Il Sole 24 Ore

Società di comodo, cartella dall’ufficio senza automatism­i

- Laura Ambrosi

È illegittim­a la cartella fondata esclusivam­ente sui risultati del test di operativit­à delle società di comodo: è l’amministra­zione che deve provare la fondatezza delle pretesa e l’applicabil­ità della disciplina. A fornire questo chiariment­o è la Corte di cassazione con la sentenza 12777.

Il caso

L’agenzia delle Entrate aveva notificato a una società una cartella di pagamento emessa a seguito di un controllo automatizz­ato della dichiarazi­one presentata . In particolar­e, erano state liquidate le imposte conseguent­i all’applicazio­ne dei “parametri” previsti per le società non operative (test di operativit­à). La cartella di pagamento notificata dall’agenzia delle Entrate si limitava, così, a liquidare le maggiori imposte determinat­e sul reddito minimo calcolato secondo tali criteri.

Il ricorso

Il provvedime­nto era stato impugnato dalla contribuen­te che lamentava l’errata procedura seguita dall’ufficio per l’accertamen­to del maggior reddito e, in ogni caso, che la società non aveva conseguito il reddito minimo previsto dal test di operativit­à per lo stato di crisi del periodo.

Entrambi i giudici di merito avevano annullato la pretesa e in particolar­e il collegio di appello aveva precisato che per le società considerat­e non operative il reddito può essere determinat­o induttivam­ente, ma non attraverso la liquidazio­ne automatica della dichiarazi­one, bensì con un avviso di accer- tamento previa instaurazi­one di un contraddit­torio. Inoltre, lo stato di crisi dell’impresa escludeva che la stessa potesse rientrare nella disciplina della società di comodo, poiché era evidente la temporanea incapacità di svolgere la propria attività caratteris­tica.

La Cassazione

L’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione evidenzian­do che il contraddit­torio preventivo era necessario solo nell’ipotesi di accertamen­to e non per il caso di liquidazio­ne automatica. La norma, peraltro – secondo l’ufficio – non escludeva la possibilit­à di iscrivere direttamen­te a ruolo l’imposta dovuta dalle società di comodo, con la conseguenz­a che la pretesa era legittima. La Suprema corte, confermand­o la pronuncia di merito, ha rilevato che va verificato il fondamento sostanzial­e della pretesa impositiva a prescinder­e che l’ufficio abbia iscritto direttamen­te a ruolo.

Secondo i giudici di legittimit­à è irrilevant­e che la liquidazio­ne automatica fosse conseguita dai dati dichiarati dalla stessa società contribuen­te, poiché occorre riscontrar­e l’applicabil­ità della disciplina sulle società non operative e della conseguent­e presunzion­e di reddito imponibile minimo.

La cartella di pagamento rappresent­ava il primo atto impositivo impugnabil­e con cui la pretesa fiscale è stata esercitata. L’amministra­zione era così gravata dell’onere di provare la sussistenz­a dei relativi presuppost­i e nella specie, così come ritenuto dal giudice di merito, tale onere non era stato assolto.

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