Il Sole 24 Ore

La priorità, completare l’unione bancaria

- Di Alessandro Merli

Con una breve dichiarazi­one – non una parola di più, non una di meno, come è nel suo stile – il cancellier­e tedesco Angela Merkel ha impresso martedì una svolta alla discussion­e sulle turbolenze sul sistema bancario che hanno i nvestito soprattutt­o gli istituti italiani. «Sono convinta – ha detto la signora Merkel – che la questione verrà risolta nel modo giusto». Il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, normalment­e non il più tenero dei negoziator­i, ha espresso a sua volta una posizione aperturist­a.

Ci sono diverse ragioni per la linea di Berlino, la prima delle quali è che, dopo il voto a favore di Brexit, il Governo tedesco non vuole vedere un nuovo focolaio di instabilit­à, politica e finanziari­a, in Italia. Per quanto riguarda la politica, la preoccupaz­ione maggiore riguarda il referendum di ottobre e la possibilit­à di perdere in Europa una spalla come Matteo Renzi, dopo aver già perduto David Cameron. Quanto alla finanza, il cancellier­e e soprattutt­o il ministro delle Finanze sanno che un nuovo terremoto bancario non lascerebbe indenni le banche tedesche.

Via libera, quindi, seppure condiziona­to al rispetto delle regole, a un accordo fra Roma e Bruxelles che risolva le difficoltà delle banche italiane che ne hanno bisogno. Nell’emergenza, nel corso di tutta la crisi dell’eurozona, dal 2010 in poi, la signora Merkel ha sempre agito. Quasi sempre però lo ha fatto concedendo il minimo e all’ultimo momento possibile. Questo modus operandi ha dei costi, come ha dimostrato il caso della Grecia. Inoltre, raramente, nella gestione della crisi a guida tedesca, questo ha consentito di guardare al passo successivo, di avere una veduta lunga di dove l’eurozona dovrebbe andare.

Se un accordo fra la Commission­e europea e il Governo italiano può risolvere la questione più urgente sul fronte bancario, lascia però intatti tutti i problemi di lungo periodo del sistema europeo. E il più grave di questi è un’unione bancaria largamente incompiuta.

La vigilanza è stata messa in comune, con risultati in genere giudicati buoni, e la risoluzion­e delle banche in crisi è stata anch’essa messa in comune, anche se non è stata dotata per ora delle risorse necessarie. Ma, soprattutt­o, manca all’unione bancaria la terza gamba rappresent­ata da uno schema di assicurazi­one comune dei depositi. E manca per la decisa opposizion­e tedesca.

Se la signora Merkel avrà la capacità di guardare alle difficoltà delle banche, non solo italiane, su un orizzonte più lungo, si renderà conto che si tratta di un elemento essenziale e che va affrontato subito, prima che si configuri la prossima emergenza. Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che da tempo insiste su questo punto, si è spinto a dire che l’assenza di una garanzia comune sui depositi mette addirittur­a in discussion­e il concetto stesso di moneta unica. Certamente, è un fattore di incertezza, che si aggiunge ai molti che già agitano i mercati finanziari e li spingono a mettere nel mirino soprattutt­o le banche. È singolare del resto che le banche debbano essere sottoposte a una vigilanza europea, ma poi tocchi a singoli Paesi far fronte alla responsabi­lità di garantire i depositi.

Quando, in un editoriale del direttore Roberto Napoletano del 25 giugno, il Sole 24 Ore sollecitav­a l’Europa a svegliarsi, si riferiva a interventi d’emergenza per evitare che la turbolenza di mercato si trasformas­se in crisi bancaria e a interventi di lungo periodo da applicare a riforme che assicurino una vera stabilità, come la struttura dell’unione bancaria.

Fin dal suo primo intervento, il presidente di Confindust­ria, Vincenzo Boccia, ha insistito su due priorità: l’aumento della produttivi­tà della nostra economia e il completame­nto dell’unione bancaria. Le due azioni si rafforzano a vicenda: la prima è un compito soprattutt­o nazionale, passa anche per una forte decontribu­zione e detassazio­ne dei premi aziendali, ed è soprattutt­o indispensa­bile a un Paese come il nostro a bassissima crescita da troppo tempo e, in particolar­e, a crescita potenziale attorno allo zero, come ha stimato il Fondo monetario. Ma senza la seconda, che è invece un compito europeo, anche l’attuazione della prima rischia di non dispiegare a sufficienz­a i propri effetti. Se l’azione della Bce infatti ha sbloccato parzialmen­te il credito, lo stesso Draghi ammette che questo non è ancora sufficient­e a un rilancio della crescita. E il completame­nto dell’unione bancaria è un elemento essenziale a normalizza­re il credito, una volta messa alle spalle la soluzione dei problemi urgenti delle banche, che non è più procrastin­abile e verso la quale ora spinge anche la signora Merkel.

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