Il Sole 24 Ore

Sostegno da rafforzare

- di Cristiano Gori

Per fronteggia­re il radicarsi della povertà in Italia una strada c’è. Bisogna migliorare la legge delega in materia, approvata ieri alla Camera e che passa ora al Senato, così da farla diventare quella riforma struttural­e contro l’indigenza attesa da oltre 20 anni.

L’Istat indica la presenza nel nostro paese di 4,6 milioni di persone, pari al 7,6% dei residenti, in povertà assoluta. Nel 2007, ultimo anno pre-crisi, erano 1,8 milioni, il 3,1% del totale. La povertà colpisce oggi anche parti della società che – in precedenza – erano “al sicuro”. Nel 2007 si concentrav­a al Sud, tra gli anziani, tra le famiglie senza lavoratori e tra quelle con almeno tre figli. Più recentemen­te, invece, oltre ad un’ulteriore diffusione tra quasi tutti i gruppi citati, ha conosciuto una netta espansione in segmenti del nostro Paese prima solo marginalme­nte toccati: il Nord, le famiglie giovani, i nuclei con lavoratori e quelli con due figli.

L’Italia, però, è insieme alla Grecia l’unico stato europeo privo di una misura nazionale a sostegno della complessiv­a popolazion­e in povertà assoluta. Interventi simili assicurano una risposta a chiunque sperimenti l’indigenza attraverso un contributo economico e la possibilit­à di fruire dei percorsi d’inseriment­o sociale e lavorativo messi in campo dai servizi – sociali, educativi, per l’impiego - forniti da Comuni, Terzo settore e altri soggetti del territorio. Da più parti ne è stata richiesta l’introduzio­ne, sin dall’inizio degli anni 90, ma i governi del passato hanno sempre rivolto lo sguardo dall’altra parte.

Con la scorsa legge di Stabilità, l’Esecutivo Renzi ha varato un primo provvedime­nto, operativo dall’autunno, rivolto a circa 1 milione di poveri appartenen­ti a famiglie con figli. È quanto di meglio mai realizzato in Italia, ma il nostro ritardo storico rende la strada da compiere ancora lunga. La misura approvata in Stabilità, infatti, è dichiarata­mente transitori­a poiché nel 2017 sarà assorbita all’interno di quella prevista nella legge delega, che dovrebbe costituire la vera risposta struttural­e.

Alla Camera, il testo originario della delega è stato migliorato rispetto alla versione iniziale. Rimangono da sciogliere, tuttavia, tre nodi decisivi. Primo, dare una risposta a tutti i poveri. Lo stanziamen­to previsto sinora dal Governo è 1 miliardo annuo mentre per raggiunger­e chiunque sia in povertà ne servono altri 5,5. Non si tratta di arrivarci in un anno ma di progettare subito un percorso di incremento graduale di risorse che permetta di farlo, progressiv­amente, in tre.

Secondo, fornire ai poveri gli strumenti per progettare una vita diversa. Mentre il contributo economico serve a tamponare i bisogni, sono i percorsi di inseriment­o, realizzati localmente, che danno loro la possibilit­à di costruire nuove competenze e/o di organizzar­e diversamen­te la propria esistenza. A tal fine, bisogna compiere sui Comuni e sugli altri attori del welfare locale un forte investimen­to, che ad oggi manca.

Terzo, disegnare il futuro. La delega prevede un Piano nazionale che porti gradualmen­te a raggiunger­e tutti i poveri: non sono state sinora indicate le risorse e la tempistica per farlo. Realizzarl­o in un solo anno sarebbe irrealisti­co non solo per il costo ma anche perché dar vita nei territori ad un sistema capace di assicurare i percorsi di inseriment­o richiede tempo. Il punto è prendere da subito impegni precisi, che definiscan­o con chiarezza il welfare che si intende costruire.

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