LE RETI HI-TECH? SOLO PER L’EXPORT
A quaranta chilometr i dal luogo del disastro, la sede di Mermec, l’azienda gioiello della sicurezza ferroviar ia
Èuna storia lastricata di paradossi, quella del frontale fra i treni in viaggio tra Andria e Corato. Primo paradosso: in Puglia, a Monopoli, una quarantina di chilometri da Bari, c’è una tra le aziende italiane più innovative, la Mermec, che si aggiudica commesse nei Paesi più sviluppati al mondo ( e non solo). Di cosa si occupa l'azienda di Vito Pertosa, che è anche un appassionato ventur capitalist, il finanziatore di giovani startup? Di controllo ferroviario, in gergo segnalamento. Vende tecnologia come il mai tanto citato Scmt (Sistema di controllo marcia treno), ma anche l’Ssc (Sistema di supporto alla condotta) e l'Ertms (European rail train management system) a società pubbliche o private che gestiscono le linee ferrate in California, Australia, Canada e Corea del Sud, solo per citare alcuni Paesi.
In sintesi, è il numero uno mondiale nel suo settore, uno dei grandi player in materia di sicurezza ferroviaria. Pertosa, proprio per il mestiere che svolge, sul disastro ferroviario si chiude in un comprensibile silenzio. Impossibile sfuggire all’interrogativo: è stata mai chiesta alla Mermec una consu- lenza, un confronto, una semplice chiacchierata in cui si discutesse degli investimenti in sicurezza di una metropolitana di superficie che trasporta la bellezza di 9,5 milioni passeggeri l’anno? No, l’azienda di Pertosa e Ferrotramviaria viaggiavano e viaggiano su binari paralleli. Eppure sono due imprenditori privati che operano sulla stesso territorio; uno trasporta passeggeri su ferro, l’altro escogita sistema tecnologici per garantirgli il massimo della sicurezza. La collaborazione non scatta. Non c’è verso di introdurre un’innovazione. «Facciamo così da sessant’anni» ripetono i ferrovieri quando si discute dei sistemi primitivi che autorizzano un treno in partenza. Paletta e telefono erano sufficienti forse quando su questa linea si muovevano 12 treni al giorno e non 200. Una falla nel sistema Puglia che svela fragilità, omissioni, incapacità di giocare d'anticipo sugli inevitabili errori umani. Molti tra i più stretti collaboratori di Nichi Vendola, governatore dal 2005 al 2015, sono avviliti.
Guglielmo Minervini, assessore alle infrastrutture strategiche dal 2010 al 2013 lo dice con un filo di voce: «Non doveva accadere». Fu Minervini a lavorare al famoso “Grande progetto”, un investimento da 180 milioni concesso dall’Unione europea per la costruzione del secondo binario della Bari-Barletta e l’attraversamento in trincea di Andria. «Per ottenere il timbro da Bruxelles fummo costretti ad aspettare due anni e mezzo» ricorda. Alle lungaggini della Ue si aggiungono farraginosità per i contenziosi, le gare d’appalto, gli espropri. Il grande progetto spiana la strada al secondo paradosso: il famoso Scmt sarebbe stato montato sui treni solo dopo la posa dell’altro binario. Una scelta tecnica oltre che funzionale: il pilota automatico a bordo del treno dialoga con delle piccole scatolette gialle installate ogni 500/1000 metri di linea ferrata. Curioso, se si considera che il rischio di frontale, non di incidente, è statisticamente più alto quando si viaggia su un solo binario. Gli accordi vengono sottoscritti in un clima di reciproca simpatia. Minervini lo dice a chiare lettere: «Ferrotramviaria è una società che in questi anni ha mostrato grande senso di responsabilità».
Infatti investe. Ma non in sicurezza. I passeggeri chiedono treni meno affollati e comfort? Arrivano le sontuose carrozze Caf dalla Spagna (Costrussioneces y auxiliar de Ferrocarilles ) e le Stadler dalla Svizzera. Sulle Caf si dipinge la nuova livrea gialla. All’interno, poltrone in pelle e inserti in radica. I passeggeri abituali sono piacevolmente sorpresi, così come i turisti stranieri che salgono sul treno all’aeroporto di Bari Palese. Sembra l’anticipo di un pezzo del futuro che Vendola ha strappato in nome e per conto del suo popolo. I paesi della Puglia profonda, Ruvo, Corato, Sovereto collegati finalmente a Bari e a tutto il mondo. Quasi un sistema copernicano. La mobilità come sinonimo di civiltà. Non è così a Montreal, Londra, Parigi? Nessuno sospetta che su un pezzo di quei 70 chilometri si viaggi alla cieca. Qual è il passeggero, anche il più avvertito, che s’informa sui sistemi di sicurezza di un treno o di un aereo? Ci si fida e affida al vettore. Lui, solo lui, vede e sa cose che i passeggeri ignorano. E poi non esiste solo il concessionario. Ci sono le autorità di vigilanza. I doppi i tripli controlli (e siamo al terzo paradosso). Come l’Ustif, l'ufficio speciale trasporti a impianti fissi, un ente terzo che per conto del ministero delle Infrastrutture verifica la funzionalità, l’efficienza e la sicurezza delle ferrovie in concessione.
Pietro Marturano, capo dell’Ustif di Bari, lo scandisce con spirito marziale e parole da difesa d’ufficio: «Non esiste alcuna legge che obblighi Ferrotramviaria a installare sistemi di sicurezza. I sistemi di controllo automatici? Sono masturbazioni mentali: su quella tratta c’è stato un errore umano che accerteremo al più presto. E poi una società privata non può disporre dei mezzi economici per quegli investimenti».
Per Marturano il sistema non ha buchi. Paletta e «sistema a blocco telefonico», così si chiama in gergo ferroviario il via libera del capostazione, forever and ever.
DOPPIA BEFFA I ritardi nel raddoppio dei binari hanno impedito anche l’installazione del sistema Smc