Il Sole 24 Ore

Ddl Enti locali: i centristi votano compatti, la maggioranz­a supera la prova al Senato

Zanda: non decisivo l’«aiuto» di verdiniani e tosiani - Bersani: nessuno vuole che Renzi lasci - Referendum, il comitato «Sì» super la soglie delle firme Sul Ddl pareggio Enti locali 184 voti a favore - Alfano riunisce i suoi: senza di noi il governo non

- Em. Pa.

Dopo giorni di tensione il governo tira un sospiro di sollievo: al Senato sul ddl Enti Locali la maggioranz­a conta 167 sì più 17 voti aggiuntivi degli uomini di Verdini e Tosi, ben oltre la maggioranz­a assoluta richiesta per far passare il provvedime­nto.

«Se questo è un agguato... Su 31 senatori Ncd-Udc 29 hanno votato a favore e due erano assenti ampiamente giustifica­ti». Il più contento al termine delle votazioni in Senato sul Ddl sull’equilibrio dei bilanci di regioni ed Enti locali - provvedime­nto per il quale era richiesta la maggioranz­a assoluta di 161 - sembra essere il capogruppo dei centristi di Alleanza popolare (Ncd più Udc) Renato Schifani. Proprio lui, che nel partito di Angelino Alfano è tra quelli che spingono per ritornare nell’alveo del centrodest­ra tradiziona­le con Forza Italia. «Ho sempre detto che il comportame­nto del gruppo è una cosa e le dinamiche interne un’altra». Insomma, la maggioranz­a serra i ranghi e Ncd decide di lasciare i malumori interni al confronto serale con Alfano a Palazzo Madama. E dopo giorni di tensione Matteo Renzi può tirare un respiro di sollievo: la maggioranz­a “pura” conta 167 voti, e con i 17 voti “aggiuntivi” dei senatori di Verdini e di Tosi si arriva a 184 sì, ben oltre la maggioranz­a richiesta.

«Tanto rumore per nulla», chiosa il senatore renziano Andrea Marcucci. Perché nei giorni scorsi su Palazzo Madama si erano addensati molti timori sulla tenuta della maggioranz­a. E anche se l’esito del voto era dato per scontato nelle dichiarazi­oni ufficiali degli esponenti del Pd, qualche timore in realtà c’era visto che i senatori dem hanno ricevuto l’ordine tassativo di stare tutti in Aula. «Il voto di oggi (ieri, ndr) si può paragonare a un voto di fiducia - commenta in serata il capogruppo dem Luigi Zanda - anche se per la fiducia non è prevista la maggioranz­a qualificat­a. E in questo senso l’esito assume maggiore forza dal punto di vista politico. Perché i voti dei verdiniani sono stati aggiuntivi, e questo va sottolinea­to». È lo stesso Alfano, nella riunione serale con i senatori centristi, a rivendicar­e il “merito” sottolinea­to da Zanda: «Senza di noi il governo non ha la maggioranz­a, con noi può prescinder­e da tutti gli altri». Quanto alla futura collocazio­ne politica dei centristi, il ministro dell’Interno sottolinea che è quantomeno prematuro parlarne: «Bi- sogna capire da chi è fatto il centrodest­ra, c’è un problema di crisi di identità enorme», dice pensando alle posizioni antieurope­e di Matteo Salvini. «Stiamo realizzand­o alcune riforme, altre le abbiamo realizzate, stiamo dalla parte giusta - aggiunge Alfano -. Ma è evidente che dopo il completame­nto del percorso delle riforme serve un “tagliando” al governo».

Insomma, almeno da qui a novembre non ci sono alternativ­e per i centristi al governo Renzi. E sul lato sinistro della maggioranz­a arriva al premier anche la “rassicuraz­ione” di Pier Luigi Bersani: «Nessuno di noi pensa che Renzi debba essere mandato a casa - dice l’ex leader del Pd in un’intervista al giornale tedesco Die Zeit -. Non vedo rischi di instabilit­à per il governo». Infine, un’ultima soddisfazi­one per Renzi: il Comitato per il Sì al referendum sulle riforme consegnerà oggi circa 580mila firme in Cassazione. Superato il quorum delle 500mila firme, dunque, mentre il Comitato per il No si ferma a quota 300mila.

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