L’inutile esercizio degli stress test nel dopo Brexit
In generale, gli stress test bancari all’europea sono come le cravatte: inutili, ma tranquillizzanti. Così come la cravatta non ci dice se stiamo incontrando un gentiluomo, ma che almeno abbiamo innanzi un signore che bada alle apparenze, così il superamento di uno stress test nulla ci dice su quali tempeste possono effettivamente affondare una singola e specifica banca, ma che almeno riesce a navigare se il mare è mediamente agitato. Dopo Brexit però c’è il rischio che la cravatta sia addirittura dannosa: compreso che un nodo troppo stretto diventa scorsoio, se le autorità europee di vigilanza combineranno con la gestione e la comunicazione degli stress test gli stessi pasticci combinati nelle passate esperienze, vedremo gli stress test diventare un volano di volatilità e di instabilità, che è l’esatto opposto della loro finalità originaria. In mercati finanziari estremamente nervosi e altalenanti dopo l’esito del referendum inglese, si avvicina l’appuntamento degli stress test su un campione significativo di banche europee. Qual è stato finora l’effetto Brexit sui mercati finanziari? Brexit è stato esso stesso un stress naturale: un evento certo – il referendum – con un esito molto incerto nell’immediato, e un valore di catalizzatore di incertezza se un risultato – appunto l’opinione favorevole all’uscita – si fosse, come poi si è effettivamente, realizzato. Lo stress Brexit ha causato effetti negativi sulla sterlina, sui mercati finanziari in generale, ma soprattutto ha colpito negativamente il prezzo delle azioni bancarie, e in particolare quelle del perimetro dell’Unione, tra cui particolarmente penalizzate le italiane. Esiste una corrispondenza tra il prezzo di Borsa in questi giorni delle azioni delle banche europee e italiane e il loro valore economico? Qualunque persona sana di mente, informata e onesta intellettualmente risponde di no, guardando alle caratteristiche fondamentali dell’industria bancaria e alle prospettive – anche le più tiepide – di ripresa dell’attività economica e della dinamica dei prezzi; l’industria bancaria europea e italiana è in grado di produrre reddito. Peraltro, è la stessa industria bancaria ed europea… che ha superato gli ultimi stress test della Bce! Se crediamo agli stress test Bce, non dobbiamo dare peso allo stress Brexit; se crediamo allo stress Brexit, mettiamo nella spazzatura gli stress test Bce.
Un paradosso, che nasce da un errore madornale di partenza: trasformare uno strumento parziale e temporaneo di informazione sullo stato di salute dell’industria bancaria in un giudizio complessivo e definitivo sulla solvibilità delle singole banche. Di chi è la colpa? Le responsabilità arrivano da lontano. In primo luogo, la cattiva regolamentazione degli anni 80, con l’assioma della capacità del mercato di giudicare e autogiudicarsi. È il cosiddetto approccio della disciplina del mercato: se diamo al mercato le informazioni, il mercato formerà prezzi che rispecchieranno i valori delle imprese, incluse le banche. Per cui lasciamo che sia il mercato a reagire a informazioni: possono essere le valutazioni delle agenzie di rating, oppure – appunto - quelle rilasciate dagli stress test. L’approccio della disciplina di mercato ha inizialmente fatto comodo a tutti: ai vigilanti, che hanno potuto deresponsabilizzarsi; a banche e imprese, che hanno potuto ritagliarsi rendite di posizione all’interno del mantra della autoregolamentazione, inclusa (per quel che riguarda in particolare le grandi banche) la personalizzazione del disegno dei coefficienti di capitale; ai cosiddetti mercati, cioè a operatori in grado di muovere masse di liquidità sempre maggiori, alla ricerca di rendimenti sempre più miopi, valutati cioè nell’ottica del giorno dopo giorno, o meglio del secondo dopo secondo; gli economisti, che applicando sempre le stesse tecniche qualunque fosse la reale situazione di banca, settore o mercato, potevano affermare di offrire analisi e previsioni robuste, generali e affidabili; i media, affamati quotidianamente di notizie e rumori, meglio se roboanti. Per ultimi e non ultimi, i politici, pronti ad essere catturati, o a catturare, i regolatori e/o le banche, purché il consenso fosse avviato. L’approccio della disciplina di mercato ha fallito, ma non è morto. Gli stress test, da strumento limitato, ma potenzialmente utile, sono diventato un rito innocuo, se ben fatti; una tossina, se mal disegnati o messi in atto. I danni delle passate edizioni degli stress test europei in termini di opacità, volatilità e prociclicità sono ben presenti, almeno agli addetti ai lavori più accorti. Lo stress test prossimo venturo ha caratteristiche tali da ridurne le potenziali tossine. Poi c’è la politica di comunicazione, che nel 2014 vide un piccolo capolavoro di confusione: la presentazione simultanea in capitali diverse di stessi test, che però davano luogo a valutazioni diverse da parte dei vari regolatori! Non si può che migliorare. Anche perché sarebbe paradossale – e quantomeno colposo – che gli stress test diventassero un catalizzatore dell’instabilità innestata dal Brexit stress.