È ora di ripensare gli Accordi di Minsk
Dmitrij Medvedev, il premier russo, si era già portato avanti in maggio, prolungando l’embargo russo sui generi alimentari americani ed europei fino a fine 2017: «Un’ottima notizia per gli agricoltori nazionali», aveva commentato il ministro dell’Agricoltura Aleksandr Tkachev, pensando al piano di importozameshchenie, la sostituzione dei prodotti stranieri a vantaggio di quelli locali.
È possibile che per guadagnare in competitività sulla concorrenza, i contadini russi non abbiano molto tempo. Se nessuno metteva in dubbio il rilancio delle sanzioni europee verso Mosca, fino al gennaio 2017, è opinione comune che il rinnovo possa essere l’ultimo, e che per la Ue sia ora di affrontare una discussione approfondita sui propri rapporti nei confronti della Russia. Sono diversi i Paesi che a voce più o meno alta ritengono che la stagione delle sanzioni debba finire. Né Matteo Renzi, settimana scorsa, è stato il solo a incontrare Vladimir Putin al Forum economico di San Pietroburgo. Un giorno prima di lui - visita impensabile fino a qualche mese fa - c’era Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue.
Il problema è che l’aspettativa di una svolta non trova riscontro nell’attuazione degli Accordi di Minsk, dai quali dipende la pacificazione dell’Ucraina orientale e il rasserenamento con Mosca. Di cosa può discutere la Ue se l’impasse non si sblocca? Ieri Dmitrij Peskov, portavoce di Putin, ha definito «illogico» il collegamento tra le sanzioni e l’attuazione delle intese, dal momento che la loro realizzazione è (anche) responsabilità dell’Ucraina. «Non è noi che dovete convincere - aveva detto Putin in conferenza stampa insieme a Renzi -, ma i nostri partner a Kiev, perché rispettino gli impegni assunti con gli Accordi di Minsk». Il presidente russo li ha elencati: riforma della Costituzione, adozione di una legge di amnistia, approvazione di uno status particolare per il Donbass in Ucraina. «Non posso firmarla io, questa legge», ironizzava Putin.
Non è un mistero che il presidente ucraino Petro Poroshenko sia in difficoltà nell’ottenere dai nazionalisti in Parlamento di Kiev le concessioni alla Russia previste dalle intese. Ma anche la parte richiesta a Mosca è tutta da verifica- re: i russi sono pronti a restituire agli ucraini il controllo del confine? Sono davvero cessate le forniture di armi ai separatisti, in questa tregua ripetutamente violata?
Mentre passa il tempo, e la vita di Donetsk e Luhansk governate dai separatisti filo-russi si distacca sempre di più dall’Ucraina, la realtà va oltre gli Accordi di Minsk. «La loro piena attuazione è condizione impossibile da realizzare - diceva nei giorni scorsi, in un’intervista all’agenzia Agi, il politologo russo Fjodor Lukjanov -. Per uscire dallo stallo, deve cambiare il contesto attorno al conflitto».