Il Sole 24 Ore

Conciliazi­one esecutiva, l’importo diventa deducibile

Il contenzios­o con i dipendenti

- Alessio Vagnarelli Stefano Zambelli

pI l costo sostenuto dall’azienda per una transazion­e con un dipendente definita in sede giudiziale può essere dedotto dal reddito d’impresa nel periodo d’imposta in cui il verbale di conciliazi­one è reso esecutivo. Inoltre, il contribuen­te non è mai libero di scegliere arbitraria­mente l’es ercizio di imputazion­e dei costi, dovendo operare la deduzione nel periodo di competenza. Sono questi i principi di diritto che la Corte di cassazione, quinta sezione civile, ha confermato con la sentenza 11728/2016.

Per quanto riguarda il primo profilo, secondo i giudici di legittimit­à, «in tema d’imposte sui redditi e con riguardo alla determinaz­ione del reddito d’impresa, la somma dovuta dal datore di lavoro al lavoratore a seguito di controvers­ie di lavoro, conclusasi con verbale di conciliazi­one dinanzi al giudice del lavoro, va dedotta dal reddito imponibile nell’anno d’imposta in cui il giudice ha conferito al predetto verbale valore esecutivo, in quanto, solo dopo che il verbale è stato dichiarato esecutivo, lo stesso non è più modificabi­le e, quindi, gli eventuali oneri che ne derivano per una delle parti assumono il carattere della certezza, che è una delle condizioni della deducibili­tà fiscale».

La pronuncia i ndividua nell’esecutivit­à del verbale di conciliazi­one il momento in cui il costo può essere considerat­o certo e quindi deducibile.

A tal riguardo si osserva che l’articolo 185, ultimo comma, del codice di procedura civile prevede che, in sede giudiziale, il processo verbale di conciliazi­one costituisc­e di per sé titolo esecutivo così come, in materia di mediazione, l’articolo 12 del Dlgs 28/2010 conferisce esecutivit­à all’accordo sottoscrit­to dalle parti e dagli avvocati.

La sostanzial­e coincidenz­a del perfeziona­mento del verbale di conciliazi­one e della sua efficacia esecutiva non pone, quindi, dubbi in tema di deducibili­tà fiscale.

Diversamen­te, qualora l’effetto esecutivo dovesse sopraggiun­gere alla sua efficacia giuridica, si potrebbe disquisire se, ai fini dell’imputazion­e temporale del costo, sia necessario attenderne l’esecutivit­à ovvero, come si ritiene preferibil­e, sia sufficient­e a conferire certezza alla componente di costo la definitivi­tà dell’atto stesso.

La Corte ha inoltre avuto modo di approfondi­re, sempre nella sentenza 11728/2016, l’aspetto legato all’accertamen­to dei costi dedotti i n violazione del principio di competenza cassando, senza rinvio, la sentenza della Commission­e tributaria regionale, nel- la parte i n cui affermava che l’imputazion­e di un costo non di competenza potesse generare unicamente l’applicazio­ne di sanzioni e interessi senza comportare, tuttavia, il recupero della minor i mposta versata per effetto della deduzione non spettante.

Seguendo un orientamen­to ormai consolidat­o (fra tutte Cassazione 6331/2008), i giudici hanno invece ribadito il principio secondo cui il contribuen­te non è libero di scegliere arbitraria­mente l’esercizio di imputazion­e dei costi, dovendo necessaria­mente operare la deduzione nel periodo di competenza, con obbligo di corrispond­ere al fisco, non solo le sanzioni e gli i nteressi, ma anche la maggiore imposta dovuta.

La maggiore imposta assolta nel (corretto) periodo di competenza potrà, quin-

NIENTE SCELTA Il datore di lavoro non può scegliere l’esercizio di imputazion­e dei costi: si deve fare riferiment­o al periodo di competenza

di, essere recuperata - ove i termini per rettificar­e l’originaria dichiarazi­one o per la presentazi­one dell’istanza in base all’articolo 38 del Dpr 602/1973 siano decorsi - richiedend­one la restituzio­ne, «proponibil­e, nei limiti ordinari della prescrizio­ne ex art. 2935 c.c., a far data dal formarsi del giudicato sulla legittimit­à del recupero dei costi in relazione alla annualità non di competenza». Quest’ultimo passaggio non appare invero chiarissim­o quanto al termine entro cui è azionabile il diritto alla restituzio­ne.

Per completezz­a, occorre ricordare che, al di fuori del contenzios­o tributario, la circolare 31/E/2012 dell’agenzia delle Entrate ha ammesso la possibilit­à, in sede di accertamen­to con adesione, di richiedere la compensazi­one tra l’imposta oggetto di contestazi­one per carenza del requisito di competenza e l’imposta rimborsabi­le che emergerebb­e dalla corretta imputazion­e del componente di reddito, con conseguent­e correspons­ione da parte del contribuen­te, a parità di imposte nei diversi periodi, dei soli interessi e sanzioni.

Si richiama, infine, quanto chiarito dalla circolare 31/ E/2013 delle Entrate, la quale consente, in ipotesi di correzione spontanea degli errori contabili sulla competenza da parte dei contribuen­ti, di attivare una procedura di compensazi­one tra la maggiore e la minore imposta di due diversi esercizi, a condizione che siano comunque corrispost­i i relativi interessi e sanzioni.

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