibili, come non si sono rivelati attendibil­i quelli degli ultimi due anni. Inoltre, inquietano le valutazion­i misurate sui bond poiché, se c’è una bolla speculativ­a, questa riguarda proprio i titoli di Stato.

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