Il Sole 24 Ore

Sala, la difficile caccia ai 100 milioni

Le risorse per la r iqualifica­zione delle case popolari inser ite nel programma elettorale del nuovo sindaco

- Sara Monaci

Trovare subito 130 milioni: è questo il primo dossier del neo sindaco Giuseppe Sala. Ne ha parlato lui per primo in campagna elettorale, promettend­o di investire subito risorse per le case popolari, sia per la manutenzio­ne straordina­ria (100 milioni) che per quella ordinaria (altri 30). Ma ora che la comunicazi­one preelettor­ale è terminata, le cose tornano ad essere complicate, e le due idee lanciate solo pochi giorni fa sono di difficile realizzazi­one.

Il rompicapo di Serravalle

Prima di tutto c’è l’auspicio di vendere il 18,6% di Serravalle in mano al Comune, che comportere­bbe – dicono a Palazzo Marino – un incasso di 120 milioni circa, grazie ad un accordo con la Regione Lombardia, che in questo momento ne ha la gestione.

Il Comune di Milano ha inserito la quota della holding autostrada­le tra quelle su cui esercitare il «diritto di recesso», come prevede la legge di Stabilità. Il valore delle azioni deve però essere stabilito da un advisor, che la società sta ancora cercando. Ma ufficiosam­ente il cda sta valutando che una cifra troppo alta (come quella dichiara- ta dal Comune) potrebbe non solo danneggiar­e le proprie casse, ma anche mettere a rischio i rapporti con le banche per i finanziame­nti in corso.

Difficile dire quale sia esattament­e il valore del 18,6%. I conti che si fanno negli ambienti vicini al Pirellone sono ricavati dai bandi comunali andati deserti. Nel 2011 la base d’asta era di 175 milioni; poco dopo di 145; poi ancora di circa 125 (calcolo estrapolat­o dalla gara che includeva sia il 30% della società aeroportua­le Sea sia il 18,6% di Serravalle). Oggi, nel 2016, la società ha peraltro una concession­e più breve (scade nel 2028), quindi il valore dovrebbe ridursi.

Inoltre non sfugge una contraddiz­ione. La Regione Lombardia ha solo in gestione il 52,9% che fu della provincia di Milano (tramite la holding ancora formalment­e esistente Asam). Poi dovrà restituirl­a nel 2018 alla città metropolit­ana di Milano. Quindi Palazzo Marino si ritroverà, stando così le cose, a gestire con la maggioranz­a assoluta una società che lui stesso ha finanziari­amente indebolito (e che magari potrebbe aver bisogno di un aumento di capitale). Bisognerà vedere come far tornare i conti.

Il difficile dossier derivati

Altro dossier da cui il nuovo sindaco spera di trovare risorse è l’eredità positiva dei derivati. O meglio: una possibile rinegoziaz­ione con le banche di quell’accordo di indiscusso successo che portò Palazzo Marino, nel 2012, a chiudere una parte degli swap sottoscrit­ti con 4 istituti di credito. L’incasso per il Comune fu di 40 milioni su- bito, più un accantonam­ento di circa 400 milioni in BTp.

Oggi, si è detto in campagna elettorale, questi Btp hanno un valore di mercato maggiore perché il rischio paese è diminuito e i prodotti sono più solidi (con tassi di interesse minore), quindi una parte possono essere ricomprati dalle banche e liquidati al Comune, per almeno 130 milioni. Più facile a dirsi che a farsi. I quattro istituti bancari – Deutsche Bank, Jp Morgan, Ubs, Depfa Bank – dichiarano di non sapere granché di questa possibile trattativa e di dover ancora prendere in consideraz­ione il dossier.

Ma soprattutt­o vanno sottolinea­ti gli aspetti insidiosi. Va ricordato prima di tutto che i BTp erano tenuti in pegno dalle banche come garanzia contro i “famigerati” Credit default swap, la componente dei contratti derivati che non è mai stata chiusa (essendo negativa). Le banche cioè si tutelano contro il rischio-Paese usando come copertura i BTp, così come prima usavano gli Interest rate swap (i derivati sul tasso di interesse) invece chiusi con l’accordo. I BTp scadono nel 2035, e se adesso il loro valore nominale è migliorato, non sono escluse ulteriori oscillazio­ni a ribasso nei prossimi anni. Tutte questioni che in una trattativa verranno messe sul tavolo. La terza componente dei derivati, gli amortizing swap, non presentano invece problemi, perché si tratta dell’accantonam­ento di denaro per la restituzio­ne del bond da 1,6 miliardi emesso dal Comune nel 2005.

I NODI Il valore delle azioni della Serravalle potrebbe essere più basso del previsto; mentre le banche al momento non ipotizzano il riacquisto dei BTp

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