«Completare l’unione bancaria, ammesso il sostegno pubblico»
Angeloni: le regole Ue ammettono esplicitamente il sostegno pubblico «in circostanze eccezionali e in modo controllato»
Per Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di vigilanza della Banca centrale europea, «non c’è un problema specifico per l’Italia o un problema Paese», c’è il problema di alcune banche gravate da un alto livello di crediti deteriorati (Npl), al quale i mercati sono sensibili. In un’intervista al Sole 24 Ore, Angeloni sostiene che le regole europee ammettono in modo esplicito il sostegno pubblico alle banche «in circostanze eccezionali e in modo controllato». E insiste sul completamento dell’unione bancaria.
Il banchiere centrale, che il presidente, Mario Draghi, ha voluto prima al coordinamento della preparazione per l’assunzione della vigilanza bancaria nell’eurozona da parte della Bce, poi nel Consiglio di vigilanza, sostiene che la questione degli Npl va avviata a soluzione al più presto possibile, ma che la reazione dei mercati all’annuncio, a inizio anno, di uno studio della Bce su questo tema «sono state esagerate». I risultati saranno pubblicati «presto», dice Angeloni.
Positivo il giudizio sul fondo Atlante, con l’auspicio che le sue risorse vengano integrate da investitori italiani privati non bancari e da investitori internazionali.
Come ha ripetuto più volte Draghi, Angeloni sostiene che è essenziale il completamento dell’unione bancaria, con la creazione di una garanzia comune dei depositi. E che la questione delle regole sul debito pubblico nei portafogli delle banche, legata soprattutto dalla Germania all’assicurazione europea dei depositi, vada affrontata in modo molto graduale e nell’ambito di un accordo internazionale.
Il voto su Brexit ha avuto un impatto fortemente negativo sui titoli bancari, con possibili ripercussioni sulla stabilità finanziaria nell’area euro. Qual è la sua valutazione della situazione?
Non c’è dubbio che il referendum britannico rappresenti uno shock notevole per l’economia europea, di cui stiamo cominciando a vedere l'impatto, ma che si svilupperà ulteriormente nei prossimi mesi. Un elemento importante in questo caso è l’effetto incertezza: non sappiamo come si svilupperanno in futuro le relazioni fra il Regno Unito e l’Europa e ai mercati finanziari non piace l’incertezza. Questo aiuta a comprendere perché i titoli bancari siano stati colpiti più fortemente: una componente molto importante di questa incertezza riguarda il modo in cui il Regno Unito, che ospita il più importante centro finanziario in Europa, si posizionerà in relazione al mercato unico europeo per i servizi bancari e finanziari. Tra l’altro, nelle prime due settimane dopo il voto, l’impatto sulle azioni delle banche dell’area euro appare più forte di quello sulle banche inglesi, ma non sono così diversi se si tiene conto dei movimenti del cambio. In entrambi i casi la caduta dell’indice bancario è più grande di quella dell’indice generale.
Le azioni delle banche italiane sono state colpite più seriamente e molti considerano le banche italiane l’anello debole dell’eurozona. La vigilanza europea ha compiuto diverse valutazioni della loro salute nell’ultimo anno e mezzo. Qual è il loro stato oggi?
Seguiamo da vicino la situazione di tutte le banche sotto la nostra responsabilità di vigilanza. Non c’è un problema specifico per l'Italia o un problema Paese. Alcune banche in Italia sono gravate da un alto livello di crediti deteriorati (Npl). I mercati sono sensibili a questo e ciò emerge nella più alta volatilità delle azioni bancarie italiane. Il problema degli Npl può essere gestito, ma non dev’essere sottovalutato. Oltre agli Npl, ci concentriamo anche su diversi altri aspetti nell’annuale esercizio dello Srep, che una volta concluso determinerà i requisiti prudenziali per l’anno prossimo. Su tutti questi temi, lavoriamo in stretta collaborazione con le autorità italiane, anzitutto con la Banca d’Italia nel suo ruolo di supervisore nazionale e membro dell’Ssm. La collaborazione è molto buona.
