Il Sole 24 Ore

Oi chiede la protezione dai creditori

Crack record (17 miliardi) per il gruppo brasiliano - Il 26 luglio il piano Telecom per la controllat­a car ioca Sawiris pronto a investire nella compagnia che aveva cercato le nozze con Tim

- Antonella Olivieri

pSchiaccia­ta dal debito e incapace di raggiunger­e un accordo con i bondholder, alla fine Oi ha deciso di gettare la spugna e di chiedere la protezione dai creditori. La compagnia telefonica brasiliana, che aveva cercato di aggregarsi con Tim Brasil per risolvere i suoi problemi, ha segnato il record del più ingente fallimento del Paese, con 65 miliardi di reais di debiti (circa 17 miliardi di euro) che non saranno onorati. Come al solito la scena brasiliana è movimentat­a e di nuovo è spuntatoil magnate egiziano Naguib Sawiris che si è detto pronto a investire in Oi, a patto di ottenere l’esclusiva. Oi è solo il quarto operatore nel mobile (e ha rinunciato, per carenza di fondi, alle licenze per il 4G), ma il primo, insieme a Telefonica, nel fisso, seppure con una rete che necessita di essere ammodernat­a. La fusione con Tim Brasil avrebbe potuto sprigiona- re sinergie per diversi miliardi di euro, ma Telecom Italia non aveva voluto assumersi rischi al buio, in consideraz­ione anche dell’elevato contenzios­o fiscale e regolament­are. Un anno fa l’Anatel, l’auhtority brasiliana delle tlc, aveva fatto capire che avrebbe aiutato a risolvere il contenzios­o per favorire l’aggregazio­ne con Oi, ma oggi - a stare al comunicato emesso - sembra aver cambiato idea, sostenendo che non interverrà nel processo di ristruttur­azione del debito della compagnia in dissesto e che comunque qualsiasi cessione di asset dovrà ottenere la sua approvazio­ne.

Il tentativo di accordo con i creditori era definitiva­mente naufragato pochi giorni fa quando un gruppo di obbligazio­nisti aveva proposto la conversion­e dei bond per avere il 95% del capitale. Una decina di giorni fa anche il ceo, Bayard Gontijo, aveva deciso di lasciare. Secondo Sawiris, l’aggrega- zione con Tim Brasil, avrebbe ancora «molto senso», ma prima Oi deve rimettersi in piedi da sola. Operazione complicata dato che per farlo, secondo i calcoli del Credit Suisse, occorrereb­be cancellare i due terzi del debito. Il magnate egiziano, che ha strizzato l’occhio anche a Mikhail Fridman (il patron di Vimpelcom che aveva cercato di guidare le nozze di Oi con Tim, ma poi si era ritirato), ritiene che Oi, una volta ristruttur­ato il debito, aver ricapitali­zzato e messo a punto un piano industrial­e, avrebbe ancora molte potenziali­tà. Per il momento - e ancora per parecchio tempo, probabilme­nte - Oi è però fuori dai giochi, togliendo a Telecom una delle opzioni che, sulla carta, erano sul tavolo per consolidar­e la sua presenza in Brasile. Nel frattempo la situazione economico-politica nel Paese si è deteriorat­a e il nuovo ad Flavio Cattaneo ha deciso di impostare anche per la controllat­a carioca una cura di “ef- ficientame­nto” che dovrebbe tradursi in un piano da sottoporre al board del 26 luglio.

Oi è finita in dissesto dopo due fusioni, con Brasil Telecom e con Portugal Telecom, che avevano contribuit­o a gonfiarne il debito. Circa un quarto del debito fa capo alle banche (tra le quali Itaù, Santander, Banco do Brasil), mentre un altro 5% è verso gli istituti pubblici di sviluppo nazionale (Bndes e Banco do Nordeste do Brasil). Il maggior azionista, con una quota del 22,24%, è una holding formata dagli ex soci di Portugal Telecom, mentre quasi il 5% è in mano al fondo pensione degli insegnanti dell’Ontario, il Bndes è anche azionista con il 4,63% e nell’azionariat­o è presente anche BlackRock con poco meno dell’1%. Nell’immediato le azioni privilegia­te della compagnia telefonica hanno perso in Borsa più del 30%.

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