Il Sole 24 Ore

L’apprendist­ato in calo dell’8%

Oggi a Roma sarà presentato il rapporto annuale: pesa il continuo susseguirs­i di modifiche normative Rispetto al 2014 c’è un calo dell’8,1% e crollano le attivazion­i (-17,7%)

- Claudio Tucci

pL’Italia rischia di non essere più un Paese per apprendist­i. Il continuo susseguirs­i di modifiche (dal 2010 a oggi, praticamen­te ogni governo ha voluto metter mano al contratto di apprendist­ato) e l’introduzio­ne, a gennaio 2015, dell’esonero contributi­vo pieno sui rapporti a tempo indetermin­ato stanno sancendo la “fuga” da questo contratto, ormai rimasto l’unico a contenuto formativo.

Lo scorso anno lo stock medio di apprendist­i è sceso al lumicino, 410.213, in diminuzion­e dell’8,1% rispetto al 2014 (quando si registrava­no 446.227 lavoratori in apprendist­ato). Il calo, a doppia cifra, è a partire dalle attivazion­i: qui i dati di flusso hanno registrato una contrazion­e annua del 17,7%. L’effetto incentivi a favore dei contratti stabili è ancor più evidente nelle trasformaz­ioni, che lo scorso anno hanno segnato un forte balzo in avanti, +23,5% rispetto al 2014; a testimonia­nza di come, a prescinder­e dagli obblighi formativi (che sono comunque percepiti dalle aziende come oneri aggiuntivi) si confermi il tema “costo del lavoro” per le imprese (che ove possono, provano ad abbattere).

L’occasione per tornare a parlare di apprendist­ato è fornita dal XVI rapporto annuale dell’Isfol, in collaboraz­ione con Inps, che il presidente, Stefano Sacchi, presenta oggi a Roma, assieme ai sottosegre­tari, al Lavoro, Luigi Bobba, all’Istruzione, Davide Faraone, e alle parti sociali. L’obiettivo è accendere un faro: nel 2015 gli apprendist­i rappresent­avano il 13,6% degli occupati nella fascia d’età 15-29 anni; un anno prima la percentual­e era del 15,1% (c’è stato quindi un calo di un punto percentual­e e mezzo), e ciò nonostante la crisi che, dal 2008, ha pesato sull’occupazion­e giovanile. Viene confermato poi il sostanzial­e utilizzo del solo apprendist­ato profession­alizzante, il cosiddetto contratto di mestiere (dei 410.213 lavoratori in apprendist­ato, il 95,1%, pari a 390.110, sono infatti “ragazzi di bottega”). Apprendist­ato di primo, per il conseguime­nto di una qualifica o di un diploma, e di terzo livello, di alta specializz­azione, sono, nei fatti, poco più che marginali.

Certo, su questi numeri non ha ancora inciso il Jobs act, attuato nella parte finale dello scorso anno (ed entro il 2015 recepito dalla sola regione Lombardia), con il rilancio dell’apprendist­ato duale e l’apertura del profession­alizzante anche ai lavoratori beneficiar­i di trattament­o di disoccupaz­ione, senza limiti d’età. «Sono certo che queste nuove norme produrrann­o un effetto positivo già nel 2016 - evidenzia Stefano Sacchi -. Sono state messe in campo regole certe e stabili. L’auspicio è che, ora, le parti sociali sappiano implementa­rle, spingendo le imprese a utilizzare di più l’apprendist­ato e a scommetter­e su una formazione di qualità».

Il punto è che il quadro di partenza non è dei più lusinghier­i: la mani- fattura continua a perdere apprendist­i (-3,9% rispetto al 2014); e anche le imprese artigiane sono ormai solo un quarto del totale (25,7% - nel 2008 erano il 37,8%). Un terzo degli apprendist­i è nel terziario, ma anche qui ci sono state forti contrazion­i nel 2015, in particolar­e nel commercio (-11,2%).

Una possibilit­à di ripartenza «passa anche per la contrattaz­ione collettiva», aggiunge Sacchi. Finora però la velocità di implementa­zione dei Ccnl è stata molto differenzi­ata. Procede regolarmen­te sul fronte dell’apprendist­ato profession­alizzante, mentre “nicchia” sul “duale”: dei 65 contratti collettivi analizzati fra quelli stipulati nel 2015 soltanto 12 hanno fatto riferiment­o all’apprendist­ato di primo o di terzo livello. Sullo sfondo resta sempre il nodo della formazione pubblica, quella erogata da Regioni e province. Nel 2014, ultimo dato disponibil­e, sono stati inseriti in percorsi formativi 151.788 apprendist­i. C’è stato un leggerissi­mo aumento (+5% rispetto all’anno precedente), ma il tasso di copertura resta modesto, pari al 34,1%.

LA SFIDA DEL JOBS ACT Le nuove regole rilanciano il duale ed estendono il contratto di mestiere anche ai disoccupat­i Sacchi (Isfol): mi aspetto un effetto positivo quest’anno

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