Il Sole 24 Ore

Il caso Novo Banco e l’impatto sul debito

- Marco Ferrando

pN on sempre il male minore consente di evitare guai peggiori. Soprattutt­o se di mezzo c'è una banca, peraltro già salvata, in cui hanno investito i grandi fondi internazio­nali.

Ne sa qualcosa il Portogallo, che a sei mesi dal (mezzo) bail-in effettuato sul Novo Banco non ha ancora finito di pagare il conto presentato dal mercato, in un precedente che ha un peso nella trattativa tra Italia e Commission­e europea sul nuovo paracadute di Stato per le banche in difficoltà.

Quanto accaduto a Lisbona a dicembre, a poche ore dalla fine dell'anno, va ascritto tra le operazioni “last minute” imbastite in giro per l'Europa per prevenire le norme sul bail-in, con il coinvolgim­ento automatico di azionisti, obbligazio­nisti e depositant­i oltre i 100mila euro nei salvataggi bancari.

Protagonis­ta, si diceva, il Novo Banco. Che già affondava le radici in un terreno incerto, trattandos­i della good bank nata dalle ceneri del Banco Espirito Santo, sopravviss­uto nei panni della bad bank.

Nei piani della Banca del Portogallo, il Novo Banco - alleggerit­o dai crediti in sofferenza - avrebbe dovuto trovare facilmente un compratore, ma la procedura di vendita effettuata in autunno non ha dato i risultati sperati e intanto agli stress test di novembre era emerso un nuovo gap di capitale da 1,4 miliardi.

I due nodi sono venuti al pettine nel momento sbagliato, cioè a dicembre, pochi giorni prima che entrasse in vigore la nuova norma del bail in: per evitare che il Novo Banco ne diventasse la prima cavia, a Lisbona si è deciso di ricapitali­zzare la banca trasferend­o alcune passività aggiuntive nella bad bank Banco Espirito Santo, e in particolar­e cinque emissioni di titoli senior destinate a investitor­i istituzion­ali.

«Questa misura si è resa necessaria per fare in modo che le perdite di Banco Espirito Santo vengano innanzitut­to sostenute da azionisti e obbligazio­nisti e non dal sistema finanziari­o e dai contribuen­ti», aveva spiegato ai tempi la Banca centrale di Lisbona.

Tacendo però una parte della verità: tra gli obbligazio­nisti, si è scelto di far pagare soltanto i fondi, in una deci- sione in cui la politica sicurament­e ha avuto il suo peso.

Con il blitz, prima volta in 7 Con l'espression­e “Pari passu” si intende la pratica che garantisce a tutti gli obbligazio­nisti condizioni omogenee. Vanno quindi tutti trattati nello stesso modo. Questo vuol dire che i possessori della stessa obbligazio­ne hanno lo stesso grado di prelazione: non è possibile che alcuni vengano privilegia­ti in caso di insolvenza. Il principio va interpreta­to come parità di condizion i: non significa che in caso di default tutti abbiano diritto a un rimborso del 100 per cento. cui gli obbligazio­nisti senior sono stati coinvolti nel salvataggi­o di una banca in una specie di assaggio del bail in, le autorità di Lisbona hanno salvaguard­ato la pax sociale: nessuna coda agli sportelli, nessun corteo in piazza, nessun risparmiat­ore tradito.

Ma hanno infranto la pax finanziari­a: lì per lì, la decisione aveva fatto drizzare i capelli ai trader di centinaia di case d'investimen­to, pronte a minacciare cause legali per la violazione del principio del pari passu, in base al quale gli obbligazio­nisti vanno trattati tutti allo stesso modo, in una crociata dall'esito interno visto che dei 5,4 miliardi di bond del Novo Banco sul mercato, ma sarebbero state scelte solo le emissioni effettuate secondo le norme portoghesi, che rendono più i mpegnativa un'azione legale.

Quel che è certa, invece, è la ritirata di quegli stessi fondi dal mercato portoghese: il 30 dicembre il titolo di stato decennale portoghese offriva il 2,54%, con uno spread di 190 sul Bund, di 95 punti base sul BTp e di 76 sul Bonos, mentre alla chiusura di lunedì - tasso del 3,11% - la forchetta sulla Germania si era allargata a 323 punti, sull'Italia a 192 e sulla Spagna a 197, con buona pace degli acquisti Bce e della crisi di (tutta) l'europerife­ria.

In pratica,i fondi hanno voltato le spalle a Lisbona.

Che, paradossal­mente, proprio a l oro adesso i ntende vendere il Novo Banco, in una nuova procedura di vendita a cui hanno risposto in quattro. Sul tavolo hanno messo meno di due miliardi, cioè meno della metà dei 4,9 che lo Stato aveva siringato nella banca allo scorporo della bad bank.

Un'amara lezione, che aleggia sul tavolo negoziale tra Roma e Bruxelles, sufficient­e - forse - a scongiurar­e trattament­i differenzi­ati dentro all'ampia platea degli obbligazio­nisti delle banche italiane.

FREDDEZZA Alla nuova procedura di vendita dell’istituto hanno risposto solo quattro investitor­i disposti a offrire meno di due miliardi

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