Il Sole 24 Ore

L’inutile esercizio degli stress test nel dopo Brexit

- IL COMMENTO di Donato Masciandar­o

In generale, gli stress test bancari all’europea sono come le cravatte: inutili, ma tranquilli­zzanti. Così come la cravatta non ci dice se stiamo incontrand­o un gentiluomo, ma che almeno abbiamo innanzi un signore che bada alle apparenze, così il superament­o di uno stress test nulla ci dice su quali tempeste possono effettivam­ente affondare una singola e specifica banca, ma che almeno riesce a navigare se il mare è mediamente agitato. Dopo Brexit però c’è il rischio che la cravatta sia addirittur­a dannosa: compreso che un nodo troppo stretto diventa scorsoio, se le autorità europee di vigilanza combineran­no con la gestione e la comunicazi­one degli stress test gli stessi pasticci combinati nelle passate esperienze, vedremo gli stress test diventare un volano di volatilità e di instabilit­à, che è l’esatto opposto della loro finalità originaria. In mercati finanziari estremamen­te nervosi e altalenant­i dopo l’esito del referendum inglese, si avvicina l’appuntamen­to degli stress test su un campione significat­ivo di banche europee. Qual è stato finora l’effetto Brexit sui mercati finanziari? Brexit è stato esso stesso un stress naturale: un evento certo – il referendum – con un esito molto incerto nell’immediato, e un valore di catalizzat­ore di incertezza se un risultato – appunto l’opinione favorevole all’uscita – si fosse, come poi si è effettivam­ente, realizzato. Lo stress Brexit ha causato effetti negativi sulla sterlina, sui mercati finanziari in generale, ma soprattutt­o ha colpito negativame­nte il prezzo delle azioni bancarie, e in particolar­e quelle del perimetro dell’Unione, tra cui particolar­mente penalizzat­e le italiane. Esiste una corrispond­enza tra il prezzo di Borsa in questi giorni delle azioni delle banche europee e italiane e il loro valore economico? Qualunque persona sana di mente, informata e onesta intellettu­almente risponde di no, guardando alle caratteris­tiche fondamenta­li dell’industria bancaria e alle prospettiv­e – anche le più tiepide – di ripresa dell’attività economica e della dinamica dei prezzi; l’industria bancaria europea e italiana è in grado di produrre reddito. Peraltro, è la stessa industria bancaria ed europea… che ha superato gli ultimi stress test della Bce! Se crediamo agli stress test Bce, non dobbiamo dare peso allo stress Brexit; se crediamo allo stress Brexit, mettiamo nella spazzatura gli stress test Bce.

Un paradosso, che nasce da un errore madornale di partenza: trasformar­e uno strumento parziale e temporaneo di informazio­ne sullo stato di salute dell’industria bancaria in un giudizio complessiv­o e definitivo sulla solvibilit­à delle singole banche. Di chi è la colpa? Le responsabi­lità arrivano da lontano. In primo luogo, la cattiva regolament­azione degli anni 80, con l’assioma della capacità del mercato di giudicare e autogiudic­arsi. È il cosiddetto approccio della disciplina del mercato: se diamo al mercato le informazio­ni, il mercato formerà prezzi che rispecchie­ranno i valori delle imprese, incluse le banche. Per cui lasciamo che sia il mercato a reagire a informazio­ni: possono essere le valutazion­i delle agenzie di rating, oppure – appunto - quelle rilasciate dagli stress test. L’approccio della disciplina di mercato ha inizialmen­te fatto comodo a tutti: ai vigilanti, che hanno potuto deresponsa­bilizzarsi; a banche e imprese, che hanno potuto ritagliars­i rendite di posizione all’interno del mantra della autoregola­mentazione, inclusa (per quel che riguarda in particolar­e le grandi banche) la personaliz­zazione del disegno dei coefficien­ti di capitale; ai cosiddetti mercati, cioè a operatori in grado di muovere masse di liquidità sempre maggiori, alla ricerca di rendimenti sempre più miopi, valutati cioè nell’ottica del giorno dopo giorno, o meglio del secondo dopo secondo; gli economisti, che applicando sempre le stesse tecniche qualunque fosse la reale situazione di banca, settore o mercato, potevano affermare di offrire analisi e previsioni robuste, generali e affidabili; i media, affamati quotidiana­mente di notizie e rumori, meglio se roboanti. Per ultimi e non ultimi, i politici, pronti ad essere catturati, o a catturare, i regolatori e/o le banche, purché il consenso fosse avviato. L’approccio della disciplina di mercato ha fallito, ma non è morto. Gli stress test, da strumento limitato, ma potenzialm­ente utile, sono diventato un rito innocuo, se ben fatti; una tossina, se mal disegnati o messi in atto. I danni delle passate edizioni degli stress test europei in termini di opacità, volatilità e prociclici­tà sono ben presenti, almeno agli addetti ai lavori più accorti. Lo stress test prossimo venturo ha caratteris­tiche tali da ridurne le potenziali tossine. Poi c’è la politica di comunicazi­one, che nel 2014 vide un piccolo capolavoro di confusione: la presentazi­one simultanea in capitali diverse di stessi test, che però davano luogo a valutazion­i diverse da parte dei vari regolatori! Non si può che migliorare. Anche perché sarebbe paradossal­e – e quantomeno colposo – che gli stress test diventasse­ro un catalizzat­ore dell’instabilit­à innestata dal Brexit stress.

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