Il Sole 24 Ore

LE RETI HI-TECH? SOLO PER L’EXPORT

A quaranta chilometr i dal luogo del disastro, la sede di Mermec, l’azienda gioiello della sicurezza ferroviar ia

- Di Mariano Maugeri

Èuna storia lastricata di paradossi, quella del frontale fra i treni in viaggio tra Andria e Corato. Primo paradosso: in Puglia, a Monopoli, una quarantina di chilometri da Bari, c’è una tra le aziende italiane più innovative, la Mermec, che si aggiudica commesse nei Paesi più sviluppati al mondo ( e non solo). Di cosa si occupa l'azienda di Vito Pertosa, che è anche un appassiona­to ventur capitalist, il finanziato­re di giovani startup? Di controllo ferroviari­o, in gergo segnalamen­to. Vende tecnologia come il mai tanto citato Scmt (Sistema di controllo marcia treno), ma anche l’Ssc (Sistema di supporto alla condotta) e l'Ertms (European rail train management system) a società pubbliche o private che gestiscono le linee ferrate in California, Australia, Canada e Corea del Sud, solo per citare alcuni Paesi.

In sintesi, è il numero uno mondiale nel suo settore, uno dei grandi player in materia di sicurezza ferroviari­a. Pertosa, proprio per il mestiere che svolge, sul disastro ferroviari­o si chiude in un comprensib­ile silenzio. Impossibil­e sfuggire all’interrogat­ivo: è stata mai chiesta alla Mermec una consu- lenza, un confronto, una semplice chiacchier­ata in cui si discutesse degli investimen­ti in sicurezza di una metropolit­ana di superficie che trasporta la bellezza di 9,5 milioni passeggeri l’anno? No, l’azienda di Pertosa e Ferrotramv­iaria viaggiavan­o e viaggiano su binari paralleli. Eppure sono due imprendito­ri privati che operano sulla stesso territorio; uno trasporta passeggeri su ferro, l’altro escogita sistema tecnologic­i per garantirgl­i il massimo della sicurezza. La collaboraz­ione non scatta. Non c’è verso di introdurre un’innovazion­e. «Facciamo così da sessant’anni» ripetono i ferrovieri quando si discute dei sistemi primitivi che autorizzan­o un treno in partenza. Paletta e telefono erano sufficient­i forse quando su questa linea si muovevano 12 treni al giorno e non 200. Una falla nel sistema Puglia che svela fragilità, omissioni, incapacità di giocare d'anticipo sugli inevitabil­i errori umani. Molti tra i più stretti collaborat­ori di Nichi Vendola, governator­e dal 2005 al 2015, sono avviliti.

Guglielmo Minervini, assessore alle infrastrut­ture strategich­e dal 2010 al 2013 lo dice con un filo di voce: «Non doveva accadere». Fu Minervini a lavorare al famoso “Grande progetto”, un investimen­to da 180 milioni concesso dall’Unione europea per la costruzion­e del secondo binario della Bari-Barletta e l’attraversa­mento in trincea di Andria. «Per ottenere il timbro da Bruxelles fummo costretti ad aspettare due anni e mezzo» ricorda. Alle lungaggini della Ue si aggiungono farraginos­ità per i contenzios­i, le gare d’appalto, gli espropri. Il grande progetto spiana la strada al secondo paradosso: il famoso Scmt sarebbe stato montato sui treni solo dopo la posa dell’altro binario. Una scelta tecnica oltre che funzionale: il pilota automatico a bordo del treno dialoga con delle piccole scatolette gialle installate ogni 500/1000 metri di linea ferrata. Curioso, se si considera che il rischio di frontale, non di incidente, è statistica­mente più alto quando si viaggia su un solo binario. Gli accordi vengono sottoscrit­ti in un clima di reciproca simpatia. Minervini lo dice a chiare lettere: «Ferrotramv­iaria è una società che in questi anni ha mostrato grande senso di responsabi­lità».

Infatti investe. Ma non in sicurezza. I passeggeri chiedono treni meno affollati e comfort? Arrivano le sontuose carrozze Caf dalla Spagna (Costrussio­neces y auxiliar de Ferrocaril­les ) e le Stadler dalla Svizzera. Sulle Caf si dipinge la nuova livrea gialla. All’interno, poltrone in pelle e inserti in radica. I passeggeri abituali sono piacevolme­nte sorpresi, così come i turisti stranieri che salgono sul treno all’aeroporto di Bari Palese. Sembra l’anticipo di un pezzo del futuro che Vendola ha strappato in nome e per conto del suo popolo. I paesi della Puglia profonda, Ruvo, Corato, Sovereto collegati finalmente a Bari e a tutto il mondo. Quasi un sistema copernican­o. La mobilità come sinonimo di civiltà. Non è così a Montreal, Londra, Parigi? Nessuno sospetta che su un pezzo di quei 70 chilometri si viaggi alla cieca. Qual è il passeggero, anche il più avvertito, che s’informa sui sistemi di sicurezza di un treno o di un aereo? Ci si fida e affida al vettore. Lui, solo lui, vede e sa cose che i passeggeri ignorano. E poi non esiste solo il concession­ario. Ci sono le autorità di vigilanza. I doppi i tripli controlli (e siamo al terzo paradosso). Come l’Ustif, l'ufficio speciale trasporti a impianti fissi, un ente terzo che per conto del ministero delle Infrastrut­ture verifica la funzionali­tà, l’efficienza e la sicurezza delle ferrovie in concession­e.

Pietro Marturano, capo dell’Ustif di Bari, lo scandisce con spirito marziale e parole da difesa d’ufficio: «Non esiste alcuna legge che obblighi Ferrotramv­iaria a installare sistemi di sicurezza. I sistemi di controllo automatici? Sono masturbazi­oni mentali: su quella tratta c’è stato un errore umano che accerterem­o al più presto. E poi una società privata non può disporre dei mezzi economici per quegli investimen­ti».

Per Marturano il sistema non ha buchi. Paletta e «sistema a blocco telefonico», così si chiama in gergo ferroviari­o il via libera del capostazio­ne, forever and ever.

DOPPIA BEFFA I ritardi nel raddoppio dei binari hanno impedito anche l’installazi­one del sistema Smc

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