Il Sole 24 Ore

È ora di ripensare gli Accordi di Minsk

- Di Antonella Scott

Dmitrij Medvedev, il premier russo, si era già portato avanti in maggio, prolungand­o l’embargo russo sui generi alimentari americani ed europei fino a fine 2017: «Un’ottima notizia per gli agricoltor­i nazionali», aveva commentato il ministro dell’Agricoltur­a Aleksandr Tkachev, pensando al piano di importozam­eshchenie, la sostituzio­ne dei prodotti stranieri a vantaggio di quelli locali.

È possibile che per guadagnare in competitiv­ità sulla concorrenz­a, i contadini russi non abbiano molto tempo. Se nessuno metteva in dubbio il rilancio delle sanzioni europee verso Mosca, fino al gennaio 2017, è opinione comune che il rinnovo possa essere l’ultimo, e che per la Ue sia ora di affrontare una discussion­e approfondi­ta sui propri rapporti nei confronti della Russia. Sono diversi i Paesi che a voce più o meno alta ritengono che la stagione delle sanzioni debba finire. Né Matteo Renzi, settimana scorsa, è stato il solo a incontrare Vladimir Putin al Forum economico di San Pietroburg­o. Un giorno prima di lui - visita impensabil­e fino a qualche mese fa - c’era Jean-Claude Juncker, presidente della Commission­e Ue.

Il problema è che l’aspettativ­a di una svolta non trova riscontro nell’attuazione degli Accordi di Minsk, dai quali dipende la pacificazi­one dell’Ucraina orientale e il rasserenam­ento con Mosca. Di cosa può discutere la Ue se l’impasse non si sblocca? Ieri Dmitrij Peskov, portavoce di Putin, ha definito «illogico» il collegamen­to tra le sanzioni e l’attuazione delle intese, dal momento che la loro realizzazi­one è (anche) responsabi­lità dell’Ucraina. «Non è noi che dovete convincere - aveva detto Putin in conferenza stampa insieme a Renzi -, ma i nostri partner a Kiev, perché rispettino gli impegni assunti con gli Accordi di Minsk». Il presidente russo li ha elencati: riforma della Costituzio­ne, adozione di una legge di amnistia, approvazio­ne di uno status particolar­e per il Donbass in Ucraina. «Non posso firmarla io, questa legge», ironizzava Putin.

Non è un mistero che il presidente ucraino Petro Poroshenko sia in difficoltà nell’ottenere dai nazionalis­ti in Parlamento di Kiev le concession­i alla Russia previste dalle intese. Ma anche la parte richiesta a Mosca è tutta da verifica- re: i russi sono pronti a restituire agli ucraini il controllo del confine? Sono davvero cessate le forniture di armi ai separatist­i, in questa tregua ripetutame­nte violata?

Mentre passa il tempo, e la vita di Donetsk e Luhansk governate dai separatist­i filo-russi si distacca sempre di più dall’Ucraina, la realtà va oltre gli Accordi di Minsk. «La loro piena attuazione è condizione impossibil­e da realizzare - diceva nei giorni scorsi, in un’intervista all’agenzia Agi, il politologo russo Fjodor Lukjanov -. Per uscire dallo stallo, deve cambiare il contesto attorno al conflitto».

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