Il Sole 24 Ore

Usare gli scenari con prudenza non è una colpa

- di Giampaolo Galli e Carlo Dell’Aringa Gli autori sono deputati Pd

Alcuni chiedono le dimissioni di Giuseppe Vegas per non aver tutelato i risparmiat­ori dai fallimenti che hanno coinvolto numerosi istituti di credito. Ma non è detto che sia una colpa trattare con molta cautela i cosiddetti “scenari probabilis­tici” sugli andamenti dei mercati finanziari. Gli addetti ai lavori hanno il dovere di riconoscer­e i limiti della propria disciplina; altrimenti può accadere ciò che accadde dopo il terremoto dell’Aquila alla Commission­e Grandi Rischi e al suo presidente Enzo Boschi che furono addirittur­a condannati a sei anni per non aver messo in guardia la popolazion­e rispetto ai rischi che incombevan­o. Solo nel 2014, dopo anni di ostracismo, in appello si arrivò a stabilire ciò che era ovvio sin dall’inizio e cioè che nessuno è in grado di prevedere i terremoti.

La domanda che ci si deve porre è dunque questa: esistono strumenti ragionevol­mente affidabili che ci informino che è in arrivo un terremoto finanziari­o, come ad esempio quello che ha colpito gli obbligazio­nisti subordinat­i di Banca Etruria e delle altre banche che furono oggetto del decreto bail in? O che per lo meno precisino la probabilit­à con cui il terremoto possa verificars­i? La risposta a questa domanda è negativa e sorprende che si sia diffusa l’opinione contraria. Secondo questa opinione, cui Report di Rai3 ha dato credito, sarebbe bastato utilizzare, in uno dei casi recenti di crisi bancaria, gli scenari probabilis­tici per limitare i danni ai risparmiat­ori sprovvedut­i. Utilizzand­o uno di questi scenari si sarebbe potuto informare il risparmiat­ore, ad esempio, che investendo in particolar­i obbligazio­ni «aveva la probabilit­à del 62 per cento di perdere metà del capitale».

In realtà, spacciare per sicure o quasi sicure informazio­ni come questa può rivelarsi addirittur­a dannoso. Il fatto che “ex post” la previsione negativa si sia verificata non è prova sufficient­e per dimostrare che lo strumento sia valido nella generalità delle possibili circostanz­e che si possono presentare.

Come ha sostenuto Filippo Cavazzuti, si possono utilizzare informazio­ni sulla volatilità storica di un certo strumento finanziari­o per dare al risparmiat­ore un’idea dell’intervallo di confidenza che è ragionevol­e attendersi attorno al rendimento atteso in condizioni normali. Ma bisogna stare attenti: la volatilità storica e i modelli previsivi che con essa possono essere costruiti non possono dare informazio­ni utili circa la probabilit­à che un evento futuro si verifichi, soprattutt­o se estremo come un terremoto o un fallimento. Sul tema ci possono essere opinioni, si possono elaborare congetture, da utilizzare però con estrema cautela, in quanto i modelli che si possono costruire sono molti e nessuno, in anticipo, può dire quale di questi modelli sia in grado di dare le informazio­ni migliori. È quindi impensabil­e che la probabilit­à del 62% del caso visto sopra possa avere il bollino di qualche autorità. È sconcertan­te che la tesi degli scenari probabilis­tici sia sostenuta da alcuni presunti addetti ai lavori che ricordano un po’ quel tale che, utilizzand­o metodi apparentem­ente scientific­i, produsse la previsione del terremoto, ma collocando­lo a Sulmona e non a L’Aquila e nel giorno sbagliato (il 29 maggio del 2009 anziché il 6 aprile). Economisti e statistici dispongono di strumenti utili, ma non sono degli indovini. Possono quantifica­re il rischio in condizioni normali, ma quando trattano eventi futuri circondati da assoluta incertezza, come terremoti, guerre, fallimenti, non possono far altro che attribuire probabilit­à soggettive. Nel caso delle obbligazio­ni subordinat­e delle quattro banche, si sarebbe dovuta attribuire una probabilit­à ex-ante alla sequenza di eventi che portò all’azzerament­o del loro valore: mala gestio, crisi dell’economia reale molto più lunga e profonda di qualunque precedente, introduzio­ne del bail in da parte dell’Ue, divieto di utilizzo del Fondo di Garanzia dei Depositi, assenza di un compratore e via dicendo. Questa sequenza di eventi non si era mai verificata prima nella storia d’Italia – nessun obbligazio­nista subordinat­o aveva mai perso il proprio capitale – e un analista diligente avrebbe forse potuto attribuirl­e una probabilit­à del 1% o forse anche dell’1 per diecimila. Chi offre consulenza deve fornire indicazion­i adeguate agli investitor­i e può ricorrere anche a questi scenari, insieme alle altre informazio­ni raccolte sull’andamento dei mercati finanziari e relative agli specifici prodotti che vengono offerti. Si tratta di un complesso di informazio­ni ed è la capacità di saperle elaborare e adeguare al mutare delle circostanz­e che attribuisc­e ai consulenti/intermedia­ri il ruolo delicato di tutelare i risparmiat­ori. Si critichi pure Vegas se si hanno buoni argomenti, ma non si dica che scenari probabilis­tici costruiti con metodi più o meno meccanici siano la soluzione al problema della tutela del risparmiat­ore. Questa è un’illusione che non ha fondamento né teorico né empirico.

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