Somme dall’estero escluse con limiti
La non imponibilità scatta solo se la partecipazione Ue supera il 10 per cento
Poiché nel nuovo articolo 89, comma 3-bis, viene usato il termine “anche” si deve pensare che sia stata introdotta una modifica in senso estensivo e che quindi non solo sia chiarito che l’esclusione è limitata alla quota di utile non dedotta dall’emittente, ma anche che sia risolta – in favore dei contribuenti – un’ulteriore asimmetria presente nella previgente versione del Tu. Infatti, l’articolo 44, comma 2, lettera a) del Testo unico assimila gli strumenti finanziari partecipativi alle azioni (attribuendo loro il beneficio della parziale non imponibilità in capo ai beneficiari) solo se la relativa remunerazione è «integralmente» costituita da una partecipazione agli utili, mentre l’articolo 109, comma 9, lettera a) consente all’emittente di dedurre dal proprio reddito imponibile solo la parte di remunerazione che non costituisce partecipazione agli utili. Quindi se lo strumento finanziario eroga un provento costituito in parte da interessi e in parte da utili, l’intero provento è integralmente tassabile per l’investitore, mentre per l’emittente sono deducibili solo gli interessi. Pare che un effetto della nuova norma sia anche di annullare, almeno nel caso in cui l’investitore si una società di capitali o un ente commerciale, questa asimmetria e quindi di far si che, in un caso come quello descritto, l’emittente deduca la parte di provento corrispondente agli interessi e il beneficiario esenti al 95% solo la parte di provento corrispondente agli utili, come del resto, è corretto che sia. È auspicabile che la questione sia chiarita ufficialmente.
Il comma 3-ter applica l o stessa regola di cui sopra anche quando gli utili derivano da partecipazioni societarie e strumenti finanziari partecipativi di emittenti non residenti , ma, in questo caso, solo se la società ha le caratteristiche per essere considerata una “figlia comunitaria”. Per i contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale l’ultimo periodo dell’articolo 89, comma 3 è già sufficiente a limitare l’esenzione alla parte di provento non deducibile dal reddito della società estera. Il comma 3-ter pare assurdamente limitativo. Sembrerebbe che i proventi degli strumenti finanziari partecipa- tivi corrisposti da una società estera anche Ue siano divenuti tassabili integralmente in capo alla beneficiaria residente se la società emittente non ha i requisiti per essere considerata “società figlia” (ad esempio se la partecipazione detenuta direttamente è inferiore al 10%). La lettura più corretta è quindi che si sia inteso far si che solo per gli utili corrisposti da società figlie Ue il regime di non imponibilità sia circoscritto agli utili che non sono ammessi in deduzione nello Stato estero.
Infine viene modificato l’articolo 27-bis comma 1-bis del Dpr 600/73 che l’esenzione da ritenuta sui proventi corrisposti da “società figlie” italiane a “società madri” Ue si applica altresì agli utili relativi a partecipazioni societarie e strumenti finanziari partecipativi limitatamente alla quota non deducibile nella de- terminazione del reddito della società erogante. In passato l’esenzione operava a prescindere dalla circostanza che i proventi fossero o meno deducibili dal reddito dell’emittente italiano, ma non si generavano salti d’imposta perché tali utili non erano e non sono deducibili dal reddito dell’emittente. La nuova norma, però ha l’effetto di non consentire l’esenzione (prima ammessa a partire dal Dlgs 49/2007) nel caso di corresponsione di proventi derivanti da contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale, di opere o servizi o senza apporto (cointeressenza propria). Continua ad applicarsi la ritenuta dell’1,375% di cui all’articolo 27, comma 3 bis sugli utili da strumenti finanziari partecipativi la cui remunerazione sia totalmente costituita da una partecipazione agli utili e su quelli degli strumenti finanziari partecipativi con apporto di capitale.