Una filiera integra da prendere a modello
Prendere esempio dal tessile-moda: lo dicono i fatti, non le opinioni. Occorre farlo non solo perché si tratta del secondo settore industriale italiano, come ha ricordato ieri Ivan Scalfarotto, e non solo perché si tratta di un settore fortemente internazionalizzato: nel 2015 l’export sul fatturato ha raggiunto il 55,5%, in crescita di sei punti percentuali rispetto al 2010. Il tessile-moda è un modello anche perché è tra i comparti che nei prossimi anni potrà creare più occupazione, nonostante sia stato più volte e frettolosamente definito maturo, in senso negativo.
Le stime di Euratex, la federazione europea di settore, ricordate, sempre ieri, da Giovanni Minoli, parlano di 600mila nuovi posti di lavoro entro il 2020. Ma non basta ancora: il settore e la sua federazione, Sistema moda Italia (Smi), interpretano già alcune delle linee guida che la Confindustria vorrebbe portare in tutti i comparti. Le medie nazionali non hanno più senso – ha ribadito ieri il presidente Vincenzo Boccia –. Le imprese sotto la media devono essere stimolate a elevare i propri standard, dimensionali e culturali; le imprese sopra la media devono essere il motore, o almeno lo stimolo, di questo cambiamento. E torniamo all’esempio che può dare il tessile-moda, che sta facendo esattamente questo, con accordidi filiera che responsabilizzano le aziende più grandi, quasi sempre quelle a valle (cioè i marchi della moda, che hanno da sempre i margini più alti), verso quelle più piccole e/o a monte della catena produttiva, come la filatura e la tessitura. Poi c’è un altro tema strategico per il futuro dell’industria e quindi dell’economia italiana: le relazioni con i sindacati. Su questo fronte Sistema moda Italia è impegnato da mesi nella negoziazione di un contratto nazionale che tenga conto delle difficoltà di molte imprese e che – ci si augura – apra una nuova era nella collaborazione tra aziende e lavoratori dipendenti, dove ognuno si assume delle responsabilità, cercando di andare oltre gli interessi di una categoria e dando priorità a quelli del sistema. Pensando non solo al proprio presente e futuro, ma a quello delle generazioni più giovani.
C’è infine un ultimo tema sul quale il tessile-moda è all’avanguardia: il rapporto con le banche. Esempio più importante è l’accordo a livello nazionale di Smi con Unicredit (ma ce ne sono altri a livello regionale con istituti, come quello con Bnl -Bnp Paribas in Veneto) per il reverse factoring, in cui le aziende più grandi garantiscono per quelle più piccole. Perché una filiera, qualsiasi filiera, si salva solo in un’ottica di “sana solidarietà” e responsabilizzazione diffusa. E lo stesso vale per il nostro Paese.