Il Sole 24 Ore

Petrolio in caduta L’incubo scorte torna in primo piano

Gli stoccaggi galleggian­ti sono ai livelli del 2009 L’Aie: «Sono da record e minacciano i prezzi»

- Sissi Bellomo @SissiBello­mo

Il problema delle scorte è tornato di prepotenza a dominare la scena sui mercati petrolifer­i. Non hanno mai smesso di accumulars­i, denuncia l’Agenzia internazio­nale per l’energia, secondo cui nei Paesi Ocse sono al record storico di oltre 3 miliardi di barili, custodite in parte anche a bordo di petroliere. Il fenomeno degli stoccaggi galleggian­ti sarebbe a livelli che non si vedevano dal 2009.

Con un tempismo perfetto, poche ore dopo il rapporto dell’Aie, dagli Stati Uniti è arrivata una conferma dell’allarme: la settimana scorsa-quella dell’Independen­ce Day, quando i consumi degli automobili­sti americani in teoria sono ai massimi - le scorte di benzina sono aumentate di 1,2 milioni dibarili, quelle di distillati di 4,1 mb. Il greggio, grazie soprattutt­o a minori importazio­ni, è calato di 2,5 mb. Ma non abbastanza da compensare l’accumulo di carburanti: gli stock commercial­i Usa nel complesso hanno raggiunto 1,4 miliardi di barili, un livello mai registrato dalle statistich­e governativ­e, che risalgono fino al 1990.

La reazione del mercato è stata violenta. Le quotazioni del petrolio, già in calo dall’avvio di seduta, hanno cancellato il forte rimbalzo di martedì: Brente W ti hanno chiuso in ribasso di oltre il 4%, ai minimi da due mesi (rispettiva­mente 46,26 e 44,75 $/ barile). Al Nymex benzina e heating oil erano arrivate a perde- re il 6% nel corso della seduta.

«L’esistenza di scorte molto elevate è una minaccia alla recente stabilità dei prezzi», avverte l’Agenzia internazio­nale dell’energia. «A meno che la domanda non si riveli ancora più forte di quanto prevediamo attualment­e, le scorte di prodotti raffinati potrebbero aumentare ancora, minacciand­o l’intera struttura dei prezzi».

In relatà le stime Aie sui consumi non appaiono troppo prudenti. Al contrario: sono state appena riviste al rialzo, sia pure di soli 100mila bg, col risultato che la domanda ora è vista crescere di 1,4 mbg nel 2016 e di 1,2 mbg nel 2017, un incremento davvero robusto, specie di fronte ai segnali di rallentame­nto che hanno iniziato a manifestar­si in diverse aree del mondo.

Qualche dato ufficiale, tra gli ultimi arrivati. In Cina le importazio­ni di greggio sono scese ai minimi da 5 mesi in giugno (7,5 mbg), mentre l’export netto di prodotti ha superato 500mila bg, un record da novembre. In India, avverte la stessa Aie, i consumi di carburanti sono aumentati sempre in giugno al tasso più basso da un anno (anche se si tratta di un +6,2%).

Intanto l’offerta di petrolio è risalita di 600mila bg, nota l’Agenzia Ocse, con un recupero di produzione in Canada dopo gli incendi e in Nigeria dopo gli attentati, ma non solo. Anche Arabia Saudita e Iran hanno estratto di più, contribuen­do a spingere la quota di mercato dei produttori mediorient­ali al 35%, un record dagli anni ’70. «Un promemoria eloquente - commenta l’Aie - che i vecchi produttori resteranno essenziali per i mercati petrolifer­i anche quando lo shale oil ritornerà a crescere».

Nel complesso l’Opec (che ha appena accolto il quattordic­esimo membro, il Gabon) ha prodotto 33,21 mbg in giugno, un record da 8 anni. Questo nonostasta­nte la crisi sempre più grave in Venezuela, che ne ha ridotto l’output ad appena 2,18 mbg (-10% in un anno) il minimo dal memorabile sciopero del 2003.

Quanto all’offerta non Opec, lAie resta dell’idea che quest’anno calerà di 0,9 mbg, per riprenders­i di 0,2 mbg il proprossim­o.

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