Si parla del possibile uso di fondi pubblici in Italia per ricapitalizzare alcune banche. Pensa che sia una soluzione appropriata? Ritiene che l’imminente pubblicazione dei risultati degli stress test sia il momento giusto per annunciarla, seguendo le regole europee?
Non voglio speculare su notizie di stampa. Il Governo italiano ha annunciato che sono in corso contatti con la Commissione europea su misure indirizzate a sostenere alcune banche, che hanno sofferto di recente anche a causa delle turbolenze provocate da Brexit. La Commissione ha la responsabilità di valutare e autorizzare misure che possono essere rilevanti dal punto di vista della concorrenza e degli aiuti di Stato. Come ho dichiarato pubblicamente di recente, penso che forme di sostegno pubblico, usate in circostanze eccezionali e in modo controllato, siano parte di un quadro bancario ben disegnato. La legislazione bancaria della Ue (composta da Crr/Crd, più Brrd e le regole sugli aiuti di Stato emesse dalla Commissione nel 2013) contiene norme esplicite a questo proposito. Si tratta di applicare le regole esistenti.
Le regole sul bail-in andrebbero riviste o sospese?
La condivisione dei rischi da parte di certe classi di creditori è una buona componente del sistema, come lo sono le salvaguardie che abbiamo appena discusso. Produce i giusti incentivi e fa parte delle regole approvate da tutti. Il presupposto è che ci sia un’adeguata informazione sugli strumenti finanziari da parte degli investitori che li acquistano.
Che soluzione si aspetta per il caso di Mps, una delle quattro banche italiane che non hanno passato la vostra “valutazione approfondita” nel 2014? Oggi è capitalizzata oltre le soglie prudenziali ed è tornata in utile, ma viene tuttora considerata sull’orlo del collasso. Cosa si deve fare?
Non voglio commentare la situazione di singole banche. Come ho appena detto, nel contesto del nostro Srep annuale e nel lavoro di vigilanza condotto dai team di supervisione, guardiamo a tutti i fattori di rischio rilevanti. Lo facciamo per tutte le banche, compresa naturalmente Mps. Le nostre analisi e conclusioni sono comunicate alle banche.
I mercati sono in attesa anche dei risultati del vostro studio sugli Npl, che è un tema cruciale per le banche italiane. Il modo in cui fu comunicato il suo avvio creò molta incertezza e turbolenze. Cosa ci si deve aspettare?
Le reazioni provocate da questa iniziativa all’inizio dell’anno sono state esagerate. Il monitoraggio degli Npl, soprattutto quando sono eccessivi, fa parte dei normali compiti di vigilanza. Essi consistono, in questo caso, nel raccogliere le informazioni necessarie e individuare le migliori pratiche e, se necessario, fissare linee guida. Data l’importanza di questo tema per un certo numero delle banche sulle quali vigiliamo, abbiamo creato un gruppo di lavoro dedicato, che comprende staff della Bce e delle autorità nazionali. I principali risultati saranno pubblicati presto. Sappiamo bene che riassorbire gli Npl, specialmente quando il livello è alto, non può esser fatto rapidamente e che c'è un trade-off fra la rapidità del processo e il valore che può essere estratto. Il nostro obiettivo è di aiutare le banche a usare tutti i margini di manovra che hanno per risolvere il problema il più presto possibile.
C'è la percezione in Italia che ci sia un’attenzione eccessiva sugli Npl, e non abbastanza su altri temi, come i derivati, che coinvolgono altri sistemi bancari e hanno un maggior potenziale destabilizzante. Un recente rapporto del Fondo monetario, per esempio, sottolinea che Deutsche Bank «dà il più importante contributo netto ai rischi sistemici».
Non penso che quella percezione sia fon-