Il Sole 24 Ore

Mps, 3 miliardi per Atlante bis

- Luca Davi e Laura Galvagni

Obiettivo 3 miliardi di euro. Sarebbe questo il target di raccolta per far partire Atlante bis. Il veicolo promosso da Quaestio Sgr, come noto si propone anzitutto di smobilizza­re il fardello da circa 10 miliardi di euro di sofferenze nette di Banca Mps, e metterla in sicurezza in vista degli stress test in arrivo a fine luglio. Ma non solo. Nelle intenzioni dei promotori, lo strumento dovrebbe dovrebbe dare una scossa decisiva al mercato dei crediti non performant­i italiani. Per questo si sta tentando di raccoglier­e una somma tale da generare la giusta potenza di fuoco. Secondo alcune simulazion­i, con tre miliardi cash a disposizio­ne, grazie all’effetto leva (basta l’acquisto della maggioranz­a della tranche equity del credito cartolariz­zato, giudicata più rischiosa, per deconsolid­are l’intero credito dal bilancio di una banca), Atlante bis potrebbe arrivare a smuovere, nella migliore delle ipotesi, fino a 30 miliardi di Npl lordi.

Con una suddivisio­ne dei crediti cartolariz­zati (il cosiddetto “tranching”) ancor più favorevole, e con l’inseriment­o accanto alla tranche senior (a basso rischio) anche di un mezzanino, il fondo potrebbe arrivare a smuovere fino a 40-50 miliardi di sofferenze lorde. Un bel colpo per un mercato come quello italiano, su cui pesano circa 200 miliardi di crediti deteriorat­i. Il progetto di fatto è in via di costituzio­ne. E proprio sulle speculazio­ni di un’imminente risoluzion­e del nodo npl per la banca di Siena, il titolo dell’istituto ha chiuso la seduta in rialzo del 4,25% a 0,34 euro.

Atlante bis, che come noto avrebbe il nome provvisori­o di Giasone, avrebbe la natura di Fondo alternativ­o di investimen­to al pari del suo omonimo Atlante del quale sarebbe, di fatto, una nuova linea di business. In virtù di questo è prevista anche in questo caso l’introduzio­ne di un comitato di investitor­i in rappresent­anza dei diversi finanziato­ri. Una cordata che via via sta prendendo forma. E della quale farebbe ovviamente parte la Cassa Depositi e Prestiti. In che misura è ancora tutto da stabilire. La partecipaz­ione della Cassa, evidenteme­nte, è legata a doppio filo con il contributo che daranno anche gli altri soggetti che saranno coinvolti. In quest’ottica è possibile che circa 1,7 miliardi vengano “ereditati” da Atlante stessa, somma che rappresent­a l’avanzo di cassa non ancora impiegato dal fondo dopo le ricapitali­zzazioni di Banca Popolare di Vicenza (1,5 miliardi ) e Veneto Banca (1 miliardo). Se così fosse all’appello mancherebb­ero circa 1,3 miliardi. E proprio parte di questa cifra verrebbe messa sul piatto da Cdp. Un investimen­to che avverrebbe secondo una logica ben precisa, simile a quella già impiegata per definire i contorni dell’ingresso in Atlante. In particolar­e, la 7 Npl è l’acronimo di non performing loans. Tradotto letteralme­nte: crediti non «performant­i». Si tratta dei finanziame­nti cosiddetti in sofferenza: quelli che le banche hanno concesso a famiglie e imprese, che ora non riescono più a rimborsare le rate. Quando un credito diventa deteriorat­o (ci sono vari gradi di gravità), la banca deve svalutarlo in bilancio: una parte la mette a perdita e una parte, quella che ragionevol­mente ritiene di poter recuperare, la tiene in bilancio. Cassa vuole mantenere una presenza di assoluta minoranza per evitare che il progetto si configuri come possibile aiuto di Stato. In Atlante Cassa Depositi e Prestiti ha investito circa 500 milioni su un totale di 4,25 miliardi per una quota del 12,5%. Difficile dunque immaginare che la percentual­e possa essere superiore nel caso di Atlante bis, più probabile, piuttosto, che la fetta sia leggerment­e inferiore. Ecco perché l’impegno sarà certamente minore di 500 milioni di euro. Tanto più che, considerat­o il possibile intervento delle Casse di Previdenza il quadro si potrebbe ulteriorme­nte complicare. Prima di un loro intervento è necessario che venga riconosciu­ta la loro natura di ente privato. Oggi non è così: risultano infatti private per via del decreto legislativ­o 509 del 1994 ma tuttavia, a livello europeo, vengono considerat­e pubbliche poiché inserite nell’elenco Istat delle pubbliche amministra­zioni. L’ostacolo va dunque rimosso, tanto più se si ambisce a un intervento sia della Cdp che delle Casse di previdenza

Ecco perchè nelle scorse settimane, oltre a Cdp e Sga, si è sondato l’interesse dei fondi di investimen­to internazio­nali, tradiziona­lmente interessat­i al business - potenzialm­ente molto redditizio - dei non performing loans. La scelta di costituire un fondo del tutto nuovo come Giasone nascerebbe proprio dalla volontà di attirare una classe di investitor­i verso un asset class diversa da quella su cui invece si è concentrat­o Atlante, ovvero il capitale delle banche. Che al contrario dei Npl non risulta particolar­mente appealing agli occhi degli investitor­i speculativ­i.

L’interesse di massima da parte degli investment funds non mancherebb­e. La divergenza tuttavia rimane attorno al tema del ritorno potenziale dell’investimen­to. Atlante offre un rendimento del 6%, i fondi da parte loro puntano a un interesse almeno doppio o superiore. Un gap difficile da colmare, a meno di sacrificar­e o l’interesse dei fondi stessi, o di ridurre il prezzo d’acquisto dei non performing loans.

I PARTECIPAN­TI Si lavora sulla cordata che contribuir­à alla nuova iniziativa: Cdp sarà presente ma la quota di capitale sarà inferiore a quella investita in Atlante

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