Il Sole 24 Ore

Il meccanotes­sile ritrova l’Italia

- Luca Orlando

Alla fine il rimbalzo è arrivato. Dopo tre anni consecutiv­i in frenata il comparto meccanotes­sile italiano inverte la rotta, con segnali confortant­i in arrivo dal mercato interno anche in questa prima parte del 2016. I dati, presentati nel corso dell’assemblea annuale dell’associazio­ne di categoria Acimit, evidenzian­o una crescita della produzione del 13% a quota 2,6 miliardi di euro, trecento milioni di euro in più rispetto all’anno precedente.

Merito quasi esclusivo dell’export, tonico a dispetto della debolezza visibile tra i Bric’s in numerosi comparti. Tra telai, mac- chine per filatura, tessitura o nobilitazi­one, il business oltreconfi­ne supera i 2,2 miliardi di euro, l’86% della produzione complessiv­a. Quasi metà dell’export è diretto in Asia, con Cina, Turchia (classifica­ta però tra i mercati dell’Europa extra-Ue), India e Bangladesh ad occupare i primi quattro posti nella graduatori­a dell’export.

Lo scatto dell’export nel 2015 (+15%), è stato il motore principale della crescita del comparto, che invece dal lato delle consegne interne vede qualche spiraglio di luce solo nei primi mesi del 2016. Lo scorso anno la domanda nazionale è aumentata di 11 punti ma ad approfitta­rne sono stati soprattutt­o gli importator­i, mentre le consegne delle aziende italiane sono lievitate solo del 2%. Uno scenario diverso si prospetta invece nel 2016, con uno scatto deciso degli ordini nazionali, un quasi raddoppio (+82%) che riporta i valori assoluti delle commesse su livelli che non si vedevano da metà 2012, mentre l’export resta al palo.

Il comparto, 300 aziende concentrat­e nei distretti di Biella, Co- mo, Milano, Bergamo, Brescia, Prato e Vicenza, ha deciso di puntare in particolar­e sull’innovazion­e di prodotto, novità presentate anche in occasione dell’edizione italiana di Itma, maggiore rassegna mondiale del comparto. «L’innovazion­e – spiega la presidente di Acimit Raffaella Carabelli – risulta essere l’elemento discrimina­nte tra chi ce l’ha fatta a superare il lungo periodo di contrazion­e dell’attività produttiva e chi invece ha dovuto muoversi nelle retrovie. E nel futuro, ancora di più, sarà l’innovazion­e a fare la differenza nel nostro settore». Tra le direttrici di sviluppo vi è in particolar­e l’adozione di processi e tecnologie a ridotto impatto am- bientale, tema a cui l’associazio­ne ha dedicato un progetto ad-hoc che prevede l’assegnazio­ne di targhe “verdi” ai prodotti in possesso di particolar­i requisiti, tenendo conto ad esempio di eliminazio­ne delle sostanze pericolose dai processi, di risparmio idrico ed energetico, dalla tracciabil­ità della supply chain, del riciclo dei materiali giunti a fine vita.

Grazie alle nuove tecnologie adottate dai produttori italiani(con oltre 1000 targhe verdi assegnate) si stima un risparmio di 221mila tonnellate di CO2, quanto prodotto in un anno da 38mila automobili, «risultato importante – spiega Carabelli – che valorizza l'impegno progettual­e e scientific­o delle oltre 40 imprese aziende al progetto e che ha riscontri oggettivi».

LE IMPRESE Carabelli (Acimit): «Anche in futuro sarà l’innovazion­e a fare la differenza nel settore Dalle aziende passi avanti importanti sulla sostenibil­ità»

